La notte di San Lorenzo, di Paolo e Vittorio Taviani

Lo spettacolo dei Taviani si converte a scrittura del presente, sempre nel rispetto di precise regole che a volte diventa rigida solennità. Giovedì 13, ore 8.05, Rai Movie

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I fratelli Taviani hanno costituito un punto di riferimento per il cinema d’autore italiano, nonostante alcune cadute di tono, nonostante il loro fosse un cinema ideologicamente orientato nel quale, però, ha sempre prevalso il peso della messa in scena, piuttosto che il dato narrativo. La loro espressività, in qualche misura, si voleva offrire come depositaria di un passato e di un presente attraverso il quale il cinema è diventato adulto, superando definitivamente ogni necessità dello spettacolo per convertirsi a scrittura del presente attraverso una forma sempre rigorosa che a volte diventa solenne, nella sua studiata semplicità. Un cinema che talvolta diventa straniante nel suo esito finale eLa notte di San Lorenzo. 1982 nel quale è riconoscibile l’influenza della poetica di Jean Marie Straub i cui echi sono riflessi per tratti, per lampi improvvisi, nei film dei due fratelli registi. Una ricerca ontologica rispetto all’immagine che si atteggia come unica propaggine della realtà che si intende riprodurre sembra essere il tratto distintivo di questa scuola di pensiero. L’incipit di La notte di San Lorenzo diventa esemplare per dimostrare questa ricerca dell’essenza dell’inquadratura affrancata da ogni vicenda narrativa. Il cinema dei fratelli Taviani è stato sempre permeato da questo studio ed è proprio nell’affrontare i tratti di questa analisi, a volte in modo ossessivo, che il loro lavoro, si è impantanato non ritrovando un equilibrio saldo che riuscisse a coniugare la ricerca dell’efficacia espressiva, poiché in qualche caso la teoria sopravanzava la narrazione che restava comunque elemento costitutivo del film, in altri casi, invece, l’elemento teorico sembrava scomparire dall’immagine per affidarsi ad un testo non sempre convincente. Va detto che comunque il cinema dei Fratelli Taviani, al di là di ogni influenza, resta narrativo avendo attinto alla memoria personale dei suoi autori o alla letteratura.

La notte di San Lorenzo, Paolo e Vittoria TavianiLa notte di San Lorenzo, è un film del 1982 e nasce come ulteriore estensione di un precedente loro cortometraggio dal titolo San Miniato luglio 44. Il nome del paese del quale sono originari i protagonisti del film è San Martino che rimanda al nome della località adombrata della quale sono originari gli autori e la vicenda narrata li vide in qualche modo testimoni. Forse per questo è il loro film più intimo nel quale vi è stata la necessità di mitigare l’enfasi della memoria.
La necessaria coralità del film si accentua nella studiata e sempre curata messa in scena che ne valorizza l’impianto drammatico con evidenti rimandi ad una classicità teatrale che fa riferimento alla tragedia della Grecia antica percepibile nella struttura duale che si instaura tra coro e protagonista. Alcuni abitanti di San Martino, alle porte di Firenze, mentre gli americani avanzano, liberando progressivamente le città italiane, per non essere costretti dai nazisti e dai fascisti a radunarsi nel Duomo, temendo una trappola, con alla testa l’anziano Galvano, decidono di andare incontro all’esercito liberatore. Molti di loro non raggiungeranno mai la libertà e La notte di san Lorenzo, 1982per qualcuno quella notte di San Lorenzo del 1944 sarà da ricordare anche nel futuro, da adulto. La storia è narrata da una donna che all’epoca aveva sei anni e la vita, nonostante la guerra, era ancora un gioco.
Alla sua uscita il film, presentato nella selezione di Cannes del 1982, suscitò reazioni difformi, ma comunque (condivisibilmente) perplesse. Da ricordare il resoconto negativo dal festival francese di Paolo Bertetto (Alfabeta 38/39, luglio-agosto 1982) che in una più ampia critica non lusinghiera al cinema italiano, a proposito di questo film scriveva: “Perché un autore è responsabile in primo luogo dell’immaginario che propone e l’immaginario dei Taviani diventa sempre più asfittico e ripetitivo, dominato dall’aria di chiuso, dalla puzza dell’aria stagnante: solo variazioni continue su argomenti da Calendario del Popolo, misere esercitazioni sulla coscienza (cattiva e non) di sinistra. La notte di San LorenzoMescolanza di ricostruzione storica e di inserti favolistici, di punti di vista “popolari” e di piattezze naturalistiche, La notte di San Lorenzo conferma l’impressione che la falsa ingenuità del popolaresco è uno dei registri espressivi più finti e intollerabili”.
Un duro attacco ad un cinema che voleva essere d’autore e che come tale conservava un certo ronzio di fondo di una impostazione rigida, forse troppo volta a dimostrare l’esistenza di un cinema politico e rigoroso nel rispetto di precise regole mai messe in discussione. È un po’ la pecca del cinema dei due fratelli toscani, quello di avere una riconoscibilità immediata nell’eccessivo rigore delle forme. Oggi si sente lontano questo modo di fare spettacolo, ma nonostante tutto l’ultimo film dei Taviani, fedele ad una linea mai tradita, non ha suscitato quello scandalo del vintage che magari era possibile aspettarsi. Tutto sommato qualcosa è rimasto di quella lezione e sul versante della critica, nei tempi radicalmente mutati, in cui il cinema si è affrancato (purtroppo o per fortuna, in questo ognuno ha la propria opinione) da ogni politica degli autori, ciascuno potrà esprimere la propria opinione con estrema libertà (e questo è un bene) senza La notte di San Lorenzo_1diventare apostata, eretico o essere messo all’indice.
Cosa resta, quindi, oggi di questo film che visto sotto quella lente diventa così distante e colpevolmente stagnante?
Non vi è dubbio che alcune soluzioni non convincano del tutto come la sequenza della morte di Mara, la siciliana, o la posticcia pioggia purificatrice nel finale, con l’esplicita metafora della pioggia e del sole. D’altra parte però è anche vero che il film, che sarà pure un’altra rievocazione della resistenza italiana, conservi una propria originalità soprattutto sotto un profilo poco valorizzato che pure appartiene al film al quale si fa riferimento senza sottinteso alcuno. I continui rimandi all’epica classica da Virgilio, alle sembianze omeriche, sembrano permeare il film che si ammanta, in verità senza troppa presunzione, ma con una certa altrettanto esplicita raffigurazione, di un racconto molto somigliante a quello dell’esodo biblico in cui Galvano finisce per essere considerato il patriarca che conduce il popolo alla terra promessa. Non è estraneo a questo la notte d’amore con Concetta. Con una certa esemplare messa in scena questa sensazione si avverte con intensa efficacia nella sequenza immediatamente prima che i personaggi si mettano in cammino, quando Galvano chiede a tutti di sostare un momento e mangiare prima qualcosa. In quella sequenza, gli elementi religiosi popolari (il pane e i pomodori divisi), i toni della tragedia greca (con il coro schierato in perfetto ordine sulle gradinate) e quelli dell’epica classica che diventa scenario immaginario per Cecilia si confondono senza retorica, acquisendo una vita autonoma segno di una cifra autoriale non trascurabile. La bambina protagonista, dal canto suo riesce a tradurre, grazie al nonno appassionato di versi epici, il mito classico nel quotidiano trasformando il La notte di San Lorenzo_2conflitto reale in trasposizione enfatica degli eroi dei poemi epici. Questo fondale che rimanda alle gesta gloriose è una costante che accompagna il film e con un equilibrio che non può essere trascurato. Anche questo, certo, è cinema della memoria, ma anche questo lo è in modo coerente poiché sintetizza un percorso personale che appartiene alla cultura dei due registi toscani che hanno, con sincero trasporto emotivo, trasfuso il loro ricordo in un film che guarda più che alla guerra a quella profonda ferita sociale causata da una inevitabile guerra civile che divise compaesani e concittadini e che avrebbe dato origine ad un Paese rinato si dalle macerie, ma diviso all’interno delle compagini della sua società. Un’altra riflessione anteriore sul futuro che apre scenari nuovi in quel cinema rigoroso, ma a volte rigido, dei fratelli Taviani.
Regia: Paolo e Vittorio Taviani
Interpreti: Omero Antonutti, Margherita Lozano, Claudio Bigagli, Massimo Bonetti, Enrica Maria Modugno, Paolo Hendel, Micol Guidelli
Durata: 105’

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Origine: Italia, 1982

Genere: drammatico

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