La notte dei morti viventi, di George A. Romero

Torna in sala solamente per un giorno l'horror che più di ogni altro ha segnato una linea di demarcazione tra un prima e un dopo. Chiudendo definitivamente la stagione dei mostri classici, Romero proietta violentemente il genere nell'era moderna, trasformando per sempre l'immaginario collettivo.

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Genere tra i più malleabili di tutta la storia del cinema, forse quello che più di tutti gli altri ha saputo trasformarsi e reinventarsi a seconda del contesto e delle esigenze, l’horror continua ancora oggi a rappresentare uno sguardo unico sulla realtà del mondo. Ed è uno sguardo sporco, radicale, certamente non riconciliato, fatto di punti fermi e di certezze che esulano dal rango delle semplici opinioni, come appunto La notte dei morti viventi. Opera seminale e fondamentale, che segna una vera e propria linea di demarcazione tra un prima e un dopo, scrivendo definitivamente la parola fine alla stagione dell’horror classico e spalancando le porte dell’era moderna. Il film di Romero arriva a conclusione di un decennio in cui in America il genere aveva visto perdere colpi e arrancare di fronte ai cambiamenti del mondo e della società, a differenza invece di quanto aveva fatto la fantascienza già a partire dagli anni Cinquanta. Il mostro classico della vecchia tradizione europea non faceva più paura, anzi; appariva superato e vecchio, nonostante le recenti rivisitazioni da parte della Hammer (ma lì non si parla più di horror statunitense, e rimane giustamente un discorso a parte). E non bastavano più neppure Roger Corman e la American International Pictures, con i loro celebri adattamenti da Poe e Lovecraft, perché il mondo stava cambiando e bisognava agire di conseguenza. Impossibile quindi considerare fino in fondo un film come La notte dei morti viventi in maniera slegata dal momento storico che lo ha generato, nonostante – e questo non è poco – sia possibile evidenziarne pregi e stilemi anche in virtù delle sue doti prettamente cinematografiche (su tutte, un’abilissima costruzione della suspense da parte del suo giovane e ancora inesperto autore). Che Romero fosse pienamente consapevole o meno di ciò che stava realizzando (il dubbio è dato dalle numerose dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni, a partire dalla casualità del colore della pelle del

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protagonista), è un aspetto totalmente irrilevante: il suo film vive dell’aria che si respirava all’epoca, a dimostrazione appunto dell’incredibile portata dialettica del genere. Nei suoi novantasei serratissimi minuti, La notte dei morti viventi parla a una società che stava lottando per cambiare, pagandone un caro prezzo; anni in cui la famiglia americana non era più solamente quel nido caldo e accogliente che sembrava essere, bensì anche il territorio di conflitti e ferite insanabili; anni in cui la guerra del Vietnam entrava prepotentemente nelle case di tutti attraverso la televisione, mostrando il rientro in patria di un’intera generazione dentro bare avvolte da una bandiera e cambiando radicalmente la rappresentazione della violenza attraverso le immagini del piccolo schermo. Ma soprattutto, anni in cui il nemico non era più l’altro, l’ignoto: non più l’alieno dallo spazio profondo, non più la creatura soprannaturale partorita dalla letteratura gotica, bensì il proprio vicino, il familiare, l’amico. Romero rivoluziona la figura del mostro proiettando in esso la natura dell’uomo della società moderna, trasformandolo in specchio di quello che siamo diventati. Un orrore che non proviene da un pianeta lontano bensì dalla terra, grazie al quale l’essere umano si rivela per quello che è realmente: esattamente come accade all’interno della casa dentro la quale si sono asserragliati i personaggi del film, perché il vero pericolo è sempre stato qui, davanti agli occhi di tutti, senza che nessuno se ne sia accorto prima. Rispetto ai capitoli successivi della saga di Romero, questo è certamente il più oscuro, quello più di pancia: non è abissale come Zombi, né radicale come Il giorno degli zombi, ma certamente è quello più spontaneo e diretto, nato da un’urgenza comunicativa che doveva necessariamente trovare un mezzo per esprimersi. In pochi l’hanno fatto, ma sarebbe certamente stimolante rileggerlo in parallelo con quel capolavoro incompreso (da alcuni) che è Diary of the Dead (2007), nel tentativo di tracciare le coordinate di quarant’anni di cinema horror di un paese (anzi, di un mondo) che non sembra ancora in grado di imparare dai propri errori e dalla propria Storia.

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Titolo originale: Night of the Living Dead

Regia: George A. Romero

Interpreti: Duane Jones, Judith O'Hara, Karl Hardman, Marilyn Eastman

Durata: 96'

Origine: USA, 1968

Distribuzione: The Space Movies

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