La gente che sta bene, di Francesco Patierno

la gente che sta bene
Nonostante i tentativi encomiabili di Patierno, La gente che sta bene si rivela presto un ibrido disordinato. A causa del suo andamento schizofrenico, la pellicola è schiacciata tra le preoccupazioni commerciali dei produttori e il gusto personale del regista, non riuscendo cosi mai a trovare la propria strada

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Siamo sinceri: nonostante tutto il tentativo di Francesco Patierno è encomiabile. Forse perché ancora nostalgicamente legato allo spirito del suo, ormai lontano, esordio Pater Familias (opera prima dura e disperata), il regista napoletano continua anche dentro il “meraviglioso” e facile mondo della commedia a guardare alle realtà meno edificanti, colorando le sue pellicole del proprio cinismo. Dopo i ritratti del gioco d’azzardo ne Il mattino ha l’oro in bocca o dell’integrazione in Cose dell’altro mondo, Patierno questa volta si sposta a Milano ed entra nelle stanze dei grandi studi legali, nei saloni delle feste opulente di tutti quelli, la famosa “gente che sta bene” del titolo, che continuano a danzare storditi sull’orlo del baratro. Ad accompagnarlo in questo tragicomico tour, Patierno sceglie l’abietto e volgare avvocato Dorloni, interpretato da un Claudio Bisio al primo ruolo sgradevole della propria carriera.

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La scelta di un protagonista cosi riconoscibile e cosi “compromesso” con la nuova commedia italiana, smaschera in modo chiaro l’idea dell’autore di usare i mezzi e i volti del genere per fare qualcosa di profondo. Purtroppo, come in altre occasioni, le ottime e sacrosante intenzioni di Patierno vengono vanificate dall’andamento schizofrenico della storia. Schiacciato tra la forte volontà di mettere dentro molto del suo gusto personale (si veda un modo di pensare i dialoghi che tanto deve alla serialità americana) e le preoccupazioni commerciali dei suoi produttori, il film non trova mai la propria ragione d’essere, diventando alla fine un ibrido dove in modo disordinato e inefficace si alternano momenti neri (l’incidente) ad altri più leggeri (lo sciatto finale consolatorio).

Se Patierno fosse riuscito a trovare la propria strada e a percorrerla con coerenza, saremmo tranquillamente passati sopra agli altri difetti del film come i soliti errori di casting (diventati, oramai, un must del nostro cinema contemporaneo) o gli stanchi e ripetitivi riferimenti alla “grande tradizione della commedia all’italiana” (l’interpretazione di Bisio che, palesemente, guarda ad Alberto Sordi). Cosi, però non è stato, e alla fine, nonostante le buone intenzioni, non abbiamo altro che l’ennesima pellicola italiana.


Regia:
 Francesco Patierno
Interpreti: Claudio Bisio, Margherita Buy, Diego Abatantuono 

Origine: Italia, 2014
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 105'

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    2 commenti

    • Se davvero i produttori erano così preoccupati per i risvolti commerciali dell'operazione, mi chiedo cosa li abbia spinti, in primo luogo, a finanziare un altro adattamento di un romanzo di Baccomo, dopo il flop clamoroso di "Studio illegale".

    • Nonostante tutti gli sforzi non riesco minimamente a capire cosa possano avere in comune Bisio e Alberto Sordi. Né tanto meno cosa possa avere a che fare questo maldestro e purtroppo pretenzioso filmetto con la "commedia all'italiana".