La coppia dei campioni, di Giulio Base

E se una parte di noi volesse fingere di non ricordarsi la maledizione, come se fossimo nati nel 2000, fossimo dei millennials che conoscono Max Tortora per I Cesaroni ma ignorano Max Cipollino?

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Boldi mi faceva ridere più di chiunque. “Con i denti gialli”, diceva, “ci vuole la cravatta marrone.” Creava dei circuiti di non senso fantastici, che come lui non sapeva fare nessuno. Faceva ridere di pancia. Poi questo suo meraviglioso talento comico l’ha, non so perché, dilapidato. Ha cominciato a imitare Villaggio, faceva le stesse linguette, si accontentava di recitare per stereotipi come un cartone animato stravisto, quando prima era geniale.Christian De Sica, Figlio di papà

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La mia battuta preferita di tutto il film è una barzelletta che Massimo Boldi racconta mentre è a cena con Tortora e le due hostess (la bionda e la mora) dalla scollatura procace. Il comico finge di alzare la cornetta formata da pollice e mignolo di un telefono invisibile: “Pronto, Sip? Nop! Tak!” e riaggancia. Siamo dalle parti dei “circuiti di non senso fantastici” di cui parla De Sica qua sopra. Solo che nessuno ride, e Tortora si mette le mani in faccia: “ma che fa, me rovina la serata?”.
E’ probabile che con parecchio pubblico giovane che conosce Tortora per I Cesaroni ma ignora Max Cipollino bisognerebbe perdere un po’ di tempo per spiegare che cos’era la Sip e magari anche cosa vuol dire quel gesto con le mani (riattaccare la cornetta di un telefono, oggi???), e così finiremmo malauguratamente per distogliere l’attenzione dalla parentesi più classicamente “cinepanettoniana” di tutto il film, l’avventura viennese con escort in generosi topless, Massimo Ceccherini pappone fuori controllo con il lettore di carte di credito per i pagamenti, e Tortora di pura gloria romanesca nelle risposte coatte al lessico teutonico (“Entschuldigung?” “Stocazzo!”).

Ma forse una parte di noi vuole veramente distrarsi, far finta di nulla, fingere di non ricordarsi un’intera tradizione che pare sempre di più una maledizione, come se fossimo nati nel 2000, fossimo dei millennials che hanno sostituito Er Monnezza con lo Zingaro di Marinelli.
Solo che anche così facendo, una volta spiegata la barzelletta di Boldi torneremmo a posare gli occhi sullo schermo proprio in concomitanza con la virata sui buoni sentimenti a cui Base tiene così tanto, e ci troveremmo di fronte al ralenti di Old Cipollino che ricorda i momenti felici con l’amico ora perduto, alle partitelle di pallone nei campi con i ragazzini gaudenti, al sotterfugio brillante che risolve l’inghippo e al parto luminoso di una bellissima bambina.
D’accordo, ho capito l’ammiccamento: è quello il vero trofeo conquistato dai protagonisti, vero? D’altra parte Tortora, la sua madre anziana rincoglionita e la moglie burbera dal cuore grande in fin dei conti combattono soltanto come possono la battaglia quotidiana di Tor Pignattara.

Forse allora facciamo meglio ad aggrapparci alla barzelletta di Boldi, e a questo suo personaggio di milanese terribile, mostruoso, squisitamente antipatico, sempre pronto a piazzare sul tavolo la boria delle banconote da 100 e delle mille carte platino con cui comprare donne e privilegi. Una figura odiosa che affronta una redenzione solo apparente, se è poi l’ennesimo escamotage grossolano a fargli salvare il posto di lavoro. Un tipo, come dicono quelli che mettono i giudizi in fondo alle recensioni dei film con brevi formule, assolutamente “da evitare”.

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