La legge del terremoto, di Alessandro Preziosi

Non è un racconto dei sopravvissuti, non è un resoconto, né un’indagine, ma un quasi diario di appunti a volte piacevolmente disordinati. Da oggi in sala

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Non si vede più nessuno piangere il secondo giorno dopo il terremoto.
La fine di quello che c’era è una cosa accaduta in un tempo già lontano.
È cominciata un’altra cosa. Non si sa ancora che cosa sarà.
Gianni Rodari

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Non è un racconto dei sopravvissuti, non è un resoconto che si trasforma in indagine e non è neppure il racconto esclusivo dell’esperienza personale del suo autore, che avrebbe potuto costituire materia del suo film avendo vissuto il terremoto dell’Irpinia del 1980. La legge del terremoto diventa piuttosto un quasi diario di appunti a volte piacevolmente disordinati, a volte cronologici, ma sempre densi di quelle percezioni interiori che accompagnano le grandi tragedie collettive che si formano con l’accumulo di quelle private. Un film che sa diventare riflessione sulla costruzione del dopo terremoto.
Ma Alessandro Preziosi, anche con l’ausilio di noti personaggi della politica o di persone professionalmente dedite ai soccorsi dopo le catastrofi, indaga sugli effetti e sui ricordi dei terremoti, in quella lunga striscia di fratture temporali e geologiche che dal Friuli alla Sicilia hanno segnato e continuano a segnare il nostro Paese. Prova ad indagare sull’effetto del terremoto, come frattura delle vite, non solo quelle perdute, ma anche quelle ritrovate e quelle che dopo l’evento tragico hanno ottenuto altre opportunità. In altre parole il film di Preziosi – che assume a metafora il Cretto di Burri che copre come una coltre una parte dei luoghi del terribile terremoto del Belice, ricreando con il pieno del manufatto il vuoto del reticolo delle strade del paese – diventa un labirinto di ricordi e di immagini, di speranze e di auspici. Un labirinto inestricabile nel quale si mescolano, confondendosi tra desiderio di vita e cronaca del reale, tra realtà e fantasia, anche le immagini della piccola Eleonora Di Girolamo, salvata in quel terribile frangente del terremoto in Sicilia da un Vigile del Fuoco. È questa l’anima del film, quella che accompagna Preziosi nella sua ricerca di quel senso del dopo della vita con dentro la tragedia che il terremoto ha significato. È qui che diventa necessario immaginare quel dopo, quando agli occhi si offre lo spettacolo di un paese letteralmente sbriciolato, come Amatrice nel recente evento che ha colpito quei luoghi.

La legge del terremoto anche con l’uso sapiente delle immagini d’epoca, quelle che ci ricordano i terremoti che dal 1968 in poi hanno inciso profondamente nella storia di questo nostro Paese, indaga dunque sul passato, ma si fa occhio vigile sul futuro. Su quel futuro che è ricostruzione che nasce dal desiderio di restituire i luoghi a quel tempo antecedente alla tragedia, in un processo di rielaborazione della memoria come elaborazione del lutto. Sradicare il ricordo significa cancellare il passato, e la nuova Gibellina è l’esempio di una maldestra eradicazione della memoria. Il paese ricostruito secondo audaci concezioni è divenuto laboratorio di sperimentazione architettonica, ma desertificato dai propri abitanti. Tornano dunque utili e pregevoli le parole di Gianni Rodari, che servono a dare compiuto senso al film. Il nuovo, con il quale giocoforza il terremoto e gli altri simili eventi costringono a confrontarsi, diventa il terreno principale sul quale si gioca il tema della ricostruzione nella necessaria condivisione con i superstiti. La catastrofe porta allo stravolgimento e i segni che daranno forma al dopo sono sopiti nella silenziosa memoria collettiva, diffusa in quell’ordine sparso e disordinato, ma indispensabile.

Regia: Alessandro Preziosi
Diatribuzione: Istituto Luce – Cinecittà
Durata: 80′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (4 voti)
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