KARLOVY VARY – Crystal Globe al danese "Terribly Happy"

the-guitarIl film danese Frygtelig Lykkelig (Terribly Happy) di Henrik Ruben Genz Vince la quarantatreesima edizione dell’International Film Festival di Karlovy Vary. La giuria era presieduta dal celebre regista ceco Ivan Passer. Senza nessun riconoscimento, neppure dai premi collaterali, il miglior film del concorso 2008 di Karlovy Vary, The guitar, opera d’esordio di Amy Redford, con una bravissima Saffron Burrows

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terribly-happyVince la quarantatreesima edizione dell’International Film Festival di Karlovy Vary il film danese Frygtelig Lykkelig (Terribly Happy) di Henrik Ruben Genz. La giuria era presieduta dal celebre regista ceco Ivan Passer – al quale il festival ha reso omaggio con la proiezione dei due suoi primi lavori, il cortometraggio Fádní odpoledne (A boring afternoon, 1964) e il lungometraggio Intimní osvetlení (Intimate lighting, 1965) -, figura indelebile della nuova onda cecoslovacca degli anni Sessanta, cineasta esiliatosi negli Stati Uniti dopo l’occupazione russa del 1968 e oltreoceano autore di numerosi film, tra cui il bellissimo Cutter’s way (1981), sulle conseguenze della guerra in Vietnam.

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Crystal Globe, dunque, al noir danese ambientato in un villaggio sperduto nel nulla, sguardo sobrio per raccontare storie di personaggi che invece vivono nell’eccesso immobile di una ripetizione quotidiana di gesti. Un film che potrebbe trovare distribuzione anche in Italia, tra cinema di genere e d’essai.

Unico premio non europeo (per via del regista e dell’ambientazione, non della maggior parte della produzione che raduna, oltre a Indonesia, Francia, Olanda, Svizzera e Svezia) di un palmarès altrimenti esclusivamente distribuito fra opere europee, quello speciale della giuria, a The photograph di Nan Triveni Achnas, nata a Singapore, che narra il rapporto che s’instaura fra una giovane donna e un anziano e malato fotografo. Miglior regista il russo di Leningrado Alexei Uchitel per il dramma di guerra Plennj (Captive), con un plotone di soldati russi intrappolato nelle montagne cecene, perso in un territorio ostile. Vanno allo stesso film, Deti noci (Night owls) della ceca Michaela Pavlátová, ritratto di una giovane nel contatto con le notti praghesi e il rifiuto di prendere coscienza della propria vita adulta, il premio per la migliore attrice (Martha Issová) e quello per il migliore attore (Jirí Mádl). Mentre l’altro lungometraggio in concorso della Repubblica Ceca, Karamazovi (The Karamazov) di Peter Zelenka, talento visivo e narrativo del nuovo cinema ceco, riceve una delle due menzioni speciali, insieme a A nyomozó (The investigator) dell’ungherese Gigor Attila, esordio del trentenne regista che descrive tra realtà venata di toni surreali e onirici la vita solitaria di un patologo.

the-guitarSenza nessun riconoscimento, neppure dai premi collaterali, il miglior film del concorso 2008 di Karlovy Vary, The guitar, opera d’esordio di Amy Redford, con una bravissima Saffron Burrows nel ruolo di una trentenne alla quale viene diagnosticato un cancro incurabile. Due mesi di vita. Per concedersi tutto. Compreso affittare un loft di lusso a New York, arredarlo con ogni sorta di mobili e oggetti esaurendo le carte di credito, e imparare a suonare la chitarra elettrica, sogno fin da quando era bambina. Ma poi, per miracolo, ovvero per quella forza di volontà che l’ha fatta reagire cambiando tutta la sua vita, la malattia sparisce. Spariscono però anche i soldi, il loft, gli oggetti, ma non la chitarra, da suonare in un parco, ricominciando da zero, venendo lì scoperta da una band con la quale Melody inizierà a fare concerti… Film per un’attrice e un luogo, l’appartamento dove si svolge quasi tutto il film, The guitar è un’opera magnifica, sensuale, avvolgente, radicata nella realtà e al tempo stesso sempre più spinta nello spazio della favola, dentro quel cinema americano senza tempo che dà all’individuo, di fronte alle situazioni più estreme, la possibilità di reagire e di ricominciare. Un film da amare e difendere, già presentato al Sundance di gennaio, di cui nessuno in Italia sembra essersi finora accorto della sua intima, commovente esistenza.

Le altre due sezioni competitive di Karlovy Vary erano quella dei documentari e quella chiamata East of the West. La prima è stata vinta da Man on wire dell’inglese James Marsh (ritratto dell’artista di strada francese Philippe Petit, un idealista pronto a morire per realizzare il suo sogno), per i film oltre i trenta minuti, e da Letunt világ (Lost world) dell’ungherese Nemes Gyula, girato fra il 1998 e il 2007 tra gli abitanti delle case-battello vicino alla diga di Budapest Kopaszi, per i film della durata inferiore alla mezz’ora. La giuria di East of the West ha premiato Tulpan, primo film di finzione del documentarista kazakho Sergei Dvortsevoj, già premio Un Certain Regard quest’anno a Cannes.

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