Kingsman – Secret Service, di Matthew Vaughn

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Matthew Vaughn e Jane Goldman lo sanno, come prima di loro Mark Millar e Dave Gibbons, che Kingsman – Secret Service è una questione di estetica: presente contro passato, America conto Britannia, jeans contro tweed. Un racconto che è un film ma che vorrebbe essere un fumetto, con lo scontro continuo di fantastico e reale, di cultura pop e afflati politici, di Colin Firth e Samuel L. Jackson

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Forse è solo questione di estetica – dei modi, delle giubbe, dei servizi per il tè. Come nello spot della TurboTax trasmesso durante questo XLIX Super Bowl (che, ironica realtà, ha visto vittoriosi i New England Patriots contro i Seattle Seahawks…), dove le truppe di Sua Maestà risolvono il Tea Party di, appunto, Boston, con un aplomb dei modi, delle giubbe e dei servizi per il tè che perfino il padre della (fu)patria George Washington rinuncia ad oltrepassare il Delaware gelato per la battaglia finale con gli inglesi annunciano un “Alright then. Pack it up”. Sì, è solo questione di estetica tra brits e ‘mericans, come vedere Clark Kent che si strappa la camicia per indossare la sua “S” da figlio del Kansas: un vero englishmen è solo e soltanto il suo abito.

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Matthew Vaughn e Jane Goldman lo sanno, come prima di loro Mark Millar e Dave Gibbons, scrittore e disegnatore della fumettistica miniserie di sei numeri che sta all’origine di questo Kingsman – Secret Service, pubblicata sotto l’etichetta Icon Comics, l’ombrello autoriale, maturo e soprattutto creator-owned della Marvel, che permette ai vari writers e artists di mantenere le proprietà intellettuali delle loro opere – e a cascata, diritti per film, serie tv, videogames, merchandising… È una scelta consapevole e di appartenenza quella di Vaughn, che ha accettato di tornare nella natia Albione rinunciando al kolossal Fox e altrettanto fumettistico X-Men – Giorni di un futuro passato, di cui già assieme alla fedele Goldman aveva buttato giù la storia poi trasformata in sceneggiatura da una delle più importanti figure dei superhero movies prodotti dallo studio di Murdoch, Simon Kinberg. Vaughn, infatti, è uno dei pochi che nell’affollato e mortale mercato dei blockbuster ha tentato di battere una terza via per i cinecomics, andando oltre l’oramai tracciato dualismo Marvel-Disney versus DC-Warner, con titoli come Kick-Ass e X-Men – L’inizio, con il primo che oscilla tra il pop mainstream e la violenza indipendente, e il secondo che tenta di inoculare tematiche e corpi spiccatamente autoriali all’interno del prodotto spettacolare di massa. Spinte e feedback naturali all’interno di un genere ancora giovane e in continua espansione ed esposizione, che però denotano un orizzonte ben specifico per il regista inglese, dalla sua collaborazione tra scrittura e produzione con la Goldman, alla continua ricerca di una sorta di realismo quotidiano e storico assieme dove inscrivere un racconto indissolubilmente contraddittorio e irrazionale come quello supereroistico – la città verticale, opprimente, grigia di Kick-Ass, il tessuto storico-politico-sociale di X-Men – L’inizio.

 

E Vaughn continua tutto questo in Kingsman, chiamata alle armi all-stars british che schiera Michael Caine, Colin Firth e la Get Ready For It dei Take That – con l’aggiunta di Taron Egerton, Mark Strong e Samuel L. Jackson –, per un film che vive di contrapposizioni: presente contro passato, America conto Britannia, jeans contro tweed. La quinta regia di Vaughn piuttosto che dilatarsi e sfilacciarsi in questo rimpiattino di riferimenti raggiunge invece densità e portata, assumendo di volta in volta un nuovo punto di mostrazione, estetico e narrativo, per rilanciare continuamente la vicenda. A chiudere alle estremità questo movimento c’è una netta e sempre ricordata sovrapposizione del piano fantastico e reale, con gli scontri morali e mortali tra l’impero del male e quello del bene assieme ad un discorso feroce e politico sulle élite e la tecnologia, con gli improvvisi schizzi di follia stilizzata e fumettistica assieme alla classica progressione di consapevolezza e presenza dello young adult di turno. C’è davvero tutto in Kingsman, tranne la forza di questo scontro, la visione delle ferite: Taron Egerton non ha la forza di chi è davvero stato raccattato dalla strada, il mondo non ha le ferite dello scontro che si sta consumando. Alla fine, come all’inizio, è solo questione di estetica, che solo un paio di volte vengono ferocemente a galla: teste coronate che esplodono in caleidoscopi psichedelici e Colin Firth che massacra un intero nucleo di cristiani reazionari in chiesa con indosso il suo impeccabile, e mortale, completo.

 

Titolo originale: Kingsman: The Secret Service

Regia di: Matthew Vaughn

Interpreti: Colin Firth, Taron Egerton, Samuel L. Jackson, Mark Strong, Michael Caine, Sofia Boutella, Sophie Cookson

Distribuzione: 20th Century Fox

Durata: '129

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