La dolce arte di esistere, di Pietro Reggiani

la dolce arte di esistere
La vena documentaristica e sghignazzante continua a caratterizzare le scelte cinematografiche di Pietro Reggiani che questa volta è troppo innamorato della sua creatura da non essere capace di tagliarne delle parentesi che l’avrebbero resa più preziosa, costringendola invece ad una continua ripetizione dello stesso motivo

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la dolce arte di esistereLa vena documentaristica e sghignazzante, che già aveva segnato il corto del 1997 candidato al David, Asino chi legge, continua a caratterizzare le scelte cinematografiche di Pietro Reggiani, al secondo lungometraggio dopo L’estate di mio fratello, film in cui a prevalere erano la vena magica e immaginifica, brillante nella capacità di sfruttare al meglio la scarsezza dei mezzi. Questa volta Reggiani ha qualche mezzo in più (il film è stato girato grazie ad un'operazione di crowdfunding) e una sceneggiatura ricchissima e straripante di ambienti e personaggi – identificati nei titoli di coda dalla battuta a loro assegnata – che passano per la storia anche solo per qualche secondo –  tra questi anche Salvatore Esposito (il Genny Savastano della serie Gomorra) e Rolando Ravello (già protagonista di Asino chi legge). 

Protagonisti del film sono due giovani affetti da un disturbo psicosomatico, quello dell’Invisibilità, conosciuto nella società in cui è ambientato il film al pari di un raffreddore
. Massimo (Pierpaolo Spollon) fin da bambino è stato troppo seguito dai genitori, come conseguenza scompare ogni volta che sente anche minime attenzioni su di sé; Roberta (Francesca Golia) al contrario è sempre stata troppo ignorata dalla mamma e dal papà (simpaticamente interpretati da Anita Kravos e Pietro Bontempo) che, con la scusa di lasciarle la giusta libertà, l’hanno sempre abbandonata a se stessa, al punto da spingerla a scomparire ogni volta che nessuno le rivolge attenzioni. Le loro storie sono naturalmente destinate a incontrarsi, anche grazie a una serie di aiutanti, nonostante un mondo allo sbando proprio come il nostro: Roberta, per esempio, viene presa ad un reality dal quale presto gli altri concorrenti la eliminano non trovando in lei nulla di interessante e dopo il quale molti uomini pensano di essere attratti da lei ma, una volta conosciutala, si tirano indietro. 

Il film si apre proprio come un documentario etnografico, a mo’ di parodia, in cui la voce di Carlo Valli descrive il comportamento di queste strane creature
attraversando la loro infanzia, adolescenza e arrivando poi al presente. Questo dolce narratore si rivela fondamentale in un’opera pervasa esclusivamente di emozioni che in molti casi sono necessariamente stilizzate e quindi “spiegate”. La potenza comica e nuova della prima parte del film tuttavia si perde nella ridondanza della seconda parte che incastra anche gli attori, soprattutto Pierpaolo Spollon, in una continua ripetizione dello stesso motivo che poi, quasi all’improvviso, trova soluzione nel finale.
E’ come se Pietro Reggiani fosse troppo innamorato della sua creatura da non essere capace di tagliarne delle parentesi che però l’avrebbero resa più preziosa. 
 
 
 
 
Regia: Primo Reggiani
Interpreti: Francesca Golia, Pierpaolo Spollon, Claudia Amato, Edoardo Olivieri, Asya Pignanelli, Anna Ferraioli Ravel, Sara Putignano, Anita Kravos, Piero Bontempo, Beatrice Uber, Giuliano Comin, Rolando Ravello, Francesca Cuttica, Salvatore Esposito, Carlo Valli
Durata: 96’
Origine: Italia, 2015
Distribuzione: Adagio Film
 
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