La fattoria dei nostri sogni, di John Chester

Documentario riuscito che accoppia l’etica dell’agricoltura biologica con l’estetica di una rappresentazione eterogenea che spazia dalla ripresa con drone al filmino amatoriale

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John Chester è un regista documentarista già autore di diversi cortometraggi che hanno avuto come soggetto il comportamento animale all’interno di un ecosistema (Super Soul Sunday ha vinto numerosi Emmy Awards). Mentre negli ultimi 260 anni il 46% delle nostre foreste è stato distrutto e un terzo del terreno fertile è andato perduto, ogni tentativo di ripristinare un equilibrio con la natura va al di là di ogni credo politico e religioso, diventa ormai imperativo categorico per la nostra stessa sopravvivenza.
La fattoria dei nostri sogni (The Biggest Little Farm) è la cronistoria lunga 8 anni di un progetto apparentemente utopistico: complice il molesto cane Todd, John e la moglie Molly decidono di abbandonare la città, di stabilirsi in una zona semidesertica a nord di Los Angeles e di sfruttare 200 acri di terreno per mettere su una fattoria ecosostenibile in perfetto equilibrio con la flora e fauna del luogo.

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Due sono i punti di forza dell’operazione: il primo è la descrizione di come ogni elemento sia legato ad un altro in una catena invisibile. Le tante piantagioni rendono il terreno più coltivabile, le feci dei maiali fungono da concime, le troppe lumache vengono mangiate dalle anatre, i rapaci possono limitare il numero di roditori, i cani difendono il gregge dagli attacchi del coyote, i microorganismi si occupano di trasformare i cadaveri degli animali in nuovo concime. John si rende conto osservando la natura che tutto si basa su un cerchio vitale in cui ogni elemento ha un suo scopo e significato. Sostenuto dalla moglie Molly e dal fido cane Todd, John realizza come ogni percorso di agricoltura biologica preveda obiettivi a lungo termine ed un sacrificio quotidiano: nonostante le ripetute sconfitte e un incendio che rischia di vanificare tutto il lavoro, riesce nell’impresa di non alterare con il proprio intervento il delicato ecosistema.
Nell’arco di 8 anni, anche grazie all’aiuto del guru Alan York mentore dell’operazione, John e Molly si prendono cura di ogni pianta e animale del sistema (si è arrivati a circa 850 animali e 75 varietà di coltivazioni biodinamiche), osservano, imparano, cadono e si rialzano, muovono i fili delle diverse interazioni in maniera da poterne ristabilire un rapporto con la Terra Madre. E quando John imbraccerà il fucile per sparare a un coyote si renderà conto che quel gesto ha un significato esiziale per i destini della fauna di Apricot Lane Farms.
L’altro punto a favore del documentario è lo stile delle riprese: animazioni, scene al rallentatore in time lapse, frame shot, inserti di girato amatoriale, riprese mediante droni: con una giusta distanza sia dalla tentazione patinata alla National Geographic che dalla politicizzazione del discorso ecologista. Questo stile crea un grande coinvolgimento nello spettatore che si schiera apertamente dalla parte della scrofa “Ugly Emmy” (il momento del parto è davvero indimenticabile), del cane Todd e di tutti i protagonisti di questo ciclo biologico.

Una parte carente nella narrazione riguarda le delucidazioni sull’aspetto economico: chi sono stati i primi finanziatori, a quanto ammontava la somma iniziale per un progetto così articolato nel tempo, e ancora quale è il budget che bisogna avere a disposizione per evitare il fallimento? Anche se molte di queste domande rimangono inevase, rimane intatta la spinta filosofica iniziale che porta la coppia a cambiare definitivamente vita rischiando in prima persona.
Vincitore di diversi premi in numerosi festival (Sedona, Palm Springs, Hamptons, Sarasota, Boulder), La fattoria dei nostri sogni è un documentario riuscito che accoppia l’etica dell’agricoltura biologica con l’estetica di una rappresentazione eterogenea che spazia dalla ripresa con drone al filmino amatoriale. Il segreto del sogno di John e Molly è una dedizione costante e la capacità di trasformare l’imprevisto in opportunità. Lunga vita alla Terra Madre.

 

Titolo originale: The Biggest Little Farm
Regia: John Chester
Distribuzione: Teodora
Durata: 91′
Origine: USA, 2018

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.5 (4 voti)
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