La canzone del mare, di Tomm Moore
La canzone del mare di Tomm Moore guarda alle favole del Nord Europa e a Ponyo sulla scogliera di Miyazaki, rubandone l’impianto narrativo, depurandolo da ogni venatura dark.
Vedendo il cinema nel modo più elementare possibile,
fare cinema è fare con suoni ed immagini.
Hernán Rosselli
L’acqua taglia lo schermo come lame. Gocce di pioggia bruciano il viso al vento del nord. Linee lunghe e rigide emulano, come le Japonaiserie: pont sous la pluie di Van Gogh, le pitture-incisioni di Utagawa Hiroshige. Il disegno stilizzato, quasi fosse un dripping di Jackson Pollock, sgocciola sulla tela in 2D riverberi delle lunghezze di Mulan ed Hercules di casa Disney e delle geometrie firmate Vasilij Kandinskij. La tela è vivamente iconografica coperta, in ogni suo angolo, di oggetti e colori simbolici.
Gli oggetti sono gli elementi naturali: mare, agenti atmosferici, alberi, le rune celtiche disegnate a tratti rigidi cui è affidato il compito di esplodere in valori simbolici opposti. In questo quadro naturalistico si pianta la voce senza suono della piccola Saoirse, 6 anni appena. La natura di Saoirse è la Natura. Una natura che vive attraverso una favola nordica estratta vivida da quel patrimonio di leggende irlandesi, che parlano lingua selkie, ‘idioma’ che narra di creature mitologiche, le foche che alla luce della luna possono diventare donne e che, nella sua revisione attuale in 2D, sprigionano la loro forza intrinseca (il canto) solo accompagnate dal mantello con cui sono nate. La glottide piatta della bambina cela il suono rotondo che risveglia le forze della natura come i disegni alfabetici delle rune nordiche risuonano la rotondità delle energie creatrici. La retta esplode nella curva.
I colori provengono direttamente dalla scala cromatica dei lavori di Kandinskij (ancora una volta). I gialli, rossi, verdi, marroni, neri accesi si fanno rigida messa in scena nella degradazione degli stessi a tonalità più fredde (primo climax) fino alla nuova accensione (speranzosa) di tonalità più calde: un’aurora boreale che scorre arancione (climax finale). Il caldo si fa freddo e poi ritorna ad essere caldo. In fin dei conti la storia non è originale, colma com’è di riferimenti alle favole del Nord Europa, da Pollicino di Charles Perrault ad Hansel e Gretel dei fratelli Grimm (i bambini ‘abbandonati’, il seminare ‘briciole’ per ritrovare il sentiero, il cattivo di turno), o anche al giapponese Ponyo sulla scogliera di Hayao Miyazaki (il mare, la sua potenza e una creatura a metà). Da questi, inoltre, Song of the Sea “ruba” l’impianto epurato da ogni ‘sporcatura’ dark (che pure nelle favole nord europee e nello stesso Miyazaki esiste come struttura di fondo).
Titolo originale: Song of the Sea
Regia: Tomm Moore
Interpreti: David Rawle, Brendan Gleeson, Lisa Hannigan
Distribuzione: Bolero Film
Durata: 93′
Origine: Irlanda/Danimarca/Belgio/Lussemburgo/Francia 2014