La mia vita è uno zoo, di Cameron Crowe

La mia vita è uno zoo
Ancora un racconto che parte dalla morte per compiere un percorso esperienziale che alla fine del viaggio decreta una nuova epifania umanistica. E' però grazie al corpo filmico del sempre più sorprendente Matt Damon che l'ultima opera di Crowe si presenta come omaggio alla creazione e alla rappresentazione di questa stessa creazione. Come fosse il gemello del personaggio interpretato nel seminale Hereafter di Eastwood, il Benjamin di Damon si configura come medium capace di mettere in comunicazione mondi lontani legati dal ricordo e dal lutto

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E’ vero. A sette anni dal suo ultimo film di fiction Elizabethtown (con la parentesi dell’ottimo documentario Pearl Jam Twenty) Cameron Crowe è tornato a mettersi in gioco dietro la macchina da presa, adattando il libro di Benjamin Mee e spostando la narrazione dall’Inghilterra agli Stati Uniti. Un film apparentemente di rottura, quindi, questo We Bought a Zoo, che vede Crowe, dieci anni dopo il remake Vanilla Sky, attingere da un soggetto scritto da altri, quasi a evidenziare la necessità di superare la crisi affidandosi a un modello di riferimento. A una storia. Che anche in questo caso racconta di un lutto da superare. Ed è qui che emerge da subito un profondo legame con le ultime opere del regista americano. We bought a Zoo sembra formare, infatti, insieme a Elizabethtown e Pearl Jam Twenty una trilogia sul lutto. Racconti che partono dalla morte per dipanarsi – con dolore sempre estremamente controllato, ed è questo l’elemento che continua a rendere Crowe più un abile confezionatore che un convincente autore – in un percorso esperienziale che alla fine del viaggio (altro elemento ricorrente da Almost Famous a Elizabethtown, come del resto le erranti parabole professionali e sentimentali raccontate in Jerry Maguire e in questo ultimo film) decreta una nuova epifania umanistica.  Qui il lutto che il protagonista Benjamin deve superare è la perdita della moglie. Scrittore in crisi rimasto solo con due figli da educare, la piccola Rosie e il più complicato adolescente Dylan, Benjamin decide di modificare drasticamente la propria vita comprando uno zoo semiabbandonato nella California del sud e andando a viverci con i figli. Tra constrasti interni e nuovi incontri lo zoo diventa metafora di una seconda possibilità, della potenza di un sogno (americano?) che si concretizza in atto.

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Influssi di una reminiscenza hippie post-settantesca emergono nella descrizione affettuosa quanto vagamente stereotipata che Cameron Crowe fa di questa microcomunità di animalisti e custodi dello zoo (tra cui spicca una sorprendente Scarlett Johansson), lontani dalla tecnologia e dal mondo contemporaneo. Una fauna umana speculare agli animali esotici che rubano inqiadrature su inquadrature, personaggi che si qualificano per la loro stravaganza e per una forma di resistenza di stampo quasi socio-culturale, come fossero i pittoreschi e ultimi paladini di una wilderness americana da preservare. Detto questo va da sè che il vero polo attrativo dell’opera risiede nel sempre più affascinante percorso attoriale di Matt Damon. Come fosse il gemello del personaggio interpretato nel seminale Hereafter di Eastwood, il Benjamin di Damon si configura come medium capace di mettere in comunicazione mondi lontani legati dal ricordo e dal lutto. Più che un veggente è un metteur en scene che allestisce visioni, attingendo da immagini del passato (emblematica in tal senso è non solo la sequenza finale con il definitivo superamento del lutto davanti ai figli, ma anche quella in cui le fotografie famigliari archiviate sul pc prendono forma e vita riflettendosi negli occhi di Damon). E’ anche grazie a lui e al suo corpo filmico che l’ultimo film di Cameron Crowe si presenta come piccolo omaggio alla creazione e alla rappresentazione di questa stessa creazione. “Papà è tornato a raccontare storie” dice infatti il figlio nella sequenza finale. Anche Cameron Crowe.

Titolo originale: We Bought a Zoo
Regia: Cameron Crowe

Interpreti: Matt Damon, Scarlett Johansson, Colin Ford, Maggie Elizabeth Jones, Elle Fanning, Thomas Haden Church, Angus Macfadyen
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 124′
Origine: USA, 2011

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