La poetica del “non capirci nulla”. Francesco Bruni a Sentieri Selvaggi

Il regista e sceneggiatore si è raccontato senza filtri nell’incontro con la redazione di Sentieri Selvaggi, guardando al passato e al futuro della sua ormai trentennale carriera. Ecco il video

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Folgorato dal concetto del “non capirci nulla” suggeritogli nei primi minuti dell’incontro, Francesco Bruni ha subito colto l’occasione per esplicitare quanto del suo cinema segua questa poetica. Nato sceneggiatore (da ricordare la sua lunga e proficua collaborazione con Paolo Virzì), da ormai dieci anni Bruni è anche regista, con all’attivo quattro lungometraggi: Scialla! (Stai sereno), Noi 4, Tutto quello che vuoi e Cosa sarà, dedicato al compianto sceneggiatore Mattia Torre. Bruni spiega come secondo lui il “non capirci nulla” sia a volte positivo nella vita, molto meno lo è invece sul set, dove tutti devono avere l’impressione che almeno il regista ne sappia qualcosa e dove quindi bisogna almeno “far finta di capirci qualcosa”. Invece all’interno dei suoi film la confusione sembrerebbe essere una costante, partendo dal padre interpretato da Fabrizio Bentivoglio in Scialla! fino ad arrivare all’Alzheimer del personaggio di Giuliano Montaldo in Tutto quello che vuoi. Ma il “non capirci nulla” emerge forte e chiaro anche in Cosa sarà, in cui il personaggio di Kim Rossi Stuart, a detta di Bruni, è “difettosissimo, irragionevole e pauroso“, caratteristiche che solitamente è difficile attribuire ad un protagonista. A fare da contraltare a questa goffaggine maschile, nel film ci sono però forti e salvifici personaggi femminili: “Lasciamo che le donne rivendichino la loro forza e gli uomini la loro fragilità“.

Bruni ha parlato poi dello strano percorso del film, uscito in sala soltanto per un solo giorno a causa della pandemia, per poi passare in streaming, in home video e di nuovo in sala con ovvio ritardo. Ora spera per Cosa sarà un passaggio televisivo, che compensi la sua vita cinematografica mutilata. E a proposito di televisione, impossibile non ricordare l’apporto di Bruni alla serie di successo basata sul personaggio del commissario Montalbano. Il regista ha ricordato la collaborazione con Andrea Camilleri, il quale si è sempre mostrato disponibile all’adattamento televisivo, ovviamente rivolto ad un pubblico più distratto e che quindi inevitabilmente ha portato a perdere molte sottotrame che invece caratterizzavano i romanzi.

Video a cura di Carmelo Leonardi e Riccardo Lanaia

Sempre parlando di serie, Bruni ha anticipato che il suo prossimo progetto sarà proprio un prodotto seriale (“Perché fare film è una droga, ma in questo cambiamento mi devo adattare“) e ha spiegato quali secondo lui sono i pro e i contro della diffusione delle piattaforme streaming. Da un lato il grande pregio è quello di poter finanziare nuove voci nel panorama cinematografico, dall’altro il rovescio della medaglia vuole che spesso queste nuove voci siano troncate dal volere degli stessi colossi dello streaming. Come sceneggiatore spera che finalmente i registi siano costretti così a seguire i duri binari dello script e a non poter fare soltanto di testa loro. Un altro elemento dove invece le film commission stanno facendo gravi danni è quello di ambientare tutto ovunque, senza dare spazio allo spirito del luogo, che invece rappresenta un risvolto fondamentale (nel suo caso sicuramente Roma rappresenta un punto fermo, tranne in Cosa sarà, dove la Città Eterna resta sullo sfondo e difficilmente riconoscibile).

Riguardo al suo rapporto con la critica Bruni racconta di essersi sempre focalizzato sulle critiche negative costruttive, rispettose ed intelligenti. Ha inoltre invitato la critica e i festival ad essere più accoglienti nei confronti della commedia, troppo spesso etichettata e bollata come sempre uguale, mentre “a volte offre nuovi sguardi, come quello di Pietro Castellitto“. Il regista ha anche ammesso di rivedere i propri film, di notarne i difetti, ma di volergli bene come si fa come un figlio. Per lui i film rappresentano dei “diari di famiglia”, considerando anche quanto in fondo inserisca elementi autobiografici in essi.

Fra i consigli ai che si avvicinano al mondo della scrittura per il cinema: “Una sceneggiatura deve essere scritta bene, in senso letterale, la lingua italiana deve essere curata. Dovrebbe poi riuscire ad essere descrittiva ed evocativa, non fiacca“. Tra i modelli di grandi sceneggiatori ci sono Ettore Scola, Robert Altman e Woody Allen, di cui ama particolarmente Crimini e Misfatti. Bruni si definisce registicamente un “outsider”, in questo senso si è trovato ben rappresentato dai personaggi, da lui stesso creati, di Bruno Beltrame (Scialla!) e Bruno Salvati (Cosa sarà). Il regista conclude con un accorato appello al cinema italiano, che sembra averlo messo da parte come sceneggiatore in seguito all’inizio della sua carriera da filmmaker. “Mi piacerebbe lavorare con Bellocchio, Martone. Corteggio Verdone da anni. Registi, colleghi, chiamatemi, non sono un antagonista.”

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