La morte corre sul fiume, di Charles Laughton

Per gli infiniti livelli di lettura il film può essere inserito nella lista dei “capolavori postumi”, opere troppo avanti rispetto al proprio tempo. Torna in sala oggi per L’Immagine Ritrovata

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«Quando una volta andavo al cinema, gli spettatori stavano ben seduti ai loro posti e fissavano lo schermo, dritto davanti a loro. Oggi constato che il più delle volte hanno la testa piegata all’indietro, per poter meglio ingoiare popcorn e dolcetti. Vorrei fare in modo che riacquistassero la posizione verticale».
Charles Laughton

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La seduzione del male nascosto sotto le vesti di un uomo di fede, uno “psycho killer” che all’impotenza contrappone il femminicidio e bracca le sue prede incantandole con la voce suadente e i versetti della bibbia. Un film sul peccato (la mela) e sul tempo (gli orologi) necessario a capire ed espiare. Sul sesso come fenomeno perturbante e sulla morte della figura genitoriale che rende i bambini sperduti, alla ricerca dell’isola che non c’è. Una favola gotica che riprende la tradizione di Hansel e Gretel spostandola nelle zone del Vecchio Testamento. Per gli infiniti livelli di lettura La Morte Corre sul Fiume può essere inserito nella lista dei “capolavori postumi”, opere troppo avanti rispetto al proprio tempo. L’originalità del film inizia dalla messa in scena: molte riprese dall’alto, contrasti forti nel bianco e nero di Stanley Cortez e poi inquadrature dal punto di vista dei bambini, quasi rasoterra. In un cielo stellato compare la fata Lillian Gish che ammonisce i piccoli orfani mettendoli in guardia dai falsi profeti e dalla seduzione dei lupi travestiti da agnelli. La canzoncina “Leaning on the everlasting arms” cantata dal sedicente pastore/orco Harry Powell (Robert Mitchum straordinario) omettendo la parola Jesus ha un effetto terrificante. Se l’assassino è un uomo che cita continuamente la Bibbia ed ha tatuate sulle nocche le parole “love” e “hate”, di chi ci si può veramente fidare?

hunterL’innocenza dei giochi infantili è sporcata dall’ombra lunga espressionista dell’adulto malvagio, che usa la seduzione dell’aspetto fisico e delle parole. Harry Powell è un impotente, rivelatoria la scena dello spogliarello cui assiste: la sua rabbia repressa, la mano sinistra dell’odio che stringe l’arma, il coltello surrogato del pene. E intanto il fiume scorre, in bellissime riprese aeree che lasciano stupefatti: ma appena si plana verso terra, scopriamo un cadavere con i piedi in posizione innaturale: la nostra innocenza di spettatori bambini è violata. Ci sono dettagli finissimi disseminati ad ogni fotogramma: lo sguardo beffardo di Robert Mitchum verso il cimitero, il direttore della prigione che dopo l’impiccagione del ladro si lava le mani come Ponzio Pilato, la crudeltà disarmante dei bambini con la canzone dell’impiccato (“che fa din don” ovvero dondola come la campana che ne annuncia l’esecuzione), il conformismo della signora Spoon che pensa più alle conserve ed è complice della rovina della povera Willa (Shelley Winters) umiliata nella sua prima notte di nozze, l’orrore di un cadavere in fondo al fiume con i capelli che si confondono con le alghe, il rimorso di Zio Billy che affoga nell’alcool i propri demoni solo che i demoni sanno nuotare, i turbamenti sessuali della giovanissima Ruby. E poi l’atto di accusa verso una folla ipocrita che prima difende i fondamentalismi morali del reverendo e poi ne pretende il linciaggio pubblico. Il falso matrimonio di Shelley Winters si trasforma in un incubo amplificato dalle ombre triangolari degli interni: quando il coltello compie il supremo sacrificio penetrandola, gli occhi della donna rivolti verso l’alto sembrano invocare la morte come in una iconografia sacra.

hunter3Ma torniamo ai bambini: la fuga della barchetta lungo il fiume è un percorso necessario di adattamento ad un mondo denso di ombre lunghe e scure (Franco La Polla parlerà di “psicologia dell’erranza”): la natura crea una oasi di quiete in questo viaggio di formazione; le rane, i leprotti, le mucche e tutta la fauna e flora circostante sembrano sottolineare la grande differenza tra le perversioni della razza degli uomini e la serenità dello sfondo ambientale. L’orfanotrofio di Lillian Gish è il luogo dove il fucile della tradizione americana sconfigge il coltellino del millantatore assassino: e nella filastrocca cantata ritorna la parola Jesus. John protegge la sorellina Pearl in questa notte di prede e cacciatori, ma quando Harry Powell verrà raggiunto dai poliziotti per la resa dei conti non potrà che rivivere lo shock primario dell’arresto del padre e buttare in faccia agli adulti la loro assurda rovina per un pugno di dollari. La moralità del gesto del bambino è simile a quella del piccolo Bruno che prende per mano il padre e se lo porta a casa in Ladri di Biciclette. Ecco, in questo preciso momento lo spettatore torna definitivamente in posizione verticale.

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    5 commenti

    • “Leaning on the everlasting arms” non è una canzoncina né una filastrocca, ma un inno sacro.Il che rende il climax ancor più inquietante.

      Modesto consiglio: assolutamente da vedere in inglese.Mitchum aveva una bellissima voce, che modulava abilmente durante la recitazione.E fu un cantante di calypso con un certo successo.

    • Certo è un inno sacro, ma viene recitato dal falso predicatore come una canzone ammaliatrice o una filastrocca acchiappa bambini. E si, assolutamente d’accordo, il film deve essere visto in lingua originale per potere apprezzare la performance di Robert Mitchum

      • PS

        In America, chiunque puo’ predicare, quindi concettualmente non è un “falso predicatore”..come sono veri certi nostri preti amanti dei bambini 🙁

    • Nel finale Mitchum e Gish la cantano come un inno. ‘Filastrocca ‘ e ‘canzoncina’ in italiano hanno un significato ben preciso. Peccato per un articolo scritto bene.
      Essere abbracciati da Gesù nel momento del trapasso, può essere inquietante…

    • PS/2
      Per quello che riguarda l’immagine dei bambini addormentati nella barca:
      “In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra riva”. E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
      Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva” ( Vangelo di Marco 4, 35-41.)
      La tempesta è il pericolo incombente