La dernière séance, di Gianluca Matarrese

Vincitore del 15esimo Queer Lion Award, il film è un lavoro di estrema introspezione volto a scardinare alcuni cliché relativi al mondo BDSM. Alla Settimana della Critica di #Venezia78

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La dernière séance è uno di quei film che nei primi minuti amano trarre in inganno. Scene esplicite, pratiche sadomaso, il regista stesso a parteciparne come protagonista, chat erotiche. Gianluca Matarrese sembra quasi divertirsi nello scandalizzare lo spettatore, facendolo entrare immediatamente e mettendolo a proprio agio nel rapporto sessuale ed amoroso fra lui e il protagonista effettivo del film, Bernard. Ma La dernière séance con lo scorrere dei minuti diventa un manifesto intimo e delicato, ma non per questo timido, di un mondo che fin troppe volte sul grande schermo risulta vittima di stereotipi.

Bernard, sessant’anni inoltrati, è un uomo dalla vita che trabocca di avvenimenti che non potevano far altro che essere raccontati dal cinema. L’uomo diventa l’emblema di un incontro fra una vita sessuale e sentimentale esuberante e allo stesso tempo una rara sensibilità e dolcezza, elementi che lo rendono il protagonista perfetto per la narrazione di se stesso. Il punto di partenza per la storia di Bernard è la sua scelta di trasferirsi in una nuova casa. Ovviamente questo porta ad una serie di riflessioni sul passato, sulla sua famiglia, sulle esperienze dolorose che lo hanno segnato. La ricerca di una sessualità estrema come antidoto alla morte che imperava. Anni ’80, AIDS: Bernard è il “sopravvissuto” di una guerra che si combatteva contro se stessi il proprio corpo e come tale ha dovuto dire addio a tanti attorno a lui, morti nei loro trent’anni: tra questi, ovviamente, gli uomini che più ha amato.

Una tematica ricorrente all’interno de La dernière séance è la cura, l’attenzione verso l’altro. Quando Bernard cerca di spiegare perché alcuni uomini non solo accettino, ma cerchino disperatamente di essere sottomessi (il suo ruolo infatti è sempre stato quello di dominatore), spiega: “hanno bisogno che qualcuno si prenda cura di loro”. E chiaramente il rapporto fra Bernard e le sue due gatte, il quale con l’andare avanti del film diventa centrale, è tutto giocato su questo, da entrambe le parti: “Venite a coccolarmi” chiede ad un certo punto l’uomo, ribaltando i ruoli. Come chiusura a questo cerchio, Matarrese inserisce sul finale una scritta: “Mi prenderò cura di te, non preoccuparti”, la quale rappresenta di nuovo l’ennesima ricerca di una protezione che viene da qualcun altro. Ed è proprio il finale, esattamente come l’apertura a fare di La dernière séance un’opera così classica e così moderna allo stesso tempo. Si chiude infatti il capitolo di Bernard, come in un grande teatro dentro il quale è stato l’unico, indiscusso protagonista, seppur sempre accompagnato dall’occhio di Matarrese, che ne ha permesso così la manifestazione. Ora però quello sguardo è costretto a spostarsi, a raccontare una nuova storia, a farsi carico di un altro peso e così via, perché questo è il destino del regista e La dernière séance, con il suo ultimo colpo di coda, sembra onorato di ricordarcelo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8
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Il voto dei lettori
2.67 (6 voti)
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