Isabelle Huppert, un’idea di cinema
La carriera dell’attrice francese, icona del cinema d’autore. Dalle collaborazioni con Chabrol e Haneke, fino al recenteUna viaggiatrice a Seul

Attrice feticcio del cinema d’autore europeo, ma anche volto adatto alla commedia francese, musa di Chabrol e Haneke, ma anche corpo disponibile a sperimentare – Ma mère di Christophe Honoré, Loulou di Pialat, Elle di Verhoeven – Isabelle Huppert è prima di tutto un’idea di cinema. Una che non ha mai cercato il consenso, né la dimensione rassicurante della star, rimanendo sempre lontana dalle logiche commerciali. C’è qualcosa di familiare e allo stesso tempo disorientante nel vedere Isabelle Huppert camminare per le strade di Seul. L’ultimo film in cui la vediamo protagonista è proprio Una viaggiatrice a Seul ma non è il suo primo incontro con Hong Sang-soo: già in In Another Country aveva lavorato con in regista sudcoreano, ma in questo nuovo incontro sembra spingersi ancora più in là nel suo gioco di leggerezza e assenza. Huppert interpreta una donna francese che si trasferisce in Corea per insegnare, ma la trama è quasi un pretesto. Il film è fatto di incontri, di dialoghi appena accennati, di piccoli gesti quotidiani che si ripetono.
Ma chi è davvero Isabelle Huppert? La sua filmografia sembra non aver mai avuto punti di arresto, ma dietro l’attrice c’è un percorso che affonda le radici in un’idea precisa di cinema. Nata a Parigi nel 1953, cresce in una famiglia che incoraggia il suo talento, frequentando il Conservatoire d’Art Dramatique, la scuola che ha formato generazioni di attori francesi. È lì che affina quel metodo che diventerà il suo marchio: sottrazione, essenzialità, una notevole capacità di controllo sulla scena. Il suo debutto nel cinema avviene negli anni Settanta, quando il fermento del post Nouvelle Vague la porta a lavorare con i nuovi autori francesi. Ma è con Claude Chabrol che trova una sintonia perfetta: da Violette Nozière, che le vale la prima Palma d’Oro come miglior attrice, fino a Il buio nella mente e Grazie per la cioccolata, diventa il volto di un cinema che scava nel lato oscuro della borghesia. L’incontro con Michael Haneke – La pianista, Amour, Happy End – spinge ancora più in là il suo lavoro sulla sfera emotiva, mentre Paul Verhoeven la trasforma in ambiguità morale in Elle, portandola fino a una nomination all’Oscar. Con Olivier Assayas è stata Nathalie Barnery nel dramma Les destinées sentimentales, mentre ha esplorato i conflitti familiari in Proprietà privata di Joachim Lafosse.
“Non ho mai cercato di diventare una star. Ho sempre visto la recitazione come una questione di scoperta e di evoluzione, piuttosto che di fama. Ho sempre lavorato con registi che ammiravo profondamente, cercando di interpretare ruoli che mi sfidassero” ha dichiarato l’attrice francese in un’intervista al The Guardian, “ogni film è un nuovo inizio per me, una nuova avventura, e non mi preoccupo di come verrà percepito il mio lavoro. L’importante è che il progetto mi stimoli, che io possa essere parte di qualcosa di unico.
Huppert ha avuto una carriera internazionale che ha spaziato oltre i confini del cinema francese, includendo anche diverse incursioni nel cinema americano. Nonostante non sia mai stata un’attrice hollywoodiana di punta, la sua presenza in alcune pellicole statunitensi ha rivelato un lato diverso del suo talento, capace di adattarsi a contesti molto diversi da quelli a cui era abituata. Il suo incontro con il cinema americano si concretizza alla fine degli anni ’80, con ruoli in film come La finestra della camera da letto di Curtis Hanson, un thriller psicologico. Ma è stato con I cancelli del cielo di Michael Cimino che si è trovata a fare i conti con uno dei progetti più discussi della storia del cinema americano. Il film di Cimino ha segnato un’epoca, non solo per la sua imponente produzione, ma anche per la sua controversa accoglienza. Con una durata epica e un tono tra il dramma storico e il western, il film divenne simbolo del crollo della New Hollywood. Negli ultimi anni è da annoverare la collaborazione con Wes Anderson
Con il cinema italiano l’attrice francese ha avuto un rapporto meno frequente di quello che si potrebbe pensare, ma per questo non meno significativo. È stata la protagonista de La storia vera della signora delle camelie di Mauro Bolognini, accanto a Gian Maria Volonté in cui ha interpretato Alphonsine Plessis, figura reale che ha ispirato La signora delle camelie di Dumas. Negli anni ’80 ha collaborato con Marco Ferreri in Storia di Piera, dove ha condiviso la scena con Marcello Mastroianni. Altre sue apparizioni in film italiani con i Fratelli Taviani in Le affinità elettive e soprattutto in Bella addormentata di Marco Bellocchio, nel ruolo di una madre tormentata dalle condizioni della figlia in coma.
Negli ultimi anni, Isabelle Huppert ha continuato a dimostrare la sua versatilità scegliendo progetti che spaziano dal dramma al cinema più sperimentale ma anche alla commedia francese. In La verita secondo Maureen K. di Jean-Paul Salomé ha interpretato una donna determinata coinvolta in uno scandalo politico-industriale; in A proposito di Joan di Laurent Larivière, invece, ha vestito i panni di una donna che ripercorre il suo passato con nostalgia e malinconia. Ha sperimentato anche il cinema più leggero con La signora Harris va a Parigi, portando il suo stile in una storia fiabesca. Continua, così, a collaborare con autori affermati ed emergenti, consolidando il suo ruolo di attrice poliedrica nel panorama internazionale.
Il percorso dell’attrice francese è la testimonianza di un’idea di recitazione che sfida ogni definizione rigida. Mai ingabbiata in un solo ruolo, ha attraversato il cinema con libertà. Isabelle Huppert rimane una delle ultime grandi dive del cinema d’autore, un’icona e soprattutto un’idea di cinema.