Kinds of Kindness, di Yorgos Lanthimos
Il regista greco torna a lavorare con il suo sceneggiatore e trasforma le sue sfumature di gentilezza in esibita crudeltà in cui si autocompiace della propria forma. Insostenibile. CANNES77. Concorso.

Bentornato Lanthimos! Dopo la parentesi sorprendente di Povere creature!, con Kinds of Kindness torna a chiudere il suo cinema nel suo cerchio magico e impenetrabile. Dalla racchetta rotta da McEnroe nel 1984 al casco di Ayrton Senna (non inquadrato ma solo evocato), l’opera del regista greco è come un reperto-archeologico, dove i corpi dei personaggi/attori sono come cavie da sezionare nell’obitorio. Il nuovo lavoro del cineasta, esplora tre diverse sfumature sulla gentilezza in altrettanti atti. In La morte di R.M.F,, Robert cerca di prendere il controllo della sua vita che è stata sempre controllata e organizzata dal suo datore di lavoro Raymond, anche nella vita privata, in cambio di molti benefici. Dal momento in cui rifiuta però di soddisfare una sua richiesta, il mondo attorno a lui crolla. In R.M.F Is Flying, un poliziotto crede che la moglie sopravvissuta dopo essere stata dispersa in mare sia un’altra persona e voglia truffarlo. Nel terzo infine, R.M.F. Eats a Sandwich due adepti di una setta sono alla ricerca di una giovane donna con speciali poteri che possa diventare la loro leader spirituale.
Tre atti, tre diverse variazioni con gli stessi attori che ruotano come marionette: Emma Stone, Jesse Plemons, Willem Dafoe, Margaret Qualley, Hong Chau, Mamoudou Athie e Joe Alwyn. Spente le folgoranti fiamme fantasy/melò di Povere creature!, Lanthimos torna al suo cinema cinico e beffardo, esibito nella sua provocazione e invaso da uno stile appariscente in cui in ogni inquadratura c’è una mania del controllo da cui in ogni azione prevale prima di tutto la sua presenza nella costruzione di ogni inquadratura, dalla profondità di campo ai piani sugli attori dove stavolta i suoi mostri non hanno cuore. Tra echi cronenberghiani nella simulazione dell’incidente del primo episodio, variazioni Disney con l’auto di Emma Stone che corre a tutta velocità che è involontaria versione parodistica di Un maggiolino tutto matto, Kinds of Kindness si autocompiace della propria forma e proietta personaggi e storie in unn proprio labirinto confinato, proprio come i tre figli isolati che non hanno mai oltrepassato il giardino di casa in Dogtooth. La spiegazione sul ritorno del regista greco a un cinema non solo respingente ma qui totalmente insopportabile si può rintracciare nel fatto che Lanthimos è tornato a collaborare con il suo sceneggiatore Efthimis Filippou, lo stesso che ha deturpato il cuore della tragedia in Il sacrificio del cervo sacro e quello degli accoppiamenti forzati di The Lobster che hanno preso forma proprio nelle tre storie di Kinds of Kindness. Il suo potere è ancora più letale di Charlie Kaufman con Gondry, perché qui non c’è via d’uscita. Non è un caso che quando non hanno lavorato insieme (La favorita, Povere creature!) il regista ha realizzato i film migliori.
Il delirio del poliziotto interpretato da Jesse Plemons diventa quello di onnipotenza di un cinema che pensa di entrare nella mente e nella psiche dei suoi personaggi, che gli strappa il fegato e gli taglia le dita, mutazioni dove non c’è empatia neanche nella scatola di scarpe lasciata da Emma Stone sul letto della figlia nel terzo episodio. Parte a bomba con Sweet Dreams (Are Made of This) degli Eurythmics ma i ‘sogni d’oro’ del cinema di Lanthimos qui non hanno nessuna consistenza e sono già confinati nei titoli di testa. Il cibo, il sesso, la morte, il sangue sono prima di tutto dettagli scenografici di un cinema che usa i corpi prima di tutto come décor e salta e si butta nella piscina vuota come nel terzo atto. Per gli estimatori del regista un altro grande saggio visivo, con i giochini fatti insieme con il direttore della fotografia Robby Ryan con il passato e i sogni in bianco e nero. Ma Kinds of Kindness è invece solo un film scolorito che non ha vita e resta sepolto per quasi tre ore. Insostenibile. Bentornato Lanthimos.