Kings League: il futuro del calcio?
Le finali del mondiale della competizione ideata da Piqué si stanno svolgendo in questi giorni a Torino. Ma di cosa si tratta? E cosa c’è di davvero applicabile allo sport più popolare al mondo?
Esiste un torneo di calcio i cui partecipanti sono David Pizarro, Ciccio Caputo e Radja Nainggolan. No, non è la serie A di qualche lustro fa, ma la Kings League Italia 2024/25, una lega di calcio a 7 il cui presidente è Zlatan Ibrahimovic e il direttore sportivo Claudio Marchisio. Ma di cosa si tratta esattamente e perché se ne sta parlando così tanto negli ultimi giorni?
Riavvolgendo di un paio d’anni il nastro, bisogna tornare al novembre del 2022, quando Gerard Piqué, storico difensore del Barcellona, ritiratosi da pochi giorni, annunciava la creazione per l’appunto della Kings League, un torneo di calcio a 7 le cui 12 squadre partecipanti sarebbero state presiedute da streamer, influencer o ex calciatori. Tra questi ultimi, ad aderire furono fin dall’inizio due mostri sacri come Sergio Aguero o Iker Casillas. La competizione, inizialmente organizzata esclusivamente per la Spagna, prevedeva la messa in onda gratuita delle partite su piattaforme come Twitch, Youtube o Tik Tok.
Fondata con il dichiarato tentativo di rinnovare il calcio, cercando di legarlo sempre più alle forme d’intrattenimento del web, la Kings League prevede inoltre l’applicazione di un regolamento particolare per lo stesso svolgimento delle partite. Tra le regole più discusse, vi è la presenza di alcune carte segrete: il presidente di ogni squadra estrae tra varie alternative una carta che, quando giocata dall’allenatore, si attiverà immediatamente. L’incontro prosegue quindi con le modifiche dettate dalla carta stessa, che può assegnare un rigore alla squadra che la gioca, permettergli di espellere un giocatore a propria scelta tra i rivali, oppure far valere per due ogni gol segnato nei successivi minuti.
Tra le modifiche al regolamento, l’inclusione di star del web o di ex icone calcistiche, la Kings League ha avuto un successo tale in Spagna che la Final Four del primo torneo si è giocata all’interno del Camp Nou di Barcellona, stadio più grande d’Europa. Da lì, la crescita progressiva, con la creazione di una prima competizione internazionale (la squadra rappresentativa dell’Italia, gli Stallions, aveva in rosa ex giocatori come Totti e Nainggolan), e poi di diversi tornei in singoli territori. Ecco quindi l’arrivo del format in Brasile, nelle Americhe e, dallo scorso autunno, Italia.
In questi giorni, proprio nel nostro paese, si sta inoltre giocando la seconda manifestazione internazionale organizzata dalla lega, la Kings World Cup Nations, la cui finale si terrà a Torino il 12 gennaio. La nazionale italiana, che in campo aveva, tra gli altri Leonardo Bonucci ed Emiliano Viviano, è stata eliminata dopo due partite ed altrettante sconfitte subite da Giappone e Spagna. La crescita della competizione ha portato da un certo momento in poi anche una serie di introiti televisivi, con l’ingresso di player come Mediaset e Sky Sport a distribuire sui propri canali alcune partite.
L’aspetto più interessante di questa Kings League sta nell’apertura di un dibattito interno tra gli appassionati del calcio. In un mondo in cui la comunicazione è diventato un elemento imprescindibile, lo sport più popolare al mondo risulta infatti ancora piuttosto arretrato, con il conseguente rischio di perdere sempre più tifosi e quindi spettatori. Al netto dei facili entusiasmi di molti, difficilmente si può pensare che il format inventato da Piqué possa davvero diventare una strada da seguire, essendo di fatto esclusivamente un prodotto per il web, costruito su meme e per un pubblico difficilmente espandibile. Insomma, in questo caso c’è al centro la dimensione comunicativa per i social e manca totalmente quella sportiva (spesso al contrario piuttosto grottesca). Per fare un esempio, una delle squadre italiane, i Boomers, ha alla presidenza la coppia Fedez – Luciano Moggi e in campo un 45enne David Pizarro. L’interesse ovviamente non è quindi per lo spettacolo calcistico, ma costruito in funzione del momento in cui Fedez sarà chiamato a calciare un rigore presidenziale. Da qui anche la presenza di influencer come direttori sportivi, o ancora la stessa presenza di ex calciatori. Il Totti della situazione ha ben poco da dare da un punto di vista agonistico (per questioni di età e per i pochi stimoli che una partita di Kings League può avere per lui) e la sua presenza serve solo a far ridere uno spettatore che vede il suo youtuber preferito giocare con un appesantito ex campione.
Ciononostante, lo spostamento di pubblico dal calcio vero ad altre forme di intrattenimento sportivo potrà avere conseguenze, portando a trasformazioni consistenti da un punto di vista comunicativo. Anche se, forse, il vero faro dovrebbe essere in tal senso una competizione come l’NBA, che si è rinnovata nei decenni scorsi proprio per diventare a tutti gli effetti uno show, senza però sacrificare l’aspetto sportivo. Anzi, nonostante tutte le attrazioni, il match resta sempre il fulcro dello spettacolo, con le regole che vengono costruite proprio per rendere più divertente non il teatrino che gli gira intorno, ma la competizione stessa. La Kings League avrà avuto il merito allora di aver aiutato ad aggiornare alcuni aspetti del sistema calcio, quelli relegati all’extra campo. Per quanto riguarda ciò che avviene all’interno del rettangolo di gioco, si tratta però di uno spettacolo, seppur divertente, calcisticamente poco entusiasmante e credibile.