John Wick 3 – Parabellum, di Chad Stahelski

Stahelski orchestra una sarabanda di input visivi sorprendenti, puro cinema delle attrazioni amalgamato in maniera più frammentaria rispetto ai precedenti capitoli… è tornato John Wick

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Action… si ricomincia. John Wick corre via dal Continental a distanza di un solo stacco di montagio dal finale del secondo capitolo – in questa straordinaria istant saga che comprime il tempo della storia in pochissimi giorni –, braccato dall’intera Gran Tavola della malavita mondiale dopo l’assassinio del boss Santino D’Antonio/Riccardo Scamarcio. La prima tappa è la New York Public Library per trovare tracce di memoria privata (una fotografia dell’amata moglie defunta) e pubblica (il pesante tomo di Favole Russe che, neanche a dirlo, servirà più che altro come arma improvvisata per sconfiggere un sicario che lo attende). Il tempo scorre in un inesorabile ticchettio. Le ore 18 stanno per arrivare, l’ora della “scomunica”, quando una taglia di 14 milioni penderà sulla sua testa e John avrà semplicemente “tutti contro”. Ma tra i coloratissimi urban screen che lo confondono nella metropoli balena ancora una volta il corpo di Buster Keaton, la strada da seguire, spezzando il flusso di immagini clonate con le potenze della sua icona in bianco e nero. E se nel capitolo secondo erano le peripezie di Sherlock Jr (1924) ad essere proiettate su un palazzo, qui è l’inserto della scena del treno in The Goat – capolavoro keatoniano del 1921 interamente incentrato sullo “scambio di persona” – a introdurre John in questo terzo capitolo dove non ci saranno più confini (identitari). Perchè ora Wick è braccato da tutti i villain del mondo, proprio come Buster in quel film. La referenza della saga di Chad Stahelski ai segni immaginari di Keaton – probabilmente il leader nascosto della Gran Tavola dell’action movie di tutti i tempi – è sempre più evidente. Il corpo ketoriano di Wick/Reeves passa quindi da New York a Casablanca (straordinarie le scene d’azione con la vecchia amica Halle Berry), dal Marocco alla Russia e ritorno, smarcandosi da un universo virtuale convergente dove le informazioni vitali lo precedono sempre navigando più veloce di qualsiasi suo pensiero.

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Il vecchio boogeyman John Wick, allora, non può che opporre una dimensione tutta cinematografica: dalla pistola Smith and Wesson da ricostruire come in un western di Sergio Leone, al cavallo scatenato contro le moto come nelle riscritture spielberghiane di Indiana Jones. Il regista Chad Stahelski riporta quindi il genere ad una fisicità sempre più rara nella Hollywood odierna, alludendo a un paradossale cinema della memoria dove lo stunt man John sopravvive solo per “poter ricordare” sua moglie e “vendicare” il suo cane. Non gli interessa altro. Ed è questo il cuore nascosto e incredibilmente contemporaneo dell’intera saga: non ci sono in ballo massimi sistemi, sete di potere o conquiste del mondo, ma semplicemente il desiderio di preservare la memoria emotiva privata messa in pericolo da una malavita globalizzata che vuole ricondurla a regole prestabilite. Ecco che il gioco pericoloso di pegni e sangue, ruoli e sacrifici, si reitera e viene messo in potenza in questo terzo capitolo (efficacissimo il personaggio della Giudicatrice Asia Kate Dillon) in una sorta di meta-racconto sui destini dell’action movie nel XXI secolo. L’Hotel Continental diventa nuovamente il teatro/quadro di un videogame dove sfidare il villain giapponese di turno che guarda John come un mito del passato da combattere e venerare nel contempo.
E allora: Stahelski orchestra una sarabanda di input visivi ancora una volta sorprendenti, puro cinema delle attrazioni amalgamato in maniera più frammentaria e fine a se stessa rispetto ai due precedenti capitoli (la vetta è raggiunta col numero due), ma comunque coerenti con lo scopo di far sopravvivere la “faccia di pietra” di Buster Keaton/Keanu Reeves in un nuovo panorama mediale: tutti i villain del mondo sono collegati in tempo reale in una sorta di “cinematic universe” che deve però rimane il “controcampo” di quell’unico grande collettore emotivo. John Wick. Il vecchio die hard ormai scomunicato e dalla dubbia identità che lotta per la propria indipendenza. E si ricomincia… John sopravvive ancora a qualsiasi arma e a qualsiasi caduta digitalizzata per “ricodare le emozioni del passato”. Basterebbe questo desiderio per capire quanto la saga di John Wick sia centrale nell’immaginario popolare attuale.

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