Italo Calvino nelle città, di Davide Ferrario e Marco Belpoliti
Contraddistinto da una struttura a incastro in bilico tra cinema, teatro, podcast e audiolibro, il docu-film è un ambizioso tentativo di suggerire l’inafferrabilità dell’autore.
C’è un particolare momento di Italo Calvino nelle città in cui, all’interno del collage elaborato da Davide Ferrario e Marco Belpoliti, si inserisce una sequenza della serie televisiva Marcovaldo con Nanni Loy. Nel breve frangente riproposto, l’ingenuo protagonista – ritratto nel suo quotidiano lavoro di magazziniere – si ritrova a maneggiare una lunga serie di scatoloni segnati con la scritta “Fragile”. Che come un onda iniziano ad investirlo trasportati meccanicamente da un nastro industriale.
Quasi per caso, tra le pieghe del densissimo omaggio allo scrittore e intellettuale italiano, i due registi sembrano così riconoscersi e inconsciamente autoritrarsi come una sorta di alter ego dell’operaio partorito dalla mente dell’autore nei primi anni ’60. Trovandosi di fatto anch’essi, pur nelle vesti di cineasti, ad affrontare e tentare di raccontare l’opera magna di una delle menti più brillanti dell’intelligentia nostrana del XXI secolo.
Contraddistinto da una struttura a incastro che procede ad alternare la forma cinematografica alla rappresentazione scenica tipica del teatro – sondando perfino un linguaggio in bilico tra podcast e audiolibro – Italo Calvino nelle città è dunque l’ambizioso (seppur mai presuntuoso) tentativo di suggerire l’inafferrabilità dell’intellettuale sanremese. Raccontato in un viaggio attraverso le sue sette o settantasette meraviglie e attraverso le risposte che ha dato – e continua a dare – alle nostre domande.
Quello a cui io tengo, l’unica cosa che vorrei insegnare, è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo.
Regia: Davide Ferrario e Marco Belpoliti
Interpreti: Valerio Mastandrea, Alessio Vassallo, Filippo Scotti, Violante Placido
Distribuzione: RS Productions in collaborazione con Mirari Vos
Durata: 80′
Origine: Italia, 2024