La festa del ritorno, di Lorenzo Adorisio
Dal romanzo omonimo di Carmine Abate, è più riuscito nei momenti evocativi piuttosto che in quelli in cui mostra direttamente i conflitti familiari ma trova comunque improvvise illuminazioni.
Nel segno della nostalgia. Ci sono i libri di scrttori francesi, le fotografie, cartoline della tour Eiffel, il gioco del Musichiere e brani come Non voglio nascondermi di Salvatore Adamo che sottolinea un ballo quasi ‘morettiano’ del protagonista con la sorella in uno dei momenti più intensi del film e Io sono il vento di Marino Marini che disegnano già un quadro d’epoca. C’è poi il paesaggio della campagna calabrese dove il tempo sembra essersi fermato mentre a Parigi la vita scorre velocissima.
Il dodicenne Marco, interpretato da Daniele Procopio (per la prima volta sullo schermo), sta crescendo in una famiglia di sole donne: la mamma, la nonna e la sorella Elisa, 20 anni, che studia all’Univesità di Cosenza. Il padre Tullio lavora in miniera in Francia per cercare di guadagnare il denario necessario per migliorare la vita della sua famiglia. Un giorno il ragazzino, che gira spesso accompagnato dal suo cane Spertina, scopre sua sorella in compagnia di un uomo molto più grande di lei che lo costringe a non dire nulla a nessuno. Così quando il padre torna a casa per la ‘festa del ritorno’ non riesce a dirgli nulla. Ma ogni incontro con quest’uomo – che salva la vita anche a Spertina dopo che è stata aggredita da un cinghiale – lo turba profondamente. E alla fine arriverà il momento della resa dei conti…
Per il suo debutto nel lungometraggio Lorenzo Adorisio, che è stato anche direttore della fotografia di Squadra Antimafia, Il Commissario Montalbano e Il paradiso delle signore oltre ad aver diretto il mediometraggio Chora, porta sullo schermo il romanzo omonimo di Carmine Abate (edito da Mondadori) per un film di segreti nascosti, di legami di sangue. Non c’è il contrasto padre/figlio di Comencini di Un ragazzo di Calabria ma una complicità, sottolineata dai silenzi di Marco il cui sguardo – che è probabilmente il principale punto di vista del film – è spesso appartato come nella scena della cena di Natale. A questa visione intima soggettiva si oppone la recitazione marcata, forse troppo presente, di Alessio Praticò, il bravo attore calabrese già visto, tra gli altri, in Antonia, Lo spietato e Il traditore.
Più riuscito nei momenti evocativi piuttosto che in quelli in cui mostra direttamente i conflitti familiari, La festa del ritorno ha comunque il merito di essere un film asciutto, attento a una ricostruzione di un’ambientazione che non deve essere solo paesaggistica ma soprattutto interagire con i protagonisti. Eccede talvolta nel sentimentalismo, non esplora pienamente tutta la parte della vacanza al mare e ritorno con la nonna dove Marco impara a nuotare, ma trova anche soluzioni originali come negli omaggi da cinema muto con didascalie negli slanci sentimentali parigini o le soggettive sfocate del giovane protagonista. Come Primadonna resta comunque ancorato alla storia da raccontare. E come nel film diretto da Marta Savina c’è una presa di coscienza. Non ha l’impeto del biopic di quel film ma ha improvvise illuminazioni (la valigia nel fuoco) dove talvolta riesce a prendere delle direzioni inaspettate rispetto alla strada già tracciata.
Regia: Lorenzo Adorisio
Interpreti: Alessio Praticò, Carlo Gallo, Anna Maria De Luca, Annalisa Insardà, Federica Sottile, Daniele Procopio
Distribuzione: Videa
Durata: 103′
Origine: Italia, 2023