John Wick e il gioco complottista

Il gioco ci prepara ad affrontare eventi altrimenti catastrofici. Se il genere può esser visto così, forse allora la saga di John Wick ci allena per il gioco della nostra epoca: il complottismo

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Il genere è anzitutto un gioco, per prima cosa devi divertirti e per farlo ci devi credere”. Ragionava così, una settimana fa, Francesca Comencini di fronte a studenti e appassionati nella sede di Sentieri Selvaggi. Per giocare bisogna abbandonare parte del consueto armamentario di credenze, quello che quotidianamente gli consente di decifrare la realtà, includendo nuovi strumenti. Senza questi, è impossibile creare una relazione positiva con il nuovo mondo che, per quanto effimero, per quanto virtuale, lascia sempre una traccia. Tra le righe del gioco agisce un processo di ricombinazione capace di attirare corpi e idee in zone nuove, liberi di danzare secondo nuove melodie. Un gioco non è mai solamente un gioco, è un atto di libertà che crea nuove connessioni in grado di affrontare, per vie più o meno traverse, eventi che ci coglierebbero altrimenti impreparati. A cosa ci sta preparando, allora, una saga di genere come John Wick? Tra botte e inseguimenti, ci aiuta a venire a patti con quello che forse è uno dei giochi più importanti e stratificati della nostra epoca: il complottismo.

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Prima di addentrarci nella saga, bisogna però precisare che quello tra gioco e complottismo è un accostamento tutt’altro che campato in aria o vòlto a ridimensionare il fenomeno. Lo dimostra La Q di Qomplotto di Wu Ming 1. Il saggio ricostruisce lo sviluppo storico di famigerate teorie della cospirazione (dalla massoneria fino a QAnon, passando per Illuminati e rosacrociani), sottolineando le similitudini tra il funzionamento delle teorie odierne e quello di ARG (giochi di realtà alternativa) e LARP (giochi di ruolo dal vivo). Si mescolano, infatti, dinamiche che si svolgono sia nella vita quotidiana sia online, creando spazi virtuali nei quali più persone raccontano una storia interpretandola e relazionandosi tra di loro. Vivendola, insomma. Non serve aver giocato a Dungeons & Dragons per aver sperimentato questo meccanismo. Ogniqualvolta c’è una sufficiente quantità di informazione attorno a un argomento, un semplice cumulo diventa una montagna, un infoscape (letteralmente, paesaggio di informazione). Attorno a un nucleo di verità si addensa una nuvola di informazioni all’interno della quale ci muoviamo e interagiamo, modificandola a ogni nostro passo. Per la navigazione non ci sono prescrizioni, quanto piuttosto ricorrenze, consuetudini, solchi. Una delle prime tracce lasciate a terra è la leggenda metropolitana conosciuta come Paul-is-dead, che vuole Paul McCartney morto in un incidente stradale e sostituito da un clone con la complicità di agente e altri membri dei Beatles.

paul mccartney

Il mondo è in realtà dominato da una società segreta di cui tutti, potenzialmente o all’occorrenza, ne fanno parte. Un ordine antico, globale, regolato ed efficiente. Questo sistema, però, è pronto a crollare sotto i colpi di un individuo risvegliato: un evento, un avvenimento lo ha colpito talmente tanto da squarciare il velo di Maya che ricopriva la grigia normalità. Ora nulla, nemmeno un mondo marcio fino al midollo e armato fino ai denti, potrà opporsi alla sua volontà di giustizia. Semplificata, diventa allora chiaro come la narrazione di John Wick attraversi i topoi del racconto cospirazionista. Il protagonista della saga, allora, può esser visto come l’individuo red-pilled (dalla pillola rossa che Morpheus offre al Prescelto in Matrix), che scende nella tana del bianconiglio per sgominare le forze del Male. Un percorso che è lungi dal concludersi con la propria battaglia personale. Per ogni testa tagliata all’Hydra, ne spunteranno innumerevoli. La rete si allarga, il racconto si complica, i nemici si fanno sempre più dei subumani la cui morte è l’unica cosa da augurarsi. Il persecutore John Wick, dopo il takedown (come viene chiamato l’assalto critico dei troll sulla rete, il cui bersaglio è spesso legato al mondo LGBTQ+), diviene il primo perseguitato dal sistema che ha tentato di abbattere. Quelli che prima erano alleati e amici si scoprono combattenti sotto false flag, dei doppiogiochisti. Nessun problema però, trust the plan, abbiate fiducia nel piano (come ripetono ossessivamente i seguaci QAnon riferendosi a Donald Trump): quelle che sembrano sconfitte sono passaggi calcolati, magari per titillare la tracotanza del nemico e fargli abbassare la guardia. È tutto calcolato, anche e soprattutto dal punto di vista della messa in scena.

La risoluzione delle ambiguità e dei paradossi presenti nella realtà è forse la funzione principale dell’ideologia. Intesa secondo la teorizzazione di Slavoj Žižek, questa è un sistema di fantasie che operano a livello subconscio, al di là della volontà del soggetto. Questo può essere anche consapevole che una certa azione è dettata da una determinata ideologia, ma agisce come se non lo fosse. John Wick sa benissimo che nessun omicidio gli potrà ridare l’amore della sua vita o quel che gli era rimasto, ma li ammazzerà comunque tutti. Alternative non ne ha: se non perseguitasse i suoi nemici, troveremmo John Wick triste e solo su una panchina, in versione meme sad Keanu. Tutto il suo essere crollerebbe, la sua psiche si piegherebbe sotto il peso di un lutto che non è in grado di affrontare, men che meno in completa solitudine. Chiunque gli ricordi come tutta quella violenza sia inutile non lo convince affatto a desistere, ma lo aizza. Questo perché vivere senza fantasie ideologiche è impossibile, significherebbe vivere senza gli strumenti che ci consentono di interpretare il mondo. Ogni tentativo di fuoriuscire dal mondo criminale, l’unica ideologia rimastagli, rimarrà per questo vano.

Nel modo in cui la saga di John Wick tratta il suo protagonista c’è un amore che dovrebbe insegnare molto a chi si propone di combattere certe idee con il metodo del debunking. Come sottolineato da Wu Ming 1 in La Q di Qomplotto, smontare semplicemente il castello ideologico altrui non ha altro risultato che un arrocco sulle proprie posizioni, che finiscono per proteggere questioni che andrebbero affrontate attraverso l’azione collettiva. Non si può distruggere senza inventare. Diventa quasi un obbligo, allora, citare in chiusura uno dei film più radicali degli ultimi anni, Bussano alla porta di M. Night Shyamalan, grande allegoria delle tensioni ideologiche contemporanee. Più tempo si tengono fuori persone convinte di un’apocalisse in atto, più queste saranno disposte a tutto pur di evitarla, anche ad atti osceni. Persone che, come tutti, amano o vorrebbero amare. E sarà forse l’amore a salvare il mondo.

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