La potenza del piacere in potenza

Nelle storie d'amore si descrive l'incontro tra due innamorati. Il film termina quando i due finalmente si riuniscono. Ma è lì che dovrebbe cominciare la narrazione perché è con l'unione dei due amanti che inizia il piacere

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Quando si avvicina l'appuntamento con la persona desiderata, ogni momento che lo precede acquista un gusto unico. La sensazione di sgomento che contrae lo stomaco svela il desiderio di rendere quell'incontro perfetto. Per questo, ogni preparativo merita la giusta attenzione: la scelta dell'abito o del profumo più adatto ci proiettano, con la mente, verso la situazione che attendiamo. L'immaginazione ci aiuta lasciandoci assaporare il momento dell'incontro. Ogni preparativo preannuncia il piacere che ci aspetta.


Come  l'acquolina in bocca durante i preparativi per una torta. Selezionando e amalgamando tutti gli ingredienti, già si assapora il gusto di ognuno di essi e s'immagina il sapore del loro incontro.


Questo perché il piacere inizia dal desiderio di viverlo e dalla volontà di raggiungerlo, prima che dalla sua attuazione.


È come un attore che si prepara a salire sul palcoscenico: egli è tale già quando si trucca, quando comincia a cospargersi il viso di cerone ed assume, gradualmente, le espressioni e le rughe del suo personaggio.


È questa attesa che ci permette di gustare, con più desiderio, un piacere, e di assaporarlo anticipatamente, momento per momento, fino a prolungarlo nel tempo. L'attesa ci regala un piacere che deve ancora avvenire, infatti nasce nella nostra mente da un forte desiderio; nasce dentro di noi, è come noi lo vogliamo, per questo non può deluderci.


Differentemente, il piacere vero e proprio, non dipende solo da noi, per questo, molte volte, quei momenti tanto agognati si rivelano deludenti, perché non rispondono alle nostre aspettative. Un piacere può risultare inutile, fine a se stesso, perché non in grado di soddisfare desideri e richieste più profonde in modo almeno duraturo, se non eterno.


Il piacere dell'attesa non delude mai, perché è un piacere in potenza, non ancora realizzato e per questo si può godere di lui in modo infinito, come fa Silvano in Al di là delle nuvole di Michelangelo Antonioni. Nel desiderato incontro con Carmen, dopo anni di lontananza, il giovane preferisce accarezzare il corpo nudo della donna, osservarlo ed annusarlo, senza possederlo, per poi scappare improvvisamente, per non tornare più. Silvano preferisce portare con sé, eternamente, il desiderio di quel piacere, che soddisfarlo con un rapporto di qualche minuto. È una scena di rara bellezza, nella quale Antonioni riesce a rappresentare il desiderio e l'attesa febbrile, attraverso la gestualità  e le vibrazioni dei due splendidi corpi in lento movimento.


In realtà tutto il cinema è così. Ogni film, generalmente, è la descrizione di un desiderio, è la narrazione di un'attesa. Nelle storie d'amore si descrive l'incontro tra due innamorati, il loro reciproco conoscersi, l'eventuale superamento degli ostacoli che li dividono, e di solito il film termina quando i due finalmente si rincontrano. Stranamente è lì che dovrebbe iniziare la narrazione, perché è con l'unione dei due amanti che inizia il piacere. Invece, ogni storia finisce sempre allo stesso modo: a metà tra l'attesa e il piacere (mai descritto); sospesa tra il desiderio e la sua attuazione.


Forse perché il vero piacere è l'attesa di raggiungere qualcosa? Forse il vero piacere è quello in potenza,  non quello in atto.


È come quando si va al cinema: la scelta del film, la fila per acquistare il biglietto, l'individuazione del posto, poi le pubblicità, che sul grande schermo assumono un gusto tutto diverso, finché non si spengono le luci e lo schermo diventa nero, e tutto sembra fermarsi: è questo il piacere dell'attesa. Poi inizia il film…ma questa è già un'altra storia.

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