Julian Assange a Cannes ricorda i bambini uccisi a Gaza

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In occasione della prima di The Six Billion Dollar Man, film a lui dedicato, il giornalista australiano ha affrontato il red carpet con una maglia in memoria delle 5.000 vittime di Gaza tra 0 e 5 anni

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L’aria stanca e forse insofferente al glamour, camicia verde rimboccata ai gomiti e sotto una maglia bianca tappezzata dai 4.986 nomi dei bambini palestinesi, di cinque anni o meno, uccisi a Gaza dai bombardamenti israeliani. Sul retro, invece, si intravede la scritta “Stop Israel”. Sul red carpet di Cannes 78, ieri pomeriggio, è arrivato Julian Assange con sua moglie Stella, in occasione della prima di The Six Billion Dollar Man, documentario fuori concorso a lui dedicato, diretto dall’americano Eugene Jarecki.

È un lavoro mirato a ricostruire la battaglia legale lunga più di un decennio, del giornalista e attivista australiano contro l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischiava una condanna  per aver pubblicato documenti riservati del governo americano e tramite la sua organizzazione no profit WikiLeaks.

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Il giornalismo anti-istituzionale di Assange è divenuto simbolo dell’inchiesta nell’era di internet. Oggi, dopo le accuse di spionaggio negli USA (reato punito con la pena di morte), sette anni di asilo politico in Ecuador e una prigionia di cinque anni in Inghilterra, nel giugno del 2024, è tornato in libertà.

Quella vissuta da Assange è stata una lunga persecuzione verso la libertà di parola e di stampa. Una violazione spietata dei diritti tale da essere richiamata nella risoluzione 2571 del 2 ottobre 2024 con cui l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto il fondatore di Wikileaks come prigioniero politico, affermando che tutte le violazioni subite dal giornalista “soddisfano i criteri stabiliti nella risoluzione 1900 (2012)“, ovvero la definizione di prigioniero politico.

Il navigato documentarista Jarecki lo ha omaggiato nel suo film, e con lui anche la Croisette che lo ha definito “un’icona contemporanea del diritto all’informazione”, sottolineando la sfrontatezza e l’impegno civico di un personaggio che non ha paura di sporcarsi le mani, diffondere documenti per informare o condannare pubblicamente un genocidio.


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