John Wick e New York, città che muta

Dal primo al quarto capitolo della saga, la città di New York si trasforma, come il vecchio mondo da demolire per far spazio al nuovo. D’altronde, alba o tramonto è solo questione di punti di vista

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Tutto comincia e tutto finisce a New York City nella saga di John Wick. Sono moltissime le “trasferte” effettuate dal protagonista interpretato da Keanu Reeves; da Roma a Casablanca e da Osaka a Parigi passando per Berlino, spostamenti istantanei, ogni città con una missione da compiere, come fossero livelli da superare in un’avventura videoludica. Ma in ogni episodio della saga, John riparte da New York, e sempre a New York ritorna.

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Chissà, forse non è corretto definire New York la casa di Jonathan “John” Wick, al secolo Jardani Jovanovich, originario dell’allora Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa. Un uomo cresciuto da orfano, senza radici, trasferito da un paese all’altro e capace di parlare fluentemente innumerevoli lingue diverse. Ma in ogni caso è proprio a New York che John decide di fermarsi e rifugiarsi per costruire il proprio nido d’amore dopo aver incontrato Helen, la donna della sua vita. Ed ecco che da qui parte la prima avventura cinematografica di John Wick, la prima – ma non ultima – vendetta efferata da consumarsi nella maniera più spettacolare e spietata possibile. Ma come si presenta la New York messa in scena dal regista Chad Stahelski? Si tratta di una metropoli notturna spesso colpita da pioggia incessante che rende le superfici lucide e riflettenti, un elemento comune a gran parte del filone noir, dall’hard boiled al polar francese. Fin dai primi capitoli ne esploriamo le viscere più profonde, come gli esclusivi locali notturni, l’enclave malavitoso dell’Hotel Continental e la metropolitana, ma soprattutto dal finale del secondo film scopriamo la rete sotterranea di mendicanti governata dal Re della Bowery (Lawrence Fishburne). Una realtà parallela che si muove nell’ombra, al di sotto della superficie abitata dai cittadini newyorkesi seguendo un codice di regole a parte e proprio per questo inafferrabile dalla società mainstream. Sono loro a recuperare John ogni qualvolta finisce giù per un palazzo o ad aiutarlo quando raggiunge un livello di colpi subiti “eccessivo” ed è per questo stesso motivo che il Re, insieme a Winston (Ian McShane) del Continental, viene punito dalla Grande Tavola, l’unica entità al di sopra di tutte le parti.


Una realtà sotterranea che porta alla mente quella messa in scena da John Carpenter in
1997: Fuga da New York, nel quale l’intera isola di Manhattan diventa un’unica grande prigione colma di criminali della peggior specie con un unico sovrano riconosciuto, il Duca. Allo stesso modo del leggendario Jena Plissken di Kurt Russell, nella prima sequenza del terzo capitolo, John Wick si trova a lottare contro il tempo che scorre inesorabile, un conto alla rovescia per la sua stessa sopravvivenza: “Tick Tock Mr. Wick”. Già da questo incipit, ancora una volta bagnato da un poderoso nubifragio, è chiaro come sia in azione un deciso cambio di rotta rispetto ai capitoli precedenti. I neon RGB, i mille schermi urbani che costellano l’incrocio della Seventh Avenue, il ritmo sempre più serrato con rari attimi di respiro. Tutto porta a un cinema di intrattenimento puro ma dalla forma ibrida, tra il videoludico e il cinema di genere, come testimonia la presenza del revolver Smith & Wesson o l’inseguimento cavallo/moto, tra l’altro filmato nella medesima location newyorkese del memorabile inseguimento auto/treno di Il braccio violento della legge di William Friedkin.

New York è il principale teatro delle mille missioni di John Wick nei primi tre episodi della saga, o perlomeno il luogo deputato alla creazione e risoluzione finale dei conflitti. Il discorso è molto diverso per quanto riguarda John Wick 4. Qui New York è ormai il passato, il vecchio mondo da demolire per far spazio al nuovo. Come ribadisce il Marchese de Gramont (Bill Skarsgård) a Winston, poco dopo aver visto crollare il Continental, “Tu non sei più New York. Tu non sei più niente”. Ecco che da qui si snoda la vicenda che porterà alla conclusione della saga così come la conosciamo. Un nuovo sole che sorge a Parigi riconduce ad uno che tramonta a New York. D’altronde, alba o tramonto è solo una questione di punti di vista.

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