"La cosa", di Matthijs van Heijningen Jr.


Poteva essere un interessante update sul lavoro del genio Rob Bottin, trasformando le sue mutazioni artigianali in un'orgiastica materia digitale di corpi e pixel: invece il prequel del capolavoro Carpenteriano non riesce mai a vivere di vita propria, sposando una concezione di cinema horror senza troppi stimoli e idee. Certamente non il peggior rifacimento in circolazione, ma comunque un film destinato a svanire senza lasciare traccia

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Ora che il cinema di Carpenter (come quello di Romero, di Craven, del primo Tobe Hooper e, più in generale, di tutto l’horror che conta degli anni settanta e ottanta) è stato metabolizzato, fagocitato e cannibalizzato dal virus spietato dei remake, ci si rende davvero conto di quanto questo movimento sia stato grande e fondamentale: anzi, irripetibile. Non che ci fosse bisogno di capirlo ora, ma guardando ai rifacimenti dell’ultimo decennio si acquisisce piena consapevolezza di quanto poco (o nulla) essi abbiano lasciato nell’immaginario collettivo. Anche quando questi si sono in realtà dimostrati buoni, se non ottimi, come l’intelligente e stratificato Halloween – The Beginning di Rob Zombie: una volta terminata la coda ai botteghini e l’eventuale tam tam mediatico, il remake sembra come svanire dentro la propria bolla di evanescenza, restituendo il posto all’originale, al Mito. Come se il suo compito si riducesse solamente a questo: a preservare la memoria storica (oltre, naturalmente, alla componente economica e commerciale di suddette operazioni). Quindi mettiamo subito le mani avanti, e partiamo dalle conclusioni: chi si ricorderà, tra dieci anni, di questo La cosa datato 2011? Presumibilmente, nessuno. Mentre invece il capostipite di Carpenter (a sua volta un remake, certo, ma pensato in un contesto completamente differente) avrà ancora il suo posto d’onore, là, insieme agli altri grandi titoli ed autori del suo tempo. Banale a dirsi, è vero. Ma su questo ne siamo certi, senza peccare minimamente di presunzione.

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Così come – a dire il vero – non pecca poi  tanto di presunzione neppure Matthijs van Heijningen Jr., dal momento che il suo film è in realtà un prequel e non un remake in senso stretto: racconta cioè gli avvenimenti precedenti l’arrivo di Kurt Russell e soci nella base antartica norvegese, spiegando cosa sia avvenuto e come, in seguito alla scoperta di un astronave aliena sepolta tra i ghiacci (rivisitando esplicitamente l’originale solamente sui titoli di coda, sulle note dell’immortale tema di Ennio Morricone).

Peccato però che tutta la pellicola non riesca mai a vivere di vita propria, subordinata com’è alle idee e alle suggestioni del film del 1982: là dove gli straordinari effetti (artigianali) del genio Rob Bottin riuscivano a sposarsi alla perfezione con la poetica Carpenteriana, effettuando uno studio sui corpi e le mutazioni dell’identità che si iscriveva perfettamente all’interno degli anni Ottanta, van Heijningen Jr. cerca di aggiornare il tutto all’era del digitale, permettendosi di fare con la CGI tutto quello che risultava impossibile trenta anni fa. Infatti, La cosa 2011 è un tripudio di carni violentate e mescolate tra loro a suon di pixel, senza però che questo si trasformi in qualcosa di compiuto: poteva essere l’interessante update di una filosofia di concepire il genere e i corpi, invece è solamente il canonico esempio di un cinema horror senza troppi stimoli e idee. Finanche godibile e senza scivoloni (sarebbe a dire: c’è molto di peggio in giro), ma così trattenuto, così ancorato a certi luoghi comuni, che davvero scivola via senza lasciare nulla.

 

Titolo originale: The Thing
Regia: Matthijs van Heijningen Jr.
Interpreti: Mary Elizabeth Winstead, Sam Carter, Joel Edgerton, Ulrich Thomsen
Distribuzione: Universal
Durata: 103’
Origine: USA, 2011
 
 
 
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