"La leggenda di Beowulf" – Il cuore di vetro di Robert Zemeckis

Zemeckis, grazie anche alla magistrale scrittura di Gaiman e Avary, filma le gesta del leggendario eroe dell’omonimo poema, ricorrendo ancora alla tecnica della Motion capture, il risultato è una fiaba ancestrale, intessuta da atmosfere gotiche e venata da un romanticismo nero, una fiaba malinconica e disperata, intima e catartica. Un’opera in nero con improvvise esplosioni di colore ancora più accecanti, e suoni ad un tempo morbidi e lancinanti

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La leggenda di BeowulfCome un cuore di vetro pronto a frantumarsi, ma anche trasparente per lasciar intravvedere le varie tonalità affettive della vita, o pronto a riflettere sfaccettate come in un prisma le forme, i colori, le linee e i suoni dell’esistenza, questo sembra essere sempre stato il cinema di Robert Zemeckis, e questo suo ultimo lavoro, La leggenda di Beowulf, ci appare come un altro calice di vetro incrinato dentro l’oscurità notturna. Eravamo rimasti ammirati, estasiati ma anche un po’ smarriti di fronte alla liquidità del sogno animato con Polar Express, eppure a guardare bene Zemeckis non ha mai smesso di cesellare i cuori imprimendovi il solco dei sentimenti, costringendo lo sguardo forse alla più assurda sinestesia: la prensilità, o almeno al desiderio di essa.

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Zemeckis, grazie anche alla magistrale scrittura di Neil Gaiman e Roger Avary, filma le gesta del leggendario eroe dell’omonimo e anonimo poema scritto in inglese antico attorno alla metà del VII secolo, ricorrendo ancora una volta alla tecnica della Motion capture, il risultato è una fiaba ancestrale, intessuta da atmosfere gotiche e venata da un romanticismo nero, una fiaba tanto malinconica e disperata quanto intima e catartica, costruita attorno a sguardi e corpi assenti, eppure così meravigliosamente presenti a se stessi. Un’opera in nero con improvvise esplosioni di colore ancora più accecanti, e suoni ad un tempo morbidi e lancinanti.

La leggenda di BeowulfZemeckis non si è mai allontanato dal suo cinema troppo nascosto e segreto, troppo struggente e intenso, per poter essere rivelato senza alcun dolore. E La leggenda di Beowulf è un rituale nero accompagnato dalla malinconica melodia di un madrigale cui si intrecciano impennate epiche (sottolineate dalle musiche di Alan Silvestri), che fanno da contrappunto all’irrompere improvviso del silenzio. Un epitaffio possibile solo dopo aver riplasmato humus e uomo (terra fertile e vita visitata dalla morte). In questo film l’anima si lacera, e con essa il corpo, per rivelarci qualcosa sulla vita e sulla morte, sulla colpa e sulla redenzione, mentre la meravigliosa danza delle scintille infuocate che bruciano l’aria sembra volerci richiamare alla materialità del dramma messo in scena.

Zemeckis con una impeccabile vena di fantaisiste incrocia immaginario mitologico e iconografia cristiana, con il suo splendido San Giorgio che sfida e abbatte il Drago, mentre ci crolla la terra sotto i piedi; o sembra ridipingere un meraviglioso e chiaroscurale affresco medievale con l’Arcangelo Michele che respinge nell’abissale oscurità della morte il Diavolo.

La leggenda di BeowulfCinema maturo e unico, che va diretto al cuore. Cinema che ricama un altro carteggio d’amore: avete mai letto Blaise Pascal?: “L’intelletto è predisposto a credere, il cuore ad amare. In mancanza di amori veri, a volte ci si volge ad amori falsi”. Con una passione estrema Beowulf racconta anche di questo amore deviato, date un’occhiata, se proprio non potete fare a meno di riflettere sulle singole sequenze del film, alla scena in cui il re Hrothgar promette in dono la coppa d’oro a Beowulf se costui riuscirà a liberare il suo regno da Grendel, forse è tutto fin troppo chiaro, ma il dono è la bella principessa Wealthow, se l’eroe non si lasciasse sviare dal proprio edonismo.

Con questo film Zemeckis amplia la distanza tra noi e il suo cinema, tra i nostri corpi e quelli da lui ricreati ma lo fa solo per renderli ancora più desiderabili, non resta che abitare questa distanza, per poter cogliere i tanti riflessi e le tante tonalità affettive del suo cuore di vetro. Allora più che assenti i suoi corpi ci appariranno, oggi più di ieri, desiderio di una prossimità eventuale; basterebbe qui ricordare ancora il carteggio percettivo tra Jodie Foster e il padre perso nel tempo o i dialoghi impossibili tra Tom Hanks e Wilson, limpidi esempi di quel bisogno dell’alterità sempre dirompente nel suo cinema, come in questa ballata dei sentimenti fatta di corpi da risognare o far rivivere donando loro la nostra carne e il nostro sangue… Dopotutto cosa c’è di più desiderabile di un corpo caldo. Qui. Ora. E del peccato sapere solo la noia.

 

Titolo originale: Beowulf
Regia: Robert Zemeckis
Interpreti: Ray Winstone, Anthony Hopkins, Angelina Jolie, Robin-Wright Penn, John Malkovich, Brendan Gleeson, Crispin Glover
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 114'
Origine: USA, 2007

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