JANET LEIGH, L'urlo più famoso, il sorriso più incantevole
Addio a Janet Leigh, l'attrice delle commedie e dei musical, di «Scaramouche» e di «Piccole donne». Diretta da Orson Welles, Anthony Mann, Jerry Lewis, passa alla storia del cinema per un'inquadratura. Quella del grido di «Psycho», diretto da Alfred Hitchcock
di MARIUCCIA CIOTTA
Degli anni Cinquanta sono le commedie: Più morto che vivo di Norman Taurog, Mia sorella Evelina di Richard Quine (entrambi del `55) e il musical Ciao, ciao Birdie ('63) di George Sidney che la dirige anche nel magnifico Scaramouche ('52) accanto a uno scatenato James Stewart. Ecco la vera Janet, fata radiosa, sogno di bellezza, apparizione.
Una svolta nella sua carriera è dovuta all'incontro con Orson Welles che la chiama al ruolo di Susan Vargas nel thriller notturno L'infernale Quinlan ('58) e poi a quello con Alfred Hitchcock che la vuole per Psycho. Il regista inglese vede in lei il suo ideale di donna, la fredda, fragile bionda che nasconde abissi di perdizione.
Il ruolo di Marion Crane le regalò così una trappola d'oro, e lo stesso successe ad Anthony Perkins, invischiato nell'icona maledetta del folle motel. Janet restò, dice la leggenda, sette giorni sotto la doccia eternamente urlante, ma si guadagnò la nomination all'Oscar. Non per questo i suoi film successivi sono senza valore, anzi. Nel 1966, è insieme a Jerry Lewis sul set dell'insuperabile Tre sul divano. La troviamo poi diretta magistralmente da John Carpenter in Fog, e in piccole parti di molte pellicole cult. John Frankenheimer la dirige in Va e uccidi , ma l'attrice dedica sempre più tempo alla televisione (This is Maggie Mulligan e Tales of the Unexpected, On the Road). Si risposa per la quarta e ultima volta con Robert Brandt e appare in un cameo (accanto alla figlia Jamie Lee) nel sequel Halloween 20 anni dopo. L'ultimo film s'intitola A fate totally worse than death diretto nel 2000 da John T. Kretchmer. Nel 1984 pubblica l'autobiografia C'è stata davvero Hollywood.
Adesso che se n'è andata, tutta la sua carriera sembra dissolta in un'unica inquadratura d'orrore. Ma c'è un personaggio che pochi ricordano nella filmografia dell'attrice, e che ribalta l'immagine del grido disperato di Marion Crane. È Meg di Piccole donne, regia di Mervin LeRoy (1949). Il film è la seconda trasposizione del romanzo di Louisa May Alcott dopo quello di George Cukor, e ha un cast stellare: June Allyson, Peter Lawford, Margaret O'Brien, Liz Taylor, Rossano Brazzi, Mary Astor. Tra tutti, Janet Leigh è l'elemento catalizzatore della famiglia March, la sorella apparentemente meno inquieta, romantica, sensibile. In lei, nel viso bellissimo di Janet, passano desideri, sogni e delusioni di una generazione. La sua elegante timidezza parla senza gridare di un'educazione a diventare donna che diventerà violazione dei codici. Il sorriso di Meg cancella l'urlo di Marion.
da il manifesto del 5 ottobre 2005