La conversazione, di Francis Ford Coppola

Palma d’oro al Festival di Cannes del 1974, caratterizzato da un incredibile lavoro sul montaggio sonoro fatto da Walter Murch, è il film più personale di Coppola.

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Un film sul senso di colpa ma anche sull’impossibilità a decifrare i rumori di fondo del mondo contemporaneo. Il progetto originale del film stava nel cassetto di Francis Ford Coppola sin dalla metà degli anni ’60 ed è il successo de Il Padrino (1972) che spinge la Paramount ad investire nell’operazione. Il film più personale di Coppola, il più intimo, quello in cui il cuore di tenebra non è nascosto nelle grandi saghe familiari mafiose o nelle allucinazioni della guerra del Vietnam, ma in un malinconico detective privato che ha smarrito il senso del suo percorso.

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Il nucleo centrale del rimorso implode in Harry Caul (Gene Hackman) che sopporta il pesante fardello di una strage familiare compiuta tempo prima a New York, proprio sulla base di alcune sue intercettazioni ambientali. La sindrome paranoica che colpisce Harry non è un riflesso del contemporaneo scandalo Watergate ma deriva dalla possibilità di passare da soggetto investigante ad oggetto di investigazione.

Il lungo piano sequenza iniziale (che ispirerà Brian De Palma per il suo Blow Out) è già una descrizione del rapporto di Harry Caul con il mondo circostante, mentre alle voci della folla in Union Square a San Francisco, si sovrappongono gli effetti distorti audio di diverse intercettazioni ambientali eseguite da tecnici del suono che assomigliano a killer professionisti. Harry ha bisogno di un filtro per decifrare la realtà, quello che si vede e che si sente può essere ingannevole, frammenti sonori ritornano improvvisi e sembrano rivelare misteri ed intrighi. Nella mente del detective avviene la ripetizione incessante della stessa conversazione mentre la macchina da presa fissa negli interni assomiglia più a una telecamera di videosorveglianza. Harry suona il sassofono (riconosciamo Sophisticated Lady di Duke Ellington) nelle stanze deserte quasi a coprire il dolore con le note; cerca un senso, un dettaglio, un indizio tra le frasi interrotte. Ma come in Blow Up di Antonioni più si cerca di ingrandire il particolare più sfugge il senso del tutto e la realtà capovolge i ruoli rendendo le vittime dei carnefici.

Coppola insiste molto sulla fragilità della privacy di Harry di fronte alle intrusioni del mondo: il suo rapporto con la fidanzata Amy (Teri Garr) che si è stancata di stare in perenne lista d’attesa, i contrasti con il collega di lavoro Stan (John Cazale) che cerca invano di carpirne i segreti della professione, la mezza confessione alla hostess Meredith (Elizabeth MacRae) ad una festa privata nel desolato magazzino/laboratorio. Quest’uomo è talmente disadattato che non si toglie l’impermeabile neanche quando si trova a letto con Amy, e viene disintegrato da un sistema di potere (il direttore Robert Duvall e il mefistofelico Martin Stett/Harrison Ford) che identifica nella sua paranoia il luogo di minore resistenza per cancellarne la personalità. Harry spia le vite degli altri volendosi nutrire di emozioni a lui precluse: nemmeno la confessione ad un prete lo calma per un istante, anzi il senso di colpa si autoalimenta. Il suo ricorso alla fede religiosa è dettato da questo profondo terrore. In un sogno rivive non solo le paure ancestrali di bambino (“ero molto malato e il medico aveva detto che non avrei camminato più”) ma i sensi di colpa del presente, con la figura della donna in pericolo immersa in una coltre di nebbia. Non ha paura della morte, ha paura di un nuovo assassinio. Si precipita nell’hotel perché vuole evitare un nuovo bagno di sangue (l’immagine del water traboccante di liquido rosso rimane impresa nella memoria). Ma niente è come sembra.

Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes del 1974, caratterizzato da un incredibile lavoro sul montaggio sonoro fatto da Walter Murch, La conversazione è una rivisitazione personale del disagio dell’individuo di fronte alla mistificazione della realtà con dichiarate influenze da Il lupo della steppa di Hermann Hesse. L’isolamento si traduce in impossibilità ad avere un confronto costruttivo con il mondo. Harry è adesso un animale sperduto e tutto gli sembra estraneo e incomprensibile, non può che vedere la distruzione del suo piccolo bozzolo di seta e si siede arreso a suonare il sax: la splendida carrellata semicircolare registra crudelmente la follia di un uomo che ha trasformato i capricci e le ambiguità della vita in sofferenza ed inferno personale.

 

Titolo originale: The Conversation
Regia: Francis Ford Coppola
Interpreti: Gene Hackman, Frederic Forrest, John Cazale, Allen Garfield, Cindy Williams, Michael Higgins, Elizabeth MacRae, Teri Garr, Harrison Ford
Durata: 115′
Origine: USA, 1974
Genere: thriller

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.8 (5 voti)
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