Isabella Ragonese (s)perduta nella provincia: In un posto bellissimo, di Giorgia Cecere

Un mosaico ambizioso, affascinante, talvolta un po’ forzato, ma il cinema di Giorgia Cecere rappresenta una strada da seguire nel cinema italiano di oggi

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Forse c’è un posto bellissimo da qualche parte. Un posto forse più mentale che fisico, una possibilità di fuga dalla vita che non si vorrebbe. C’è una strana, attraente, somiglianza tra il secondo lungometraggio diretto da Giorgia Cecere e uno dei più bei film di Mimmo Calopresti, Preferisco il rumore del mare. Anche se la regista salentina ha collaborato con Edoardo Winspeare (Sangue vivo e Il miracolo) portandone i segni di un cinema di terra nel suo lungometraggio d’esordio, Il primo incarico, qui sembra esserci proprio un pedinamento, un rapporto stretto tra la protagonista e l’ambiente e l’incontro con diversi personaggi simile a quel film. Nell’opera di Calopresti c’era l’incrocio tra Rosario, giovane orfano calabrese rimasto solo dopo che il padre era andato in carcere, che inizia a frequentare il coetaneo Matteo, figlio di un uomo benestante. Qui invece c’è Lucia, una donna a cui non sembra mancare niente. È sposata con Andrea (Alessio Boni), ha un figlio a cui è molto legata e gestisce un negozio di fiori insieme alla sua socia. Un giorno il suo destino si incrocia con quello di Feysal, un giovane venditore ambulante. Riconosce in lui il ladro che ha rubato al marito i pantaloni e l’orologio durante una giornata al fiume. Però, dopo lo scontro iniziale, c’è nella donna una scossa che rimette in discussione le sue certezze.

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isabella ragonese e paolo sassanelli in in un posto bellissimoNel film di Calopresti c’era Torino qui c’è Asti, spazio ribaltato rispetto alla Puglia degli anni ’50 di Il primo incarico. Non c’è il mare nel finale, però sembra di vederlo, forse di sognarlo. Lo sguardo di Giorgia Cecere sta spesso attaccata al volto e al corpo di Isabella Ragonese (alla seconda collaborazione insieme), ne cattura ansie, silenzi, scatti, incertezze. Spesso è ripresa con inquadrature strette o sommersa nel grigio della provincia. È tutto un cinema in sottrazione, che (si) nega le scene madri e invece costruisce le varie sfaccettature della protagonista attraverso diversi personaggi che incontra: Feysal prima di tutto ma anche la madre della sua inseparabile amica di un tempo scomparsa tragicamente, l’insegnante di scuola guida (Paolo Sassanelli) e la ragazza che segue le lezioni con lei. Tutte sfaccettature di un mosaico ambizioso, affascinante, dove talvolta qualche incastro appare un po’ forzato (la scena in cui l’insegnante di scuola guida si presenta a casa della protagonista, lo scontro con la madre al bar). Ma In un posto bellissimo è l’esempio di una strada da percorrere nel cinema italiano, che sa parlare della quotidianità e nel mondo che c’è lì fuori. Isabella Ragonese si affida a un registro diverso rispetto al passato e riesce a mettere efficacemente le incertezze, lo spiazzamento del suo personaggio nel mondo, il suo tentativo e la sua incapacità di comunicare con gli altri. Può essere spiazzata nelle luci di una discoteca, oppure prendersi il suo spazio come nella scena in cui si lascia andare pur cantando in modo stonato al karaoke. Il cinema della Cecere conferma di avere uno sguardo capace di entrare in intimità con i suoi protagonisti. Sulla linea già di Calopresti e in parte anche di Tavarelli. Dove la suspense è nella vita di tutti i giorni, nelle piccole/grandi tensioni con le persone a cui siamo più legati.

 

Regia: Giorgia Cecere
Interpreti: Isabella Ragonese, Alessio Boni, Paolo Sassanelli, Michele Griffo, Faysal Abbaoui

Distribuzione: Teodora Film

Durata: 100′

Origine: Italia 2015

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