Julianne Moore: l'altra Hollywood

julianne moore in still alice

Attrice raffinata capace di incarnare al meglio la tradizione dei grandi attori hollywoodiani, mantenendo forte la sua individualità e peculiare la sua recitazione, Julianne Moore, si è costruita un percorso professionale nel quale il gossip o la sovraesposizione mediatica sono rimasti relegati nell'ombra, permettendo alla sua credibilità attoriale di rimanere intatta. In sala da domani con Still Alice

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Julianne MooreSpesso parlando degli Academy Awards, il massimo riconoscimento per il lavoro di attori e registi e vera e propria istituzione a stelle e strisce, si fa scherzosamente riferimento alla cosiddetta “Maledizione DiCaprio”. L'attore californiano, infatti, con ben cinque candidature agli Oscar si è sempre visto soffiare da sotto il naso la statuetta d'oro come conferma l'ultima occasione mancata avvenuta proprio l'anno scorso ai danni del nostro da parte di Matthew McConaughey, suo compagno di set in The Wolf Of Wall Street, premiato per la sua interpretazione in Dallas Buyers Club.

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Se volessimo trovare una controparte femminile potremmo parlare di “Maledizione Moore”. L'attrice, classe '60, nel corso della sua carriera ha ricevuto il medesimo numero di candidature senza mai però salire sul palco del Kodak Theatre per ritirare il premio e fare il suo discorso di ringraziamento. Quest'anno con la sua interpretazione della rinomata linguista affetta da una forma precoce di Alzheimer in Still Alice, la Moore prova a spezzare “la maledizione”, forte già di un Golden Globe, cercando di sbaragliare la concorrenza che la vede candidata con Marion Cotillard, Felicity Jones, Rosamund Pike e Reese Witherspoon.

 

 

 

Grazie al debutto teatrale nelle produzioni off-Broadway nel 1988 vieneJulianne Moore notata da dei produttori televisivi che la scritturano per la serie tv Così gira il mondo con la quale ottiene un Emmy Award e da inizio alla sua brillante carriera cinematografica che l'ha trasformata in un punto di riferimento dello stars system hollywoodiano, riuscendo però a costruirsi un percorso professionale nel quale il gossip o la sovraesposizione mediatica sono rimasti relegati nell'ombra, permettendo alla sua credibilità attoriale di rimanere intatta. La sua interpretazione di Marian Wyman nella trasposizione cinematografica di Robert Altman, in America oggi, dei racconti impregnati di rassegnazione e dolore di Raymond Carver fa di Julianne Moore una delle interpreti più desiderate degli anni '90, decennio che la vede protagonista di pellicole che attestano la sua versatilità artistica. Musa di Todd Haynes, il cui sodalizio inizia nel 1995 con la pellicola indipendente Safe per proseguire nel 2002 con il dramma Lontano dal Paradiso e Io non sono qui, omaggio visionario al genio musicale di Bob Dylan, Julianne Moore ha dato prova di sapersi trasformare e misurare con ruoli appartenenti ai più svariati generi, dalla commedia Nine Months – Imprevisti d'amore, al fianco di Hugh Grant e Robin Williams, al blockbuster spielberghiano Il mondo perduto – Jurassic Park. È con tre ruoli d'autore però, la pornostar materna e tossicodipendente di Boogie Nights, la moglie fedifraga e consumata dal senso di colpa di Magnolia, entrami per la regia di Paul Thomas Anderson, e la pittrice avant garde de Il Grande Lebowski dei fratelli Ethan e Joel Coen, che l'attrice lega indissolubilmente il suo nome alla storia del cinema.

 

Julianne MooreGli anni 2000 vedono Julianne Moore continuare ad alternare prove attoriali disparate che mette al servizio delle pellicole alle quali prende parte, passando con disinvoltura dal thriller fantascientifico (I figli degli uomini), al dramma (The Hours), dalla commedia sentimentale (Crazy, Stupid, Love) all'horror (Lo sguardo di Satana – Carrie) e al film tv (Game Change, dove veste i panni dell'ex governatrice dell'Alaska Sarah Palin) tanto da prestarsi per il debutto dietro la macchina da presa di Tom Ford, stilista affermato, con il suo elegante e dettagliatamente chirurgico A Single Man. La stessa disinvoltura con la quale interpreta Jules, mamma gay nella commedia indipendente I ragazzi stanno bene, l'ossessiva attrice vittima dell'angoscioso passato familiare di Maps to the Stars di David Cronenberg, che gli ha fatto vincere la Palma d'oro come miglior attrice all'ultimo Festival di Cannes, e Alma Coin, presidentessa del Distretto 13 dell'immaginaria Nazione di Panem in Hunger Games: Il Canto della Rivolta – Parte I di Francis Lawrence. La sua aderenza ai ruoli per i quali presta corpo e volto la rendono l'interprete perfetta, attrice raffinata capace di incarnare al meglio la tradizione dei grandi attori hollywoodiani, mantenendo, al tempo stesso, forte la sua individualità e peculiare la sua recitazione.

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