Jimmy’s Hall, di Ken Loach

Loach è davvero affascinato dalle implicazioni umane e politiche della storia e dal luogo con tutto il suo carico di simboli e suggestioni. Ma rimane lontano dalla vitalità delle ultime prove. Il film è intrappolato in una retorica progressista che alla lunga ne fiacca il fascino antagonista, già messo a dura prova dalla correttezza della messinscena e della ricostruzione in costume

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jimmy's hallC’è una scena che racconta bene cosa sarebbe potuto essere Jimmy’s Hall. È il momento in cui i poliziotti vanno a prendere a casa Jimmy Gralton per eseguire l’ordine di espatrio. Senza scomporsi troppo, la madre offre un tè agli agenti, che incominciano a ricordare i vecchi tempi, quando la signora Gralton andava in giro a vendere libri con la sua libreria ambulante. Improvvisamente scatta l’allarme. Jimmy sta fuggendo ed ecco che la signora, sempre senza scomporsi, chiude a chiave la porta per impedire ai poliziotti di uscire, costringendoli a una precipitosa e goffa sortita dalla finestra.

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Ecco l’irriducibile e sovversiva ironia popolare, l’irriverenza antagonista, lo sberleffo contro i tutori dell’ordine costituito, i moralizzatori, i padroni. È sempre stata questa la vena più fertile del cinema di Ken Loach, a dispetto poi dei premi e degli onori, degli stessi motivi per cui i suoi film sono presi a modello o bistrattati. Ed è una vena che svela come il cuore profondo del vecchio Ken sia anarchico, prima ancora che comunista. Ma lui è il primo a non volersene rendere conto, a trincerarsi dietro una rigida ortodossia (marxista?). Sembra ripetersi: “anarchico sì, ma solo alla fine”. Prima bisogna costruire un nuovo sistema, convincere, educare. Ci vuole pur sempre la struttura. Cambiata di segno, certo, ma ci vuole. E qui cominciano a venir fuori i problemi di un regista che ha quasi sempre anteposto l’importanza dell’argomento alla libertà dell’ispirazione. È la solita storia. E viene da chiedersi, allora, quanto, nel bene e nel male, pesi la presenza e la visione del fedele sceneggiatore Paul Laverty, se magari non sia una questione di equilibri interni.

 

Fatto sta che si ritorna in Irlanda, nei luoghi de Il vento che accarezza l’erba. Jimmy’s Hall ricostruisce, liberamente, la vicenda del comunista irlandese Jimmy Gralton, che tra gli anni ’20 e ’30 mise in subbuglio la contea di Leitrim, con la semplice idea di una sala da ballo, un luogo di svago per la comunità, ma anche un’opportunità di emancipazione ed arricchimento. Con i vari corsi organizzati volontariamente e aperti a tutti, dalla letteratura irlandese al disegno fino ad arrivare alla boxe, la Pearse-Connolly Hall costituiva una pericolosa alternativa alla rigida educazione tradizionale affidata alla chiesa cattolica. E per di più, per le idee progressiste dei suoi animatori, era malvista dai nazionalisti di destra. Da qui i problemi di Gralton, costretto ad espatriare a più riprese, soprattutto per l’opposizione cieca del parroco, padre Sheridan. Tracce di un Don Camillo e Peppone in chiave anarchica. Il centro sociale occupato… Loach è davvero affascinato dalle implicazioni umane e politiche della storia, dal luogo con tutti il suo carico di simboli e suggestioni. C'entra la sua passione per il jazz, la politica, la libertà, la resistenza e poi i tempi andati… Ma Jimmy’s Hall rimane lontano dalla vitalità delle ultime prove, Il mio amico Eric e La parte degli angeli. Intrappolato in una retorica progressista che alla lunga ne fiacca il fascino antagonista, già messo a dura prova dalla correttezza della messinscena e della ricostruzione in costume. Peccato. Se solo il buon Ken si decidesse a lasciarsi andare, una volta per tutte…

Titolo originale: id.
Regia. Ken Loach
Interpreti: Barry Ward, Andrew Scott, Simone Kirby, Jim Norton, Brian F. O'Byrne, Aisling Franciosi
Origine: UK, 2014
Distribuzione: BIM
Durata: 106'

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