La programmazione di Fuori Orario dal 19 al 25 dicembre

Su Fuori Orario da stanotte: cinema italiano anni ’30 e ’40, Ferrara/Pasolini, Godard, Olmi, Ray, Fellini e Maresco.

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CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

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Domenica 19 dicembre dalle 2.15 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

CINEMA SUL FONDO 2

da una idea di Ciro Giorgini ed enrico ghezzi (18) 

a cura di Paolo Luciani

Sono centinaia i film italiani del periodo 1929/1945 considerati perduti, scomparsi, non ancora individuati. Le condizioni oggettive di deperibilità e difficoltà di conservazione di copie e negativi,  si sono unite alle  ventate di rimozione (culturale, critica, storica, politica…) che si alzarono impetuose ed immediate nei giorni della Liberazione. Ci sono voluti alcuni decenni prima che si risvegliasse una attenzione nei confronti di “quel cinema”; anche in questo caso, va attribuito alla nuova o giovane (…di allora…) critica italiana il merito di averlo considerato in maniera del tutto originale

Fin dalla sua nascita, la Rai ha rappresentato una delle possibilità maggiori di fruizione di questo cinema;  oltre ad avere la disponibilità di decine e decine di titoli, via via diversi anno dopo anno, secondo la logica dei diritti tv, si è spesso impegnata nella ricerca, restauro e promozione di titoli importanti del periodo 1929/1945, collaborando attivamente con studiosi e cineteche. In particolare, questa funzione è stata assolta da Fuori Orario; CINEMA SUL FONDO, nasce alcuni anni fa da questa esigenza e dalla passione di Ciro Giorgini con enrico ghezzi.

Al lavoro ci CINEMA SUL FONDO si deve   ad esempio il ritrovamento di un titolo considerato scomparso come LA STELLA DEL CINEMA, che volutamente abbiamo scelto per inaugurare questa ripresa del ciclo.

Riprendiamo quindi questo progetto con la speranza di poter contribuire a tenere alta l’attenzione su questo segmento importante della storia del nostro paese.

IL FIDANZATO DI MIA MOGLIE              

(Italia, 1943,  b/n, dur., 78′)

Regia: Carlo Ludovico Bragaglia

Con: Vera Carmi, Leonardo Cortese, Guglielmo Barnabò, Jone Morino, Sergio Tofano, Leonardo Bragaglia, Eduardo De Filippo

Classica  commedia degli equivoci: la “vendetta” di un funzionario comunale per i torti subiti sul lavoro, consumata alterando lo stato anagrafico e civile degli abitanti di un paese, provocando, tra le altre cose,  una serie di traversie, matrimoniali e non,  a due coppie di giovani sposi. Malintesi, complicazioni, crisi di nervi scandiscono l’inevitabile lieto fine, non impedendo però a Bragaglia di “giocare alla Renè Clair”. maneggiando una istituzione intoccabile come il matrimonio.

BALLERINE                            

(Italia, 1936,  b/n, dur., 66’)

Regia: Gustav Machaty

Con: Silvana Jachino, Olivia Fried, Maria Denis, Laura Nucci, Maria Ray, Antonio Centa, Livio Pavanelli, Gino Viotti, Nicola Maldacea

Allieva prediletta di un vecchio maestro di danza, una ballerina si afferma in una pantomima importante. Quando il suo insegnante muore sul palcoscenico, trova nell’affetto di un giornalista l’appoggio per superare il difficile momento. Dopo qualche tempo, il giornalista le propone di sposarlo, cosa sarà del suo lavoro…?

 

Venerdì 24 dicembre dalle 1.20 alle 6.00

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (3)

a cura di Fulvio Baglivi Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

PASOLINI  

(id., Italia, Belgio, Francia, 2014, dur., 83’, v. o. sott. it.,)

Regia: Abel Ferrara

Con: Willem Dafoe, Giada Colagrande, Riccardo Scamarcio, Maria De Medeiros, Ninetto Davoli, Adriana Asti, Damiano Tamilia, Valerio Mastandrea

Roma, 1 novembre 1975. Le ultime 24 ore della vita di Pier Paolo Pasolini fino all’alba del 2 novembre, quando il suo corpo senza vita viene ritrovato all’idroscalo di Ostia. Film in concorso alla Mostra di Venezia del 2014.

“L’ultimo giorno può essere simbolico di un’esistenza, di come l’hai vissuta, un tema che avevo affrontato in 4: 4-4. Last day on earth , in cui immaginavo le ultime ore di alcuni personaggi prima della fine del mondo. (…) Non sono un detective, me ne frego di chi lo ha ammazzato, io ho fatto un film sulla sua tragedia personale e sulla perdita di un genio, di un poeta, di un artista, di un uomo che aveva il raro talento di interpretare la realtà. Pasolini non è un’inchiesta né un documentario, è un film, è finzione. (…) In fondo io ci sono sempre nei miei film”. (Abel Ferrara)

“Ferrara parla di se stesso, girando un film intimo, piccolissimo, aggrappandosi alla figura e alle parole di un personaggio “enorme”. E per questo il momento decisivo è quell’interpolazione, quell’aggiunta all’intervista di Furio Colombo: “Farei film anche se fossi l’ultimo uomo sulla terra. O faccio film o mi suicido”… E viene a mente, a memoria, Vincent Gallo in Fratelli: “la vita non sarebbe nulla senza i film”. Girare comunque, non importa con quale mezzo, perché girare è un’urgenza intossicata, l’unico modo che si ha per esprimersi. E non importa che gli altri capiscano. E Ferrara davvero filma come se fosse l’ultimo giorno, con quel che ha (mi permettete di citare Rossellini?), trasformando le evidenti limitazioni materiali in un discorso di senso compiuto e spiazzante, in vortici di densa umanità. Ferrara gira con i resti delle cose, cuce gli spezzoni, i tagli del girato, del montato e della carne. A partire dai brandelli delle opere incompiute di Pasolini, PetrolioPorno-Teo-Kolossal, per arrivare a quegli squarci di Roma, che sembrano rubati contro ogni autorizzazione, ogni licenza istituzionale, ogni ipotesi di grande bellezza. La cupola di San Paolo, il Colosseo quadrato che recita, macabramente, “un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”, sprazzi dell’EUR, riflessi di Termini, la desolazione di un’ostia di spiaggia. E tutto diventa altro, la città della notte di King of New York, una sorta di mondo sospeso tra l’incubo e la meraviglia del sogno”. (Aldo Spiniello, “Sentieri Selvaggi”) 

VEDETE, SONO UNO DI VOI         

(Italia, 2017, col., dur.,76′)

Regia: Ermanno Olmi

La vita Carlo Maria Martini, cardinale e arcivescovo di Milano,  per molti decenni fra le più importanti  figure della Chiesa cattolica, deceduto nel 2012.  Accompagnati dalla sue parole (la voce di Olmi impersona quella del Cardinale) si ripercorre la sua vita e la Storia del Novecento. Olmi  sovrappone a quella di Martini  la propria stessa  biografia di cineasta riprendendo brani del suo proprio cinema, da E venne un uomo a Camnmina cammina, da La circostanza a Centochiodi, da Milano 83 a Terra madre in un continuo contrappunto  che ciclicamente fa riapparire  le immagini del letto vuoto e della  camera spoglia della casa di riposo in cui Martini è morto.  Un film  straordinario sul congedo dalla vita che si conclude con un’ultima benedizione  impartita dalla voce quasi muta di un uomo sospeso al di là della morte.  “Ho scelto di raccontare il Cardinal Martini perché abbiamo bisogno di uomini che riescano a fare ciò che noi dovremmo fare. All’inizio avevo paura di affrontare una figura del genere. Avevo già fatto E venne un uomo, il film su Papa Giovanni XXIII. Venne accolto bene ma senza entusiasmo. Ma poi ho deciso di andare avanti con il progetto. Non mi ha mai stupito il fatto che Martini raccogliesse simpatia e consensi. Lo incontrai una volta a Milano per un’intervista Rai, all’epoca era stato appena nominato arcivescovo a Milano. Mi mise in imbarazzo per come era totalmente bendisposto all’ascolto come se avesse moltissimo da imparare da me. Per lui ascoltare era importante per accrescere la sua conoscenza della realtà, per poi fare il meglio per la realtà stessa (…) Io voglio parlarvi direttamente, e usare la mia voce mi è sembrato l’unico modo per guardarvi negli occhi. Ciò che più mi preme raccontare è la grande lezione di umiltà del Cardinale Martini che era un uomo di scienza ma capì subito che doveva camminare con gli uomini comuni. Che questo era molto più importante di qualsiasi altro libro”. (Ermanno Olmi)

GLI UOMINI DI QUESTA CITTÀ IO NON LI CONOSCO – VITA E TEATRO DI FRANCO SCALDATI               

(Italia, 2016, col., dur., 89′)

Regia: Franco Maresco

Con: Franco Scaldati, Roberto Andò, Letizia Battaglia, Gaspare Cucinella, Mimmo Cuticchio,

La vita e l’opera di Franco Scaldati, che ci ha lasciati nel 2013 e che è stata una delle figure più significative della seconda metà del Novecento europeo. Resta nella sua opera l’irripetibile rappresentazione di un’umanità marginale, sconosciuta e ormai scomparsa nella sua essenza. Il suo percorso è stato sinonimo di radicalità e impegno nel farsi portatore di un’idea di teatro lontana dagli schemi tradizionali. Una voce forte, contro l’ipocrisia del “potere”, che affermava: “Tutto sommato, vorrei essere la coscienza critica del teatro italiano, vorrei essere la spina nel fianco, ma so che gli altri se ne fregano e non mi considerano tale […] Un teatro che sia portatore di poesia, poesia violenta, che chiede implicitamente un cammino più solidale fra gli uomini, senza guardarsi allo specchio, senza appagarsi di se stesso, così come sembra essere tutto il teatro italiano di oggi”. “La bellezza è degli sconfitti. Il futuro non è dei vincitori, è di chi ha la capacità di vivere. E chi ha la capacità di vivere, di essere totalmente se stesso, è inevitabilmente sconfitto. È qui il seme che crea e si traduce in futuro, vita: una sconfitta di straordinaria bellezza. Le facce degli sconfitti, le loro voci, continuano ad esistere. Sono i vincitori che non esisteranno più. Questo è il grande splendore dell’esistenza”. (Franco Scaldati)

“Il teatro di Franco Scaldati è uno straordinario esempio di resistenza morale e culturale di fronte alla barbarie che avanza senza tregua. È stato per me un privilegio averlo conosciuto ed essere stato suo amico. Spero con questo mio documentario di contribuire alla conoscenza di un grande poeta e di un grande uomo, la cui arte ha tanto da dire a questa nostra generazione confusa e disperatamente sola”. (Franco Maresco)

 

Sabato 25 dicembre dalle 1.30 alle 6.30

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (4)

a cura di Fulvio Baglivi Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

SCENEGGIATURA DEL FILM PASSIONE (SCÉNARIO DU FILM PASSION) 

(Francia, Svizzera, 1982, col., dur.,54’, v.o. sottotitoli italiani)

Regia, montaggio: Jean-Luc Godard

Con: Jean-Luc Godard, Jerzy Radziwilowicz, Hanna Schygulla, Michel Piccoli, Isabelel Huppert

“Non ho voluto scrivere la sceneggiatura, ho voluto vederla. […] Dato che prima si vede il mondo e poi lo si scrive. E anche il mondo che descrive Passion bisognava prima vederlo, vedere se esisteva per poterlo filmare. […] La sceneggiatura viene dalla contabilità, per spiegare dove si sono spesi i soldi. Ma all’inizio si vedeva, e io volevo vedere la storia di Passion, c’erano degli elementi, ma bisognava vederli, per vedere se questo mondo poteva esistere. Questo è il lavoro della sceneggiatura. Poi si fa il film. Non bisogna creare un mondo, ma creare la possibilità di un mondo. La macchina da presa farà questo lavoro, renderà questo possibile probabile, o questo probabile possibile. Creare questo probabile, vedere, vedere l’invisibile, e vedere cosa capita se l’invisibile fosse visibile, cosa si potrebbe vedere” (Jean-Luc Godard)

Scénario du film Passion è, con Lettre à Freddy BuachePuissance de la parole e Histoire(s) du Cinéma uno dei momenti più affascinanti dell’opera godardiana degli anni ’80 e ’90,  un’opera in diversi capitoli che si è via via costruita nel tempo. E’ un film più emozionante dello stesso Passion, testimonianza dell’impegno del regista in queste opere che sono apparentemente dei “corollari” e invece si sviluppano liberamente come opere autonome: come nella Lettre à Freddy Buache la voce di Godard esita, balbetta, sembra mimare i momenti di incertezza nel corso della lavorazione del film. Per concludere con un incantesimo che è qualcosa di nuovo nel cinema godardiano”. (Suzanne-Liandrat-Guigues, Jean-Louis Leutrat)

“L’incredibile stratificazione concettuale dello “scénario de Passion”, la sua passione illuministica di mettere bene in luce tutte le oscurità analitiche della “creazione cinematografica” finiscono per rappresentare la costruzione fantastica del corpo dell’autore con sovrimpresso in testa (dentro l’immaginazione) il film in tutte le sue fasi, temporaneamente già concluse – ma viste così tutte insieme – sfatte, slabbrate, intrecciate l’una con l’altra”. (enrico ghezzi)

BLOCK NOTES DI UN REGISTA                      

(Italia, 1969, col., dur., 39′, versione restaurata)

Regia:Federico Fellini

Con: Federico Fellini, Giulietta Masina, Marcello Mastroianni, Genius, David Maumsell, Cesarino, Gasparin, Lina Alberti, Caterina Boratto, Marina Boratto, Bernardino Zapponi

Grazie alla committenza del canale televisivo americano NBC Fellini racconta liberamente il suo modo di lavorare, rievoca la genesi del grande film non finito Il viaggio di G. Mastorna, detto Fernet (interpretato dal suo attore Marcello Mastroianni) e racconta la preparazione e i sopralluoghi del suo Fellini Satyricon con cui uscirà da un periodo di crisi. Block Notes di un regista funziona così da seduta auto-psicanalitica, uno sguardo su se stesso e sui set abbandonati del proprio viaggio creativo, e la forma degli appunti non sembra così lontana dal discorso ininterrotto dell’inconscio.

WE CAN’T GO HOME AGAIN

(USA, 1976, col., dur., 92′, v.o.sott.it)

Regia: Nicholas Ray

Con: Tom Farrell, Nicholas Ray, Richie Bock, Danny Fisher, Jill Gannon, Jane Heymann, Leslie Levinson, Stanley Liu

L’opera postuma del grande regista americano, film sperimentale e multi-narrativo al confine tra cinema e arti visive, girato assieme ai giovani cineasti dell’Harpur College (New York), dove Ray ha insegnato. È un film laboratorio concepito come strumento per insegnare a fare cinema attraverso la pratica e non la teoria. Mescola linguaggi espressivi e tecniche diverse, usando l’invenzione del ‘multiple image’: tre, quattro, o cinque immagini in movimento fissate simultaneamente su una pellicola 35 mm. “L’unica maniera per imparare a fare un film, è attraverso un altro film”. (Nicholas Ray)

TV D’AUTORE – APPUNTI PER UN FILM SULL’INDIA

(Italia, 1968, b/n, dur., 33′) – puntata n.5

Di: Pier Paolo Pasolini

Nel 1967 Pasolini va in India per conto della RAI, un luogo lungamente frequentato dal poeta friulano già autore del libro L’odore dell’India.  In questo reportage parte dall’idea di un film che ha in mente, incentrato sulla storia di un maraja che muore per dare il suo corpo a dei leprotti affamati… Da questo spunto parte un’analisi lucida e approfondita sulle difficoltà e contraddizioni di un paese poverissimo, ma ricco di fascino e di autenticità. Le musiche sono di Ennio Morricone.

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