"La cena per farli conoscere", di Pupi Avati

Avati non piace più. E' come se il suo cinema, con il trascorrere degli anni si fosse sgonfiato, svuotato di quei segni capaci di emozionare.

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Puntuale come un orologio svizzero arriva nelle sale l'ultimo film di Avati che sforna il suo trentunesimo lungometraggio chiamando come attore protagonista nuovamente Diego Abatantuono, alla sua terza collaborazione – dopo Regalo di Natale e La rivincita di Natale – con il regista emiliano. Avati non piace più, ha perso quella capacità di raccontare che contraddistingueva i suoi film, pensiamo a Regalo di Natale e Impiegati, le sue opere migliori insieme agli horror padani La casa dalle finestre che ridono e Zeder. E' come se il suo cinema, con il trascorrere degli anni si fosse sgonfiato, svuotato di quei segni capaci di emozionare. Salta subito alla mente Regalo di Natale, imbevuto di significati mortiferi e malinconici di grande impatto emotivo e andando più indietro nel tempo, La casa dalle finestre che ridono, dove con una messa in scena scarna ed essenziale, si evocava un terrore "genuinamente spaventoso", fatto di atmosfere cupe, cascinali diroccati e leggende contadine. Il suo nuovo lungometraggio non si discosta, qualitativamente dagli ultimi lavori presentati. La storia vede come protagonista Sandro Lanza (Diego Abantatuono), ex attore di cinema di serie B e ora interprete di una soap opera – sfigurato a causa di un intervento di chirurgia plastica non riuscito – che tenta un plateale suicidio per far tornare l'attenzione dei media sui di sé, occasione buona anche per incontrare le sue tre figlie sparse per l'Europa, Ines (Ines Sastre), Clara (Vanessa Incontrada) e Betty (Violante Placido). Le tre sorelle però non sono entusiaste di rivedere un padre che per troppo anni è stato assente e decidono così di organizzare una cena con Alma Kero (Francesca Neri) per "farli conoscere" e sbarazzarsene. Soggetto indubbiamente interessante che però Avati non riesce a far rendere dal punto di vista cinematografico. L'incipit è già di per sé segno inequivocabile di quale direzione prenderà il film: vengono mostrate le tre sorelle nel quotidiano, tra Parigi, Madrid e Roma e si evidenzia tutta la loro infelicità e insoddisfazione, ma questi sentimenti non sono supportati da un impianto visivo capace di dar corpo a questa infelicità. Le immagini paiono come svuotate, prive di quella forma capace di trasmettere allo sguardo la sensazione di "mancanza", intesa appunto come incompletezza di un'esistenza che ha smarrito il significato della gioia di vivere. Lo stesso Abatantuono, nella sua interpretazione dimessa, non crea alcuna empatia emozionale, a causa di una recitazione sin troppo controllata, fredda e priva di sfumature: non riesce ad emergere la contraddittorietà di un uomo che ha dato la vita per lo spettacolo, sacrificando gli affetti, senza riuscire ad esserne premiato. Molte sequenze danno anche l'impressione di essere letteralmente troncate senza una causa precisa, quando invece necessitavano ancora di essere prolungate e sviluppate. Solo un paio di momenti ricordano l'Avati di un tempo: la cena e la passeggiata notturna di Lanza lungo le strade di una Roma natalizia. In queste due sequenze riemerge il cinema del regista fatto di atmosfere veramente malinconiche, dove a parlare sono gli sguardi, i movimenti dei corpi stanchi e sconfitti ed i silenzi capaci di raccontare una vita intera.

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Regia: Pupi Avati


Interpreti: Diego Abatantuono, Ines Sastre, Vanessa Incontrada, Violante Placido, Fabio Ferrari, Renato Cortesi


Distribuzione: Medusa


Durata: 99'


Origine: Italia, 2006


 

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