"La città invisibile", di Giuseppe Tandoi

la città invisibileLa tecnica c’è e si vede. Tandoi sa come usare la macchina da presa e sa come far muovere gli attori. E si vede la sua passione per il cinema e per la città che l’ha adottato

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la città invisibileLa vita in una tendopoli a L’Aquila dopo il terremoto dell’aprile 2009. In particolare la vita di un gruppo di giovani che cercano, ognuno a modo suo, di trovare la propria strada senza perdere la speranza. C’è il ragazzo che studia medicina per assecondare il papà primario ma che vorrebbe tanto essere una rock-star. C’è il suo batterista sopra le righe, sorta di giovane Belushi d’Abruzzo. C’è la ragazza viziata, figlia di ricchi commercianti, che si innamora del romeno che le ha salvato la vita e che fa il muratore nonostante la laurea in ingegneria. C’è la ragazza occhialuta e studiosa, che vuole fare il medico per salvare il mondo. E poi un prete moderno e un nonno che, come un novello barone rampante, si inerpica su un albero e non vuole più vivere sulla terra.
E’ vero. Parlare di L’Aquila non può voler dire sempre e solo documentario o reportage. E’ vero ed è giusto che ci sia altro. Che ci sia il cinema che racconti quello che è successo e che sta ancora succedendo. E non sempre, per forza, in modo drammatico.
Un regista giovanissimo, non aquilano di nascita ma deciso a viverci. Una troupe altrettanto giovane. E l’obiettivo di raccontare la città invisibile che non si arrende e che continua a vivere e a sperare. Obiettivo raggiunto, anche se in modo non molto convincente. Il film risente di un’eccessiva edulcorazione; non tanto nel plot, ma nei dialoghi, nella caratterizzazione dei personaggi e nelle immagini. Ci sono due ottimi attori come Riccardo Garrone e il giovane Nicola Nocella ( “Il figlio più piccolo”) nei ruoli, rispettivamente del nonno-barone rampante e di Remo, il batterista belushiano. Il comico Gabriele Cirilli nella parte di Don Juan è bravo e credibile, così come Barbara Ronchi e Roberta Scardola, nonostante i ruoli alquanto stereotipati. La scelta di Leon Cino, ex ballerino di “Amici” nel ruolo del romeno Sorin risulta tutto sommato azzeccata, mentre Alan Cappelli (Luca, lo studente-rockettaro), belloccio Tim per i patinatissimi e giovanilissimi spot di Gabriele Muccino di qualche tempo fa, con la sua cadenza riminese e il suo appeal pubblicitario, non riesce proprio a convincere. Sarebbe stato bene evitare proprio quell’effetto visivo alla Mtv che francamente risulta un po’ disturbante, soprattutto nelle scene della band che suona, così come certe frasi “giovani” (….”dammi il five alto”).
L’intento è ammirevole, ed è evidente che Tandoi, pugliese trasferito a L’Aquila per frequentare l’Accademia dell’Immagine, creda fortemente nel bisogno di dare un piccolo contributo alla ricostruzione.
La tecnica c’è e si vede. Tandoi sa come usare la macchina da presa e sa come far muovere gli attori. E si vede la sua passione per il cinema e per la città che l’ha adottato. Speriamo che questo sia, per lui come per L’Aquila, l’inizio di qualcosa di importante. Nel frattempo “La città invisibile” uscirà in Abruzzo in concomitanza con la Festa della Perdonanza, a fine agosto.
Il 10% degli incassi sarà devoluto al restauro della chiesa di S.Maria degli Angeli.





Titolo originale: id.

Regia: Giuseppe Tandoi

Interpreti: Alan Cappelli, Barbara Ronchi, Roberta Scardola, Leon Cino, Nicola Nocella, Luis Molteni, Bruno Crucitti, Gabriele Cirilli, Riccardo Garrone

Distribuzione: Iris Film

Durata: 86’

Origine: Italia, 2010

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