"La notte del mio primo amore", di Alessandro Pambianco

Il viaggio della protagonista alla scoperta dell'universo maschile non ha proprio nulla da aggiungere ai clichè del racconto di formazione in versione teen-horror. “La notte del mio primo amore” è frutto di un calcolo approssimativo, di un ritardo rispetto al pubblico, di una lettura antiquata e anacronistica della società italiana.

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È sempre la stessa storia: l'uscita di un film italiano legato in qualche modo a un discorso thriller scatena puntualmente una retorica delle buone intenzioni ogni giorno più stucchevole, sul cinema di genere da riscoprire e una quantità di affini favole venate di necrofilia. Come se il genere fosse semplicemente un repertorio da saccheggiare e non quella sostanza magmatica e muteiforme genialmente metaforizzata dal metallo liquido di Terminator 2. La paradossale verità è che in Italia i film di genere che approdano in sala portano le firme di autori come Roberta Torre; ma ancora più paradossale è il fatto che il sottobosco di film che alle sale non ci arriva (s)fiorisce in un humus non solo autoriale, ma iper-autoriale, opera di one-band-men che dietro l'alibi del budget si ricamano addosso microproduzioni ipercentralizzate che neanche Welles (un esempio tra i tanti, e tra i migliori, è il talento vicentino Ivan Zuccon). Basterebbe questo a smontare la desolante consuetudine di contrapporre la presunta vetustà dell'autore alla freschezza del genere, concetti-zombie che sopravvivono divorandosi a vicenda sotto gli occhi delle rispettive tifoserie in nome di un vago ricordo metabolizzato in vita. La notte del mio primo amore, esordio di quell'Alessandro Pambianco microfonista per Benigni, Comencini e Argento, sarebbe da  questo punto di vista un passo nella giusta direzione del collettivismo e della pluralità: merito di una piccola e affiatata casa di produzione ternana d'impianto cormaniano, la PARS, in grado di guadagnare le attenzioni distributive della Mediafilm per una visibilità davvero ragguardevole (110 copie). Il problema è che dietro o accanto alle buone intenzioni c'è anche un film. Lasciata dal fidanzato farfallone (Luca Bastianello), la diciassettenne di buona famiglia Chiara (Giulia Ruffinelli, che somiglia a Neve Campbell) decide di dare una svolta alla sua vita al grido di "meno suora e più troia"; si getta quindi nelle forti braccia di un bieco istruttore di fitness (Damiano Verrocchi, che somiglia ad Augusto de Megni), che ha bocca grande per mangiarla meglio. La sua casa in campagna è infatti luogo dello scempio di molte altre ragazze, vittime del temibile serial killer di Terni; il fidanzato e l'amica Marina (Valentina Izumi) intuiscono in pericolo e si precipitano in suo soccorso, restandoci però secchi ad opera di un secondo misterioso assassino simile a Leatherface. La sua storia, le motivazioni della sua furia e i suoi rapporti con il padrone di casa sono particolari con cui i quattro sceneggiatori temevano, con scrupolo un po' eccessivo, di annoiarci; in realtà la chiave dell'enigma è nei ritagli di giornale appesi sulla bacheca dello studio (ogni serial killer che si rispetti cura giornalmente la sua rassegna stampa), ma per scelta artistica di indubbia efficacia il direttore della fotografia Daniele Baldacci ha deciso di avviluppare tutto nel buio e non farci vedere un tubo. Il viaggio di Chiara alla scoperta dell'universo maschile, che passa per la solita coppia di complementari (il buono che sembra un mostro e il mostro che sembra un buono), non ha proprio nulla da aggiungere ai clichè del racconto di formazione in versione teen-horror. Bravi gli attori, pessime le musiche. Alla fine ci si chiede a quale pubblico questo film possa rivolgersi. Il problema di fondo è che per le leggi del mercato uno più uno non fa sempre due: se l'idea di sommare il pubblico dell'horror adolescenziale al popolo dei baviani-fulciani-margheritiani può funzionare sulla carta, poi si scopre che la comprensione dell'evoluzione dello spettatore richiede uno studio alchemico molto più complesso, dal quale oggi qualsiasi produzione si vuole "popolare" non può assolutamente prescindere. Senza questo, in Italia il cinema di genere continuerà a essere un capriccio degli autori; oppure, dall'altro lato della stessa medaglia, un pugno di film sbagliati come La notte del mio primo amore, frutto di un calcolo approssimativo, di un ritardo rispetto al pubblico; in sintesi, di una lettura antiquata e anacronistica della società italiana.

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Regia: Alessandro Pambianco


Interpreti: Giulia Ruffinelli, Luca Bastianello, Valentina Izumi, Damiano Verrocchi, Joanna Moskwa, Tommaso Piermatti


Distribuzione: Mediafilm


Durata: 82'


Origine: Italia, 2006


 


 

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