La parola ai giurati, di Sidney Lumet

Ancora oggi è esemplare per come è teso, incalzante e claustrofobico. Grande esordio per Lumet con un gran gruppo di attori con in testa Henry Fonda.

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Rashomon in un interno. Con i punti di vista che si modificano e si ribaltano. Ancora oggi l’esordio nel lungometraggio di Sidney Lumet – che vede anche Henry Fonda come produttore – resta esemplare su come costruire la tensione in uno spazio ristretto e mostrare le contraddizioni e il razzismo della società statnitense dentro una stanza chiusa.

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Dodici giurati devono giudicare la colpevolezza di un diciottenne accusato d’omicidio. Undici sono convinti della sua colpevolezza. Solo uno, l’architetto Davis, lo considera innocente. Trattandosi di una condanna a morte, devono raggiungere l’unanimità. L’uomo, con eloquenza e ragione, smonterà progressivamente le tesi degli altri.

Lumet porta dentro il cinema tutto il meglio della sua esperienza televisiva. Tratto da un film tv del 1954 scritto da Reginald Rose (anche qui sceneggiatore), La

parola ai giurati riesce a condensare l’unità di luogo, di tempo e azione in un crescendo sempre più serrato, con il ritmo del migliore film sportivo e segnato dall’opprimente bianco e nero della fotografia di Boris Kaufman. Attentissimo ai dettagli (il coltello, le mani), ricostruisce dell’omicidio ripercorrendone i tempi (la simulazione del testimone che zoppica) e soprattutto porta gli attori al punto massimo di surriscaldamento emotivo evidenziando le contraddizioni in dialoghi serratissimi dove, nel confronto, si smascherano i pregiudizi. La stanza progressivamente sembra diventare sempre più stretta, soffocante. E la claustrofobia è accentuata anche dal rumore della pioggia dall’esterno. Che in un’inquasratura contiene tutti i giurati. Ed è attraversata dalla camminata inconfondibile di Henry Fonda o dalla rabia di Lee J. Cobb. Il confronto finale tra loro due è un pezzo di grande cinema. Con il primo che, dopo averlo sconfitto, gli rende l’onore delle armi mettendogli la giacca. Come in un film western umanista.

Ha vinto l’Orso d’oro al Festival di Berlino ed è stato rifatto (egregiamente) da William Friedkin nel 1997 e da Nikita Michalkov (12) nel 2007.

 

Titolo originale: 12 Angry Men
Regia: Sidney Lumet
Interpreti: Henry Fonda, Lee J. Cobb, Jack Warden, Ed Begley, E.G. Marshall
Durata: 95′
Origine: USA, 1957
Genere: drammatico

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.75 (4 voti)
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