"Itaker- Vietato agli italiani" – Incontro con il regista e il cast

Itaker - Vietato agli italiani

Grande entusiasmo e qualche polemica nei confronti dello stato attuale della distribuzione cinematografica colorano la conferenza stampa di Itaker – Vietato agli italiani alla Casa del Cinema. Il film uscirà in sala il prossimo 29 novembre. Il 3 dicembre ci sarà una serata speciale di presentazione a Palermo.

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Itaker - Vietato agli italianiGrande entusiasmo e qualche polemica nei confronti dello stato attuale della distribuzione cinematografica colorano la conferenza stampa di Itaker – Vietato agli italiani alla Casa del Cinema. Moltissimi i membri di cast artistico e tecnico presenti, tra i quali il regista Toni Trupia, i protagonisti Francesco Scianna e Tiziano Talarico, Nicola Nocella, che nel film è Goffredo, Michele Placido, interprete e sceneggiatore, la produttrice Federica Vincenti (Goldenart Production), Laura Zumiani di Trentino Film Commission e Roberto Cicutto (Istituto Luce – Cinecittà). Il film uscirà in sala il prossimo 29 novembre, con particolare attenzione per la Sicilia, dove il 3 dicembre ci sarà una serata speciale di presentazione a Palermo.

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Cominciamo con il più piccolo. Come è stato lavorare con Francesco Scianna e quali emozioni ti ha lasciato il film?

Talarico: Lavorare con Francesco è stato bello, ma non mi trattava molto bene (il piccolo Tiziano ride, n.d.r.). Mi sono divertito, è stata un'esperienza fantastica e tutti sul set sono stati simpatici.


Lei che è un regista giovane ha realizzato un film che ripesca dalla memoria e dalla Storia. Come le è venuta l'idea per un film così?

Trupia: Tutto è nato da una suggestione che mi ha dato Michele, che aveva incontrato un signore che era emigrato in Germania e gli ha raccontato la sua storia. Però questo suo suggerimento mi ha messo in crisi. Non era nei miei progetti un film sull'emigrazione. La motivazione è poi arrivata con un pezzo di storia personale poiché ho dei parenti che sono emigrati in Belgio. Mi ricordo che a 9 anni andai a trovarli, ho dei ricordi molto vividi. Vivevano nel benessere, ma ricordo anche tanto isolamento. Questo mi ha aiutato a focalizzare la suggestione, ma ho capito veramente dove andare a parare quando con Leonardo Marini, che ha scritto la sceneggiatura con noi, abbiamo legato al tema dell'emigrazione quello della paternità. È stato molto naturale sentir mia la materia a quel punto. Poi durante la scrittura sono andato a fondo sull'argomento. Penso anche che sia giusto parlare di questo pezzo di Storia che è come se fosse stato rimosso. Si è parlato tanto della prima emigrazione, è stata mitizzata in film come Il Padrino – Parte II o di recente con Nuovomondo, ma della seconda non si parla. Forse perché è avvenuta nel momento del boom, che era un momento felice per noi. A quel punto non si emigrava per necessità, ma per adeguarsi allo status.

Nel film c'è questo paesaggio industriale con le ciminiere, tutto sul grigio. Avete usato effetti speciali in questo caso?

Vincenti: Produttivamente c'è stato uno sforzo per dare armonia all'immagine. Non abbiamo badato a spese. Dobbiamo ricordare anche l'importante apporto di Istituto Luce e Trentino Film Commission.


Ma quali sono stati i costi?

Itaker - Vietato agli italianiVincenti: A me non piace parlare di queste cose, però se proprio lo vuole sapere, il budget è stato di 2.3 milioni, divisi 70/30 tra Italia e Romania.

Placido: Sì, però, a parte gli effetti speciali, c'erano due ciminiere vere.

Vincenti: Sì, vero. Tutto il resto della fabbrica è stato ricostruito in due mesi secondo la scenografia di Nino Formica.

Placido: Quando i produttori rumeni l'hanno visto, sono stati entusiasti. C'è stata grande partecipazione emotiva da parte loro. Anche loro si sono ritrovati nel tema.

Trupia: C'è anche da dire che la fabbrica è stata realizzata così per rendere giustizia allo sguardo del bambino trasfigurato. Volevo che si vedesse tutto attraverso i suoi occhi.

La scelta di vedere attraverso il bambino è stato un modo per rendere più vicina la vicenda per Lei, che all'epoca non era nato?

Trupia: In parte. Avevo bisogno di arrivare al racconto di un'epoca. Prima della lavorazione ho fatto un vero e proprio training visivo e letterario. In particolare, mi è stato d'aiuto un libro che si chiama Radio Colonia e che riporta proprio la sintassi di come parlavano gli emigrati. È stata un'ispirazione incredibile. Come pure Pane e cioccolata. Il personaggio di Francesco qui è un po' come Manfredi nel film. Mi serviva capire un mondo con la stessa innocenza con la quale Pietro lo scopre.

Scianna, come si è calato nel personaggio?

Scianna: Quando Michele mi ha chiamato, così come per Vallanzasca, ho accettato subito. Ho trovato arte, cuore, passione e una storia molto bella. Poi volevo chiarire che in realtà è stato Toni a dirmi di trattare male Tiziano perché volevamo creare un contesto nelle relazioni per Pietro. Poi il mio è un personaggio meraviglioso, che passa attraverso un gran conflitto. Sono anche stato a Napoli per imparare il napoletano e ho scoperto un mondo, attori che mi hanno seguito. Poi alla fine di ogni scena chiedevo alla nostra segretaria di edizione, Ilaria, che è napoletana, se andavo bene. Con lei ho letto tanto Eduardo. È stata davvero un'esperienza importante. Con l'impegno si va avanti e per me, con questo film, comincio come attore. Spero di crescere sempre di più.

Trupia: Con questo film ho davvero lavorato con gli attori e scoperto la figura dell'attore come essere complesso. Gli attori sono stati co-autori. Abbiamo passato l'estate intera con loro a sviscerare la sceneggiatura emotivamente e ognuno ha portato un bagaglio diverso.

Nocella: Era un gruppo eterogeneo spurio di attori. Toni ha deciso che Goffredo dovesse essere toscano, rispecchiando le anime dei tre sceneggiatori. Mi ha messo in condizione di sperimentare. Ha messo testa, cuore e voglia nelle prove. C'è stato anche un grande lavoro sulla mia figura con un costume immenso. Io non sono così grosso, m'hanno fatto ingrassare di 15 chili. Sono davvero contento di questa esperienza e, secondo me, quando qualcuno produce un film così, ci vuole coraggio. Pensare un film così è davvero complesso.

Per quanto riguarda la distribuzione che ci potete dire? Speriamo davvero che un film così bello e di qualità venga distribuito bene.

Cicutto: Qua è necessaria una riflessione. Quante copie? Ma è davvero importante? Non è detto, anche perché a volte con tante copie, la media per sala si abbassa. C'è da dire che oggi non è più possibile difendere il cinema di qualità a livello distributivo. Le sale chiedono un minimo garantito. Non si fa più differenza tra film grandi e piccoli nel modo in cui sono pubblicizzati. E poi noi siamo costretti per legge a un calmiere basso. Spesso dobbiamo ridurre i film da distribuire.

Itaker - Vietato agli italianiSi percepisce nel film qualità e originalità. Come siete riusciti a veicolare il film senza il “trampolino di lancio” di un festival?

Vincenti: Il film era pronto a settembre, ma non è un film da festival.

Placido: Diciamo le cose come stanno: tutti l'hanno rifiutato perché hanno detto che è troppo classico. Anche il mio amico Müller, e sia ben chiaro che non voglio fare polemiche. Secondo me, alcuni non l'hanno manco visto. Pure Amelio l'ha rifiutato perché non gli piaceva il bambino, dice. È un tipo di lavoro che, festival o no, va premiato in ogni caso.

Vincenti: Il festival non è importante. Se un film è bello, è bello.

Trupia: Lasciando stare le polemiche, a me comunque avrebbe fatto piacere stare accanto a registi che stimo come Giovannesi e Amato.

Placido: Sì, però non è una polemica con Müller, siamo amici. Vi anticipo però che forse si troverà uno spazio per il film al prossimo Festival di Berlino, visto che ricorrono i 60 anni dell'emigrazione italiana in Germania. Siamo in trattative al momento.

In che modo ha contribuito la Film Commission?

Zumiani: Si può dire che siamo nati con questo progetto, visto che la Film Commission è nata nel maggio 2011 e da allora abbiamo contribuito a 26 opere. Per noi questo film è stato un banco di prova. Il Trentino ha una tradizione di emigrazione verso la Germania. Siamo entrati nel progetto anche con un contributo attraverso le storie del territorio poiché quello è l'obiettivo della Film Commission. Siamo molto soddisfatti del risultato.


In questa storia scopriamo una paternità delegata e un figlio che sceglie il proprio padre. Anche nel finale…

Trupia: Queste sono state le chiavi per entrare. Il mio percorso narrativo sul rapporto tra i due personaggi, la scoperta di entrambi. L'emigrazione ha a che fare con questa scoperta. L'identità che cercano ha poco a che fare con i legami di sangue, quanto piuttosto con le esperienze che condividono. Il finale è nato in corsa. Quello che avevamo non funzionava. Abbiamo girato senza sapere come sarebbe andata a finire. Questa chiusura dà l'idea che Pietro s'inoltri verso un futuro incerto, forse quello dell'Italia dei nostri anni. È un finale aperto.

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