“Jack Reacher – La prova decisiva”, di Christopher McQuarrie


L’intento è chiaramente quello di modellare un eroe a metà tra lo spaccone infallibile dell’action e il fatalista cavaliere errante metropolitano del noir. Questo nuovo personaggio di Cruise finisce però per rivelarsi una sorta di versione in teoria più minacciosa dell’amato Ethan Hunt, mescolata con il cocciuto avvocato dell’iconico Codice d’onore

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La prova decisiva per McQuarrie è quella di essersi messo in maniera definitiva e totale al servizio di Cruise (già sceneggiatore del moscissimo Operazione Valchiria, l’autore è accreditato per lo script di Top Gun 2 e la regia di Mission: Impossible 5): non a caso il primo credit del film è un cubico “Tom Cruise presenta”. Poco male, è chiaro, anche se al sempre acutissimo interprete manca stavolta un po’ della lucidità estrema mostrata nei ruoli degli ultimi anni: questo Jack Reacher anzi è una sorta di versione in teoria più minacciosa dell’amato Ethan Hunt, in qualche modo mescolata con il cocciuto avvocato tra i soldati interpretato per Rob Reiner nell’iconico Codice d’Onore.

L’intento è chiaramente quello di modellare un eroe a metà tra lo spaccone infallibile dell’action e il fatalista cavaliere errante metropolitano del noir, battuta sibilante sempre pronta tra i denti, intuito quasi sovraumano, prontezza letale con i pugni e le armi.
Il risultato purtroppo è ben lontano, giusto per restare ad un’operazione per molti versi simile e coeva, dal Jimmy Bobo disegnato da Sly e Walter Hill, anche perché dal punto di vista dei riferimenti McQuarrie sembra molto più banalmente indirizzato dalle parti di un William Friedkin (alla fotografia lo stesso Caleb Deschanel di Killer Joe) – al di là del bell’inseguimento automobilistico, anche per l’utilizzo contrappuntistico dei tempi sospesi e “vuoti”, sequenze allungate a dismisura con l’idea di prolungare la tensione (va da sé, in questi momenti l’immenso Cruise reggerebbe i primi piani e lo sguardo della mdp verosimilmente per tutto l’infinito). Con tutta una serie di altre reminescenze subito scoperte, tra il Bogdanovich di Targets della sequenza iniziale, al finale puramente polanskiano in vallata con speculazione edilizia dei cattivoni in pieno svolgimento. Santa pazienza.

E’ chiaramente in quest’ottica che va inquadrata la partecipazione al progetto di Werner Herzog, nel ruolo di un Mabuse che trama nell’ombra e che sembra parodizzare il proprio stesso cinema e la propria poetica (a conferma ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, del sarcasmo spesso gioiosamente disturbante con cui il Maestro tedesco ama confondere le acque e avviluppare le proprie “fatiche”), nel momento in cui racconta di un personaggio, “il Prigioniero”, che ha vissuto in condizioni al limite della sopportazione umana ed è ricorso a soluzioni estreme pur di restare aggrappato alla vita…a questo punto apparirà chiaro che Robert Duvall è in questo film per rinverdire il ruolo di vecchia gloria/mentore di Cruise già interpretato in Giorni di tuono (che tra l’altro era uno script di Robert Chinatown Towne, per tornare a Polanski…).
Sì, è tutto ben poco interessante. Rosamund Pike è infatti un bel po’ confusa, come anche il bravo David Oyelowo e un rassegnato Richard Jenkins: non verrete sul serio a dirci che era molto meglio se ci leggevamo il romanzo, vero?

Titolo originale: Jack Reacher
Regia: Christopher McQuarrie
Interpreti: Tom Cruise, Rosamund Pike, Robert Duvall, David Oyelowo, Richard Jenkins, Jai Courtney, Werner Herzog, James Martin Kelly, Kristen Dalton, Michael Raymond-James
Origine: Usa, 2012
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 130'

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