Jafar Panahi: 6 anni di carcere, 20 anni di silenzio

Jafar Panahi
Sei anni di carcere e 20 anni di divieto assoluto di scrivere e girare film, rilasciare interviste ai media iraniani e stranieri, lasciare il paese. Questa la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Teheran il 20 dicembre nei confronti di Jafar Panahi

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Jafar Panahi

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Sei anni di carcere e 20 anni di divieto assoluto di scrivere e girare film, rilasciare interviste ai media iraniani e stranieri, lasciare il paese.
Questa la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Teheran il 20 dicembre nei confronti di Jafar Panahi. Il regista, che ha già subito l'arresto e il carcere, continua ad essere perseguitato per la sua opposizione al regime dittatoriale di Ahmadinejad e viene colpito proprio nel cuore della sua libertà di espressione artistica.

Sei anni è la condanna anche per Mohammad Rasoulof, altro regista iraniano che era stato arrestato con Panahi e il direttore della fotografia Ebrahim Ghafori. La legale di Panahi Farideh Gheirat ha annunciato che ricorrerà in appello.

 

La mobilitazione internazionale continuerà – tra i primi a esprimere la loro indignazione Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes e Bernard-Henri Lévy, secondo il quale "Teheran ha dichiarato guerra ai suoi artisti e alla società civile nel suo complesso".

 

 

Così Panahi in un'intervista rilasciata a settembre: "quando a un regista viene impedito di fare dei film, è come se fosse in prigione. Anche quando viene rilasciato dal carcere, si ritrova a vagare in una prigione più grande”.
 

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    Questa la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Teheran il 20 dicembre nei confronti di Jafar Panahi. Il regista, che ha già subito l'arresto e il carcere, continua ad essere perseguitato per la sua opposizione al regime dittatoriale di Ahmadinejad e viene colpito proprio nel cuore della sua libertà di espressione artistica.

    Sei anni è la condanna anche per Mohammad Rasoulof, altro regista iraniano che era stato arrestato con Panahi e il direttore della fotografia Ebrahim Ghafori. La legale di Panahi Farideh Gheirat ha annunciato che ricorrerà in appello.

     

    La mobilitazione internazionale continuerà – tra i primi a esprimere la loro indignazione Thierry Frémaux, direttore del Festival di Cannes e Bernard-Henri Lévy, secondo il quale "Teheran ha dichiarato guerra ai suoi artisti e alla società civile nel suo complesso".

     

     

    Così Panahi in un'intervista rilasciata a settembre: "quando a un regista viene impedito di fare dei film, è come se fosse in prigione. Anche quando viene rilasciato dal carcere, si ritrova a vagare in una prigione più grande”.
     

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