La mafia uccide solo d’estate – Incontro con Pif


Presso il cinema Adriano di Roma il regista e autore televisivo Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha presentato alla stampa il suo film debutto cinematografico La mafia uccide solo d’estate, in concorso al Torino Film Festival 2013. Con lui era presente il cast del  film che uscirà in sala il 28 novembre

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Presso il cinema Adriano di Roma il regista e autore televisivo Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, ha presentato alla stampa il suo film debutto cinematografico La mafia uccide solo d’estate, in concorso al Torino Film Festival 2013. Con lui era presente il cast del  film che uscirà in sala il 28 novembre.

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Paolo del Brocco (produzione) in quante copie verrà  distribuito il film?

Wildside in collaborazione con Rai Cinema ha prodotto il film e lo distribuirà superando le duecento copie.

 

Pif, com’è nata l’idea di questo film? Un film che fa nomi e cognomi senza timore e allo stesso tempo è divertente. Già in passato film come Il Grande Dittatore hanno voluto trattare argomenti tragici ed importanti con un’intelligente leggerezza. Quant’è importante per te ridere di un argomento come la mafia?

Personalmente non mi sono ispirato ad alcun film in particolare. Con il programma Il testimone parlo spesso di mafia, ho iniziato da una brioche con il gelato per finire ad intervistare i figli delle vittime della mafia e nessuno si è mai lamentato. Quando faccio qualcosa, la faccio e basta senza domandarmi se sia giusta o sbagliata. Ricordo quando mi sono trasferito da Palermo a Milano, molti conoscenti mi chiedevano di raccontare la mafia. Alcuni personaggi come Salvatore Riina, un contadino analfabeta, sono rimasti nell’immaginario italiano creando un equivoco: la mafia è anche Michele Greco o Stefano Bontate, persone apparentemente distinte e gentili. Io faccio sempre quest’esempio: avete presente quando rivedete una vecchia foto anni ’80, magari di una bella ragazza? Per quanto bella possa essere, i vostri occhi, o almeno i miei, saranno sempre attratti dalle spalline. Un accessorio orrendo che però andava di moda. E voi vi chiedete come mai le spalline entravano nella mia vita e io non dicevo nulla? Ecco una domanda simile me la sono posta a Palermo. Com’è possibile che in quella città la mafia entrasse così prepotentemente nella vita delle persone e in pochi dicevano qualcosa? Sono state fatte indagini su indagini e a rivedere la situazione oggi, era già tutto chiaro fin da allora. La verità è che i siciliani o erano collusi o rinnegavano la pericolosità della mafia, creandosi così un alibi.

 

Come mai questa scelta di commistione tra commedia e fatti tragici, emotivamente coinvolgenti?

Marco Martani (sceneggiatore): Gli atti processuali hanno permesso di raccontare ciò che i mafiosi hanno dichiarato, qualcosa di tragico che fa tremare ancora oggi. Non c’è stata una vera e propria ricerca ma durante la scrittura siamo partiti da quei riferimenti e i toni sono venuti da soli.

Michele Astori (sceneggiatore): Ci siamo chiesti fin dall’inizio se si poteva ridere della mafia, eravamo preoccupati. Dovevamo capire su cosa e come scherzare ma in realtà, da palermitani, è stato come ridere di noi stessi. L’impresa è stata quella di riuscire a raccontare in modo intelligente le famiglie siciliane borghesi che hanno vissuto la mafia ma che si sono accorte della sua presenza solo quando la tragedia le toccava da vicino.

 

Nel film utilizzate molto materiale tra filmati e documentari che riflettono l’immagine reale del passato. Come avete lavorato?

Pif: La linea è stata affiancare alla vita del protagonista Arturo (che è ispirata alla mia e a quella di Michele) dall’infanzia all’età adulta, i fatti realmente accaduti. Non abbiamo voluto inserire le date perché è lampante lo scorrere del tempo anche dai vestiti che cambiano. L’esperienza incredibile è stata poter consultare le teche Rai: dovrebbero farci un museo! Vedere il funerale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa con sua figlia che arriva in taxi vuol dire molto. Per il mixaggio di finzione e realtà aspiravo al film Milk ma noi avevamo i nostri mezzi…però ce l’abbiamo fatta. Anche per le riprese in chiesa ho studiato le immagini di allora, ho preso una telecamera del ’92 e per ricreare quell’effetto ho costretto il direttore della fotografia Roberto Forza a muovere e far traballare la telecamera. Spero di essere riuscito a ricreare quell’atmosfera.

Marco Martani: Nella fase di scrittura del film abbiamo pensato che i funerali di Falcone e Borsellino avrebbero rappresentato il climax. Attraverso la sceneggiatura, sempre facendo attenzione alla coerenza, abbiamo tentato di valorizzare la storia parallela di Arturo.

 

Pif secondo te che percezione avranno i giovani del tuo film? Cosa vorresti far capire loro e che percezione c’è oggi della mafia?

Semplicemente racconto ciò che è successo. Ha colpito me che ho vissuto gli anni ’90 e penso che colpisca anche chi è nato dopo. Oggi la mafia è meno potente di allora, anche se senti parlare al nord certi politici che ricordano la Palermo degli anni ’70: non si vuole riconoscere la pericolosità della mafia. Rispetto a quegli anni la sua presenza è meno visibile e a maggior ragione lo Stato deve farsi sentire. L’emergenza della criminalità organizzata esiste sia al sud che al nord e la mafia silenziosa è quella più pericolosa.

 

Nel film è evidente la denuncia attraverso la satira. Quanto questa satira pungente può attirare il pubblico?

Pif: Io credo attiri molta gente. Banalmente posso dire che un ragazzino fa fatica a vedere un film “classico”. Per pubblicizzarlo poi avevo pensato di mascherarlo come un film per Natale, anche se le scorregge mi sono sembrate un po’ eccessive. Molto semplicemente raccontiamo una storia personale intrecciata con la storia del nostro paese, in una maniera diversa. Senza che la satira offenda mai la tragedia.

 

Avverti anche tu il livello grottesco in cui tutti sembrano vivere la mafia come un ricordo?

Io penso che Falcone e Borsellino sono stati isolati dallo stato e questo li ha portati ad essere ancora più ostinati. Oggi un Vito Ciancimino farebbe fatica a sopravvivere e ad essere Vito Ciancimino. Io sono ottimista perché la realtà è molto cambiata: esiste il movimento Addio Pizzo e ci sono ottocento commercianti che si rifiutano di pagarlo. Sono ottimista perché i pentiti hanno raccontato che vedendo gli adesivi di Addio Pizzo attaccati sui negozi, tiravano dritto perché sapevano che per loro sarebbe stata solo una rogna. A Mario ho subito detto: io il film lo voglio girare a Palermo ma il pizzo non lo pago, e così è stato.

 

Nel film si vede la morte di eroi e criminali. Come  avete lavorato?

Pif: Voglio dire che se non fosse stato per Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, Impastato noi non saremmo qui. Ricordo che su Cuore uscì il titolo: “Salvo Lima come John Lennon: ucciso da un fan impazzito”. Spero semplicemente di aver fatto distinzione tra i buoni e i cattivi e averlo fatto capire.

 

Cristina Capotondi, raccontaci la tua esperienza in questo film.

L’esperienza ha un connotato particolare. Non si possono prescindere quegli anni per poter capire la nostra realtà attuale. La mafia ha una sua fascinazione, persone spesso analfabete diventate criminali che hanno costruito uno stato parallelo. Ricordo che negli anni ’90 io e i miei genitori avevamo molta paura, non ci sentivamo al sicuro. Leggendo la sceneggiatura ho rivissuto quegli anni e credo che la storia di questo film sia la migliore degli ultimi tempi. Riuscire a raccontare con leggerezza  un argomento del genere, come fece Roberto Benigni col film La vita è bella, non è da tutti. E così facendo riesci ad arrivare ai giovani che ancora non possono leggere quegli eventi sui libri di storia ma che assolutamente devono conoscere.

 

Pif la scelta di presentare il film al Torino Film Festival è nata fin da subito?

Assolutamente sì ed è circa una settimana che non dormo. Tolto quest’ultimo punto, la scelta è stata presa da tutti noi.

 

Paolo Del Brocco come hai approcciato inizialmente al film di Pif?

Ho letto le prime due pagine della storia e ho trovato una perfetta aderenza con Rai Cinema. E’ un film diverso, intelligente che esce fuori da tutti i generi di. Ne avevamo profondamente bisogno. La Rai non si dedica esclusivamente ai film commerciali ma anche a quelli educativi. Proprio come questo.

Pif: Il fatto che la Rai ha prodotto e distribuito il mio film mi riempie d’orgoglio. Era la scelta più giusta.

 

 

 

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    Un commento

    • un film sulla mafia di un simpatichello televisivo, se ne sentiva davvero un gran bisogno