Knocking, di Frida Kempf

Knocking non è un horror dalla narrazione complessa, quanto un esperimento incentrato a terrorizzare lo spettatore puntando sulle paure ataviche e profonde della mente. Al FantaFestival 2022

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Molly, una donna di mezza età trasferitasi in un nuovo appartamento a seguito di un traumatico incidente, convive con costanti paranoie e paure circa la presunta idea che sopra il suo appartamento e accanto alle pareti si sentano suoni inquietanti dalla dubbia provenienza. Knocking è il lungometraggio d’esordio della regista svedese Frida Kempf, presentato al Sundance Film Festival 2021, si basa su un presupposto semplice ma non banale. La paura atavica e fisiologicamente umana di suoni sospetti durante la notte che possano preludere a qualcosa di spiacevole. Un terrore antico quanta la stessa umanità che fa emergere i più reconditi istinti di sopravvivenza. Una disposizione che Molly concretizza disturbando frequentemente il resto degli abitanti del condominio, per cercare spiegazioni su ciò che lei sente ordinariamente e accusando chi cammina civilmente tra i corridoi dell’edificio.

Il terrore sul volto di Molly è ben rappresentato da una regia che lavora ora con primi piani che mostrano una donna, spesso sdraiata nel letto a osservare il soffitto, logorata da una paura che non trova giustificazioni, ora con piani medi che presentano l’intero appartamento e i movimenti fuori dal quotidiano di una persona prossima alla follia.

Il carattere di Molly si spinge oltre la semplice paura che qualcosa non vada, per approdare su piani che lasciano pensare a una forma di psicosi paranoica pericolosa sia per lei stessa che per chi gli gravita attorno. La donna viene infatti trasferita in un centro psichiatrico in cui i suoi timori non sembrano venire meno. Con ogni probabilità ciò che lei sente è tutto nella sua contorta testa per un qualche trauma non meglio identificato. Talvolta nel corso della breve durata di Knocking appaiono sequenze in una spiaggia, forse è ciò che reconditamente vorrebbe la stessa Molly. Un ambiente del tutto opposto a quell’appartamento opprimente, caratteristica che la fotografia riesce a far percepire con abilità.

Il finale, infine, approda nel dramma più assoluto, mostrando le dirette conseguenze di una quotidianità vissuta con una forma di psicosi sempre più radicale e quindi autodistruttiva.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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