La maman et la putain, di Jean Eustache

Opera fluviale e viscerale che travolge tutti i dettami e le fondamenta di una “certa tendenza del cinema francese”. Per Daney il film francese più bello degli anni ’70. In sala da lunedì 13.

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Il fallimento della rivoluzione sessuale come metafora del fallimento del movimento del ’68. Siamo già nel periodo post Nouvelle Vague e i vari Truffaut, Godard, Rohmer sono macinati e polverizzati dalla poesia anarchica di Jean Eustache. La maman et la putain, vincitrice nel 1973 del Grand Prix della giuria a Cannes, è opera fluviale che travolge tutti i dettami e le fondamenta di una “certa tendenza del cinema francese” guardando alle contraddizioni esistenziali di personaggi che vivono molto al di sotto delle loro aspirazioni. Tra il pensiero e l’atto ci sta in mezzo la vita, con tutti i suoi fallimenti, rinunce, compromessi.

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Alexandre (Jean-Pierre Léaud) è un giovane di bassa estrazione sociale che passa il tempo bighellonando tra i bar di Saint-Germain-des-Prés e facendosi mantenere da Marie (Bernadette Lafont), una donna matura che possiede una piccola boutique in zona Montparnasse. Dopo essere stato lasciato da Gilberte (Isabelle Wiengarten), Alexandre intraprende una relazione con la infermiera Veronika (Françoise Lebrun) e decide di presentarla a Marie in un personale concetto di relazione aperta. La convivenza a tre sarà ben presto fonte di tensioni con litigi, tentativi di suicidio, processi sommari e gravidanze indesiderate.

C’è tantissima autobiografia in questa opera viscerale e sincera, al limite con l’autolesionismo. Il film è dedicato alla costumista Catherine Garnier che alla fine delle riprese si suicidò e il personaggio di Veronika è interpretato da Françoise Lebrun (l’abbiamo appena apprezzata in Vortex di Gaspar Noé) con la quale Jean Eustache aveva appena finito una relazione. Lo stesso regista nel novembre 1981 si suiciderà dopo avere dichiarato di avere sempre odiato il suo film più celebrato.

La rabbia di Jean Eustache prende forma in dialoghi lunghi, roventi, al limite del pornografico. Il bianco e nero è da film dell’orrore (vengono in mente Nosferatu di Murnau e Vampyr di Dreyer) e vi sono molti piani fissi. Molte le inquadrature di interni: Les Deux Magots, Il Café de Flore, la caffetteria Le Saint Claude, l’appartamento di Marie e il ristorante Le Train Bleu a La Gare De Lyon dove Jean-Pierre Léaud, citando Aurora di Murnau, fa un ardito accostamento tra l’arrivo dei treni da un lato e il paesaggio cittadino dall’altro.

Pur riconoscendo il tributo a grandi maestri come Renoir e Rivette (l’influenza di Out 1 è evidente), la poetica di Jean Eustache è più vicina allo stile semi-documentaristico di John Cassavetes  (Faces del 1968) e anche al furore iconoclastico del Bertolucci di Ultimo tango a Parigi; i due film vennero girati quasi contemporaneamente a Parigi nel 1972, quello di Eustache in sette settimane tra maggio e luglio, quello di Bertolucci da febbraio ad aprile).

Il titolo La maman et la putain è fuorviante perché non è riferibile ad alcun personaggio in particolare: è più la proiezione di un desiderio maschile inappagato che una reale figura. Sia Marie che Veronika contengono diversi aspetti caratteriali e moltitudini. Se all’inizio il furore romantico di Alexandre ci illude su una effettiva presa di posizione e anche su un certo grado di onestà intellettuale, con il tempo ci accorgiamo che l’aridità affettiva del protagonista maschile si traduce in delirio di possesso di ogni figura femminile. La libertà di amare non diventa una conquista rivoluzionaria ma un alibi per abbandonarsi all’egoismo e al narcisismo. Anche Marie e Veronika subiscono la immaturità di Alexandre e rispondono emancipandosi e imbastendo un processo al maschio manipolatore.

Tra sesso, alcool e fumo si confondono ideali e sentimenti, desideri e paure. Le citazioni di Alexandre su Proust e su Sartre nascondono un vuoto esistenziale che tende a contaminare tutti gli altri personaggi fino all’autodistruzione. Marie rimane disperata sul letto ad ascoltare Les amants de Paris di Edith Piaf e tenta di farsi fuori ingoiando un flacone di barbiturici. Veronika si esibisce in un toccante monologo (uno dei più belli di tutta la storia del cinema) che rimette insieme i concetti di maternità e di rilassatezza dei costumi. Si parla di libertà, di auto determinazione, di aborto, in una maniera anti convenzionale, tirandosi fuori dai dettami della Rive Gauche. Si può stare ore a parlare di letteratura e filosofia ma dopo bisogna vivere. La critica di Alexandre a La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri riflette questa enorme distanza tra il velleitarismo dello pseudointellettuale progressista e la sofferenza quotidiana di una classe di lavoratori costretta a compromessi per sopravvivere. L’aria di morte che si comincia a respirare dalla seconda parte del film (in contrasto con un incipit da commedia degli equivoci), riflette la consapevolezza dei personaggi di essere infettati da una noia crescente che ha il suo culmine in un vomito irrefrenabile. Le parole diventano sempre più feroci, taglienti, dissacranti. Gli ideali del ’68 si perdono nel labirinto di vite contorte, ripiegate su sé stesse, incapaci di aprirsi ad un reale discorso di cambiamento.

Giudicato da Serge Daney il più bel film francese degli anni ’70, restaurato recentemente in una versione integrale (220 minuti) con in più una scena in cui Alexandre e Marie vanno al cinema a vedere Les idoles (1968) di Marc’o, La maman et la putain non è un film sulla rivoluzione ma sul reflusso reazionario che parte dall’imborghesimento individuale; non è un film della Nouvelle Vague ma è un film contro la Nouvelle Vague; non è un film sull’amore, ma è un film sulla incapacità ad amare e sulla profonda frustrazione che ne deriva.

 

Grand Prix Speciale della Giuria al 26° Festival di Cannes

 

Titolo originale: id.
Regia: Jean Eustache
Interpreti: Jean-Pierre Léaud, Bernadette Lafont, Françoise Lebrun, Isabelle Weingarten
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 220′
Origine: Francia, 1973

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
5
Sending
Il voto dei lettori
4.44 (9 voti)
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