"Kung Fusion", di Stephen Chow

Pur non raggiungendo l'intensità di “King of Comedy”, il folle, nostalgico Chow architetta una commedia di arti marziali dal retrogusto amaro, che coniuga l'amore per le citazioni al rigore della passione. Con pochi compromessi e una rinnovata consapevolezza.

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Sing, sfaccendato imbroglione che si spaccia per letale esperto di arti marziali, vorrebbe far parte della potente gang delle asce. Prima di essere ammesso, deve però dimostrare il suo valore uccidendo qualcuno. Da codardo qual è, decide di cercare la sua vittima tra i poveri abitanti del vicolo dei porci, quartiere proletario dove trovano rifugio i più sfortunati, angariati da una coppia di possidenti resi spietati da un dolore nascosto nel passato. Le azioni sconsiderate di Sing sono la concausa di un attrito tra gli abitanti del vicolo e i malviventi. Ma tra i poveri si nascondono tre vecchi maestri che osano opporsi allo strapotere della gang. Fino a quando riusciranno a resistere? Dopo Shaolin Soccer, Stephen Chow raggiunge il successo internazionale che meritava, polverizzando ogni precedente record d'incassi in Asia e Cina, e archiviando una visibilità insperata negli Stati Uniti. Il prezzo non è un blockbuster senz'anima che mima la cinesità, svendendola in cambio di qualche facile battuta o di qualche duello stilizzato, bensì uno stralunato omaggio – nostalgico, consapevole, cesellato fin nei minimi dettagli – al cinema di arti marziali e alla commedia cantonese degli anni che furono. Ma Kung Fusion non è un semplice concentrato di citazioni e richiami, amalgama di vecchi cliché ormai decontestualizzati, quanto un intelligente rivisitazione, aggiornata a una (post)modernità cinematografica in grado di usare la grafica digitale in forma creativa, di richiamare i cartoni animati (l'inseguimento velocizzato alla Will Coyote), di mescolare l'umorismo di bassa lega con l'ironia raffinata, di far convivere dramma, passioni e gusto per il non senso senza paura di contaminazioni.

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Stephen Chow omaggia apertamente House of 72 Tenants, di Chor Yuen, il film del 1973 che risollevò le sorti del cinema in lingua cantonese negli studi Shaw Brothers (a predominanza mandarina): il vicolo dei porci è una fedele trasposizione di quei quartieri popolari tipici della Cina meridionale, descritti con impostazione teatrale come un microcosmo pittoresco in cui decine di persone convivono a stretto contatto, nella gioia e nella disperazione. A popolare questo luogo della memoria e dell'orgoglio, Chow chiama una schiera di caratteristi del passato (da Yuen Wah alla brava Yuen Qiu, dallo spietato Leung Siu Lung ai temibili Fung Hak On e Yuen Tak), concedendo loro la ribalta, tanto che oltre la metà del montaggio finale è coraggiosamente dedicato ad aspetti svincolati dal protagonista, Sing. Chow si prende una rivincita sui Tarantino e sui Matrix, parodiandoli e al contempo ridonando significato a coreografie d'azione altrimenti vuoto sfoggio di stile: gli stunt marziali di Yuen Woo Ping (a lui il merito di aver lanciato Jackie Chan nel lontano 1978, non soltanto quello di aver aperto la strada all'Ang Lee de La tigre e il dragone) sono un saggio di vibratile levità, in grado di svelare cosa si nasconde dietro a calci, pugni e salti – un universo morale ben preciso, di rispetto e dedizione, in cui i veri maestri, i sifu, sono coloro che meno desidererebbero esserlo, nascosti nelle vesti beffarde di un barbone che rivende sovrapprezzo un inutile manuale per mosse segrete dai nomi esotici. Così il forsennato finale, prendendo in giro le scene analoghe in Kill Bill vol. 1 e in Matrix Reloaded, è soprattutto una riscrittura del violento finale nella taverna de Il drago si scatena (Boxer from Shantung, 1972). Come dire, riportando tutto a casa. Kung Fusion non raggiunge le vette tragicomiche di King of Comedy (a quando un'edizione italiana?), né la forsennata anarchia dei precedenti film, da From Beijing with Love in giù, ma rappresenta un passo importante nella poetica in evoluzione di Chow: una commedia complessa, sfaccettata e, infine, profonda.


[Nota: la recensione si basa sulla visione del film in lingua originale sottotitolata. Oggi è possibile scegliere di non sottostare al capestro del doppiaggio, quando è evidente che nell'adattamento viene snaturato parte del senso del film…]

Titolo originale: Gong Fu


Regia: Stephen Chow


Interpreti: Stephen Chow, Yuen Qiu, Yuen Wah, Leung Siu Lung, Yuen Tak, Fung Hak On


Distribuzione: Sony Pictures


Durata: 102'


Origine: Honk Kong/Cina, 2004

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