La bocca dell’anima, di Giuseppe Carleo

Bell’esordio al lungometraggio, ambientato in un’inusuale borgo montano siciliano del Secondo Dopoguerra. Qualche passaggio a vuoto fa calare la tensione e indebolisce la complessità del racconto.

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Esordio al lungometraggio di Giuseppe Carleo, giovane autore siciliano proveniente dal Centro Sperimentale in cui ha studiato recitazione e regia del documentario. La bocca dell’anima, opera presentata al Taormina Film Festival, complessa e assai articolata, si confronta con l’antropologia e l’etnologia, prendendo ispirazione dai testi di Elsa Guggino e il suo libro La magia in Sicilia e il corpo è fatto di sillabe. Si tratta di una storia vera, ambientata nel Secondo Dopoguerra. Nel 1949 in un paese fittizio, Petrasanta, borgo montano delle Madonie, Giovanni (Maziar Firouzi) torna dalla guerra, ancora più inquieto e taciturno, probabilmente vittima della sindrome post traumatica da stress e con un forte turbamento che metterà a dura prova la sua esistenza e quella dei suoi cari.

Nel paese natale, arroccato nella morsa del gelo e di una Sicilia inusuale, quanto altrettanto toccante, il protagonista ritrova una maga (Serena Barone) che proverà a liberarlo dal dolore che lo affligge, iniziandolo all’arte della magia. Giovanni deve confrontarsi con i suoi fantasmi, in particolare con il sottufficiale Marchese, il quale, durante le pratiche imbonitrici, si impossessa della sua voce, facendolo parlare in italiano perfetto, intesa dagli isolani come una vera e propria lingua straniera. La fama di guaritore e “santone” presto si tramuterà in un’arma a doppio taglio, in quanto Giovanni sarà costretto a scontrarsi atrocemente con le altre due facce del potere: la Chiesa e la mafia. Pietrasanta è un paese costruito in pietra, appollaiato come un’aquila su una scarpata rocciosa e non c’è niente di più terribile della povertà quando fa freddo.

La gente nei suoi stracci cerca di stare in piedi sui ciottoli innevati e scivolosi; le donne si lamentano per l’eternità, dopo aver lasciato bracieri e cucine fumare. Si narra che la bocca dell’anima è all’altezza del fegato e quando il silenzio nasconde i bisogni dell’anima e il buio cancella ogni tentativo di rinascita, allora, forse, la mente comincia a vagare verso l’ignoto alla ricerca di una causa, di un pretesto, di una plausibile spiegazione che possa portare luce sui più naturali esiti della vita. Così, in quei momenti, inizia il viaggio verso la propria storia. Domande in cerca di risposte. Ricordi da assegnare ad un tempo già andato. Sensazioni e odori rivisitati dalla memoria e dal desiderio di volere, in quella realtà, tornare indietro e comprendere. È un viaggio nella memoria dell’isola, dal linguaggio della cultura popolare, particolarmente emozionante, nonostante alcuni passaggi a vuoto, meno convincenti (soprattutto nei momenti di affronto e confronto profondo con il multidimensionale…), che fanno calare la tensione, indebolendo la complessità insita nel racconto.

Regia: Giuseppe Carleo
Interpreti: Maziar Firouzi, Marilù Pipitone, Serena Barone, Maurizio Bologna, Alessio Barone, Sergio Vespertino, Claudio Collovà, Vincenzo Amato, Cesare Biondolillo, Loredana Marino, Liliana Marciante
Distribuzione: Artex Film
Durata: 109’
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2
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Il voto dei lettori
3.6 (5 voti)
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