"Iron Man", di Jon Favreau
Tony Stark ha bisogno di un cuore nuovo, il cinema ne ha bisogno, l’umanità intera ne ha bisogno, per poter sopravvivere. Bisogno d'amore, di una forza che l’attraversi da parte a parte, di una mano che si spinga fin nel profondo dell’anima, per risvegliarla. Ma l’umanità non è pronta, come non lo è Jon Favreau
La voglia di diventare altro da sé, di superare i confini di un corpo vulnerabile, fatto di carne e sangue (sembrano ricordare questo, le vene in rilievo, sollecitate da uno strumento in mano ad Obadiah Stane, con il quale fa fuori Raza prima e immobilizza Tony poi). Il sogno di sentirsi inattaccabile, di poter guardare i nemici dall'alto in basso e tendere verso l’infinito. Il desiderio dell’uomo di fuggire dalle proprie limitazioni, di alzarsi da terra per abitare i luoghi infiniti dello spazio, che si trasforma nella consapevolezza di avere tra le mani il segreto per realizzarlo. Non poteri venuti da un altro pianeta per sconfiggere i malvagi quindi, ma una nuova identità, costruita pezzo dopo pezzo, voluta con determinazione, calibrata in base a precisi calcoli matematici e perfezionata con la sperimentazione, perché nulla possa scalfirne la superficie. Uomini nascosti nelle viscere della terra (gli afgani capeggiati da Raza al lavoro nelle caverne, Tony Stark nel suo laboratorio ricavato nel sottosuolo), si armano di tutto punto al riparo da occhi indiscreti, dai pericoli di un mondo prossimo all'autodistruzione. Sopra la vita scorre tranquilla, tra feste mondane, nottate brave al casinò e finta beneficenza. Sotto, l'operosa e silenziosa attività di individui pronti a riemergere dal buio, super-corpi, corazzati contro il mondo, per dare inizio ad una battaglia senza fine. Il cuore, resta rinchiuso in una teca fatta di vetro, da esibire sulla scrivania di casa, tra un trofeo e un libro di filosofia, ormai vecchio cimelio da spolverare di tanto in tanto. L'uomo spera così di dimenticare la sofferenza, di allontanarsi per sempre dai tormenti che lo consumano, ma senza cuore, senz’amore, non può far altro che morire lentamente, raggiunto alfine da quella scheggia mortale, ricoperto di ghiaccio. Tony Stark ha bisogno di un cuore nuovo, il cinema ne ha bisogno, l’umanità intera ne ha bisogno, per poter sopravvivere. Bisogno d'amore, di una forza che l’attraversi da parte a parte, di una mano che si spinga fin nel profondo dell’anima, per risvegliarla. Ma l’umanità non è pronta, come non lo è Jon Favreau. Non è pronto per girare la scena in cui Pepper Potts, la fedele assistente del magnate, gli regala una nuova vita, sostituendo il vecchio marchingegno con un nuovo e più potente meccanismo (che rimarrà sempre in vista, cuore pulsante e profondamente umano di Iron Man). Un trapianto di cuore in piena regola, senza la minima partecipazione emozionale da parte di un regista che rimane a guardare, per paura di sbagliare. Non è pronto per regalare all'attimo in cui Tony e Pepper sono lì, occhi negli occhi, un’indimenticabile respiro appassionato. Come non conoscesse la prossima mossa di Robert Downey Jr./Iron Man, lascia che la macchina da presa si limiti ad osservare, senza riuscire a scavare.
Ed è per questo che la terra scomparirà, sotto i colpi di una gigantesca e pirotecnica esplosione. Quella di un missile Jericho, da guardare con il naso per aria, l’ultimo spettacolo di un’umanità senza cuore, come quella di Jon Favreau.
Titolo originale: id.
Regia: Jon Favreau
Interpreti: Robert Downey Jr., Terrence Howard, Jeff Bridges, Shaun Toub, Gwyneth Paltrow
Durata: 126’