La programmazione di Fuori Orario dal 2 all’8 febbraio
Due serate dedicate alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. E poi Ozu, Garrel, Taviani e Attenborough. Da stanotte.

Domenica 2 Febbraio dalle 2.30 alle 6.00
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto
presenta
IL SILENZIO E’ D’ORO
L’avventurosa storia delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone
a cura di Paolo Luciani
Da oggi fuori orario dedica quattro notti alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone. Non si tratta solo del dovuto riconoscimento a quella che, ormai da tanti anni, è riconosciuta come la manifestazione più importante dedicata al cinema muto. Rappresenta infatti anche l’occasione per raccontare la storia meravigliosa di un gruppo di amici da sempre vicini alla nostra trasmissione, anche prima che questa andasse in onda…! Lo faremo grazie ai materiali, tanti e spesso rari, individuati e messi a disposizione dalla Cineteca del Friuli di Gemona e da Cinemazero di Pordenone, le anime di questa avventura fin dal 1982 e dal Centro Rai di Trieste, che ha sempre dato ampio spazio a questo appuntamento.
Saranno trasmessi anche tre film come GOOD MORNING BABILONIA, CHAPLIN, HUGO CABRET che non solo hanno affrontato un particolare momento della storia del cinema, ma anche mostrato come, raccontando la storia di personalità straordinarie od umili che hanno fatto parte di quel mondo, si possa mostrare una intera epoca storica in tutta la sua complessità.
Nel corso delle notti saremo accompagnati da una lunga intervista che ci ha concesso Jay Weissberg, dal 2016 Direttore delle Giornate.
LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
PORDENONE SILENT FILM FESTIVAL
Si può entrare nel gotha dei maggiori festival internazionali anche senza tappeto rosso e una copiosa presenza di star. Lo dimostrano le Giornate del Cinema Muto di Pordenone (conosciute all’estero come Pordenone Silent Film Festival), che Variety ha inserito nella lista dei 50 festival imperdibili al mondo Nate nel 1982 dalla collaborazione tra la Cineteca del Friuli di Gemona e Cinemazero di Pordenone, organizzate con un budget minimo e alla presenza di pochi esperti, oggi un migliaio fra studiosi, archivisti, collezionisti, giornalisti, studenti, appassionati e semplici curiosi confluiscono in Friuli ogni anno, a ottobre, per una maratona cinematografica e culturale di una settimana .
Accanto alle proiezioni con accompagnamento musicale dal vivo – eseguito da un pianista, da un ensemble o da un’orchestra – e agli ospiti di prestigio, sono motivo di interesse e curiosità per il pubblico eventi collaterali come i seminari quotidiani del Collegium, le Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto, le presentazioni di novità editoriali e gli stand di FilmFair, con libri, video, rarità e cimeli da collezione.
“Inizio moduloLe origini della Cineteca del Friuli risalgono alle proiezioni itineranti nelle tendopoli sorte subito dopo il 6 maggio 1976: fu durante quegli spettacoli, tecnicamente improvvisati, che nacque l’idea di un cineclub che avesse una sede stabile a Gemona. Nel febbraio del 1977, incuranti del motto “prima le case e poi le chiese”, fondammo “Cinepopolare” con l’obiettivo di ricostruire uno dei due cinema cittadini. Passammo i week-end in mezzo alle macerie del vecchio centro storico di Gemona, meta di numerosi visitatori e curiosi, chiedendo denaro per poter aprire una sala cinematografica con scopi culturali. Riuscimmo a mettere assieme circa 2.000.000 di lire. Contemporaneamente lanciammo un appello attraverso la stampa quotidiana e le riviste specializzate in cinema. Ettore Scola e Tullio Kezich furono fra i primi a rispondere. In quelle settimane si tennero anche gli Incontri Cinematografici di Monticelli Terme che introdussero in Italia il cinema di Wim Wenders. Lì ci contattò Angelo R. Humouda, il fondatore della Cineteca D. W. Griffith di Genova, che si offrì di venire in Friuli a presentare i suoi film. Il 5 agosto 1977 Angelo arrivò a Gemona munito di pellicole, proiettore, schermo. Vi rimase sino al 10. In quei sei giorni nacque La Cineteca del Friuli. Angelo, infatti, ci fece capire che i nostri soldi non sarebbero mai bastati a costruire una sala, mentre erano sufficienti per avviare una cineteca. Con i soldi raccolti potemmo comprare dei film muti con i quali furono organizzate delle lezioni di storia del cinema nelle scuole di Gemona, Bordano, Trasaghis, Artegna, Venzone. Erano 20 film a 16mm, Lumière e Méliès. Oggi la Cineteca possiede diverse migliaia di film di finzione e documentari in 16 e 35mm, videocassette, laser disc, DVD, CD-ROM, più una fototeca e una delle maggiori biblioteche specializzate italiane; inoltre è diventata membro della FIAF – International Federation of Film Archive. Quella che, retrospettivamente, è la prima edizione delle Giornate del Cinema Muto si tenne dal 9 all’11 settembre 1982, quando Cinemazero presentò presso l’Aula Magna del Centro Studi di Pordenone la collezione di film di Max Linder della Cineteca del Friuli. Intitolata “Le roi du rire: alle origini del cinema comico”, doveva trattarsi di una rassegna una tantum. Ma fra i meno di dieci ospiti provenienti da fuori regione c’era il decano degli storici italiani di cinema, Davide Turconi, che mentre eravamo tutti insieme a tavola ci disse, come se fosse la cosa più naturale al mondo: “Bene, il prossimo anno facciamo Mack Sennett” noi, del tutto naturalmente, accettammo. Davide (classe 1911) è stato direttore delle Giornate fino al 1989, continuando a far parte del consiglio direttivo fino al 1998. Dal 1999 al 2005, anno della sua morte, è stato presidente onorario del festival. A partire dall’edizione del 1997 le Giornate sono state dirette per 19 anni con incredibile energia e passione dal critico e storico cinematografico inglese David Robinson (classe 1930). Nel 2016 è diventato direttore del festival il critico di Variety Jay Weissberg (classe 1965), legato a David, ora direttore emerito, da un pluriennale rapporto personale di stima e amicizia.”
(dal sito della Cineteca del Friuli – Gemona)
“L’altra anima delle Giornate del Cinema Muto è da sempre Cinemazero di Pordenone. Nato come cineclub ed associazione privata nel marzo del 1978, il gruppo di giovani amici specifica subito le sue intenzioni in una dichiarazione-programma:
Cinemazero, perché si parte da zero, in una città che non ha strutture culturali, in qualsiasi specifico culturale si voglia intervenire. Vogliamo tutti ripercorrere le tappe della nostra formazione di consumatori di immagini, decodificare il linguaggio, comprendere i meccanismi di manipolazione per una fruizione sempre meno passiva e acritica. Iniziamo la nostra attività nella sala del CRAL di Torre di proprietà del Comune; questa scelta non è casuale ma allude alla necessità di creare servizi culturali pubblici di cui devono farsi carico gli enti locali.
Un manifesto programmatico che sostanzialmente non è cambiato, nel corso di oltre quarant’anni, almeno nelle sue linee generali. Esprimevamo, allora, l’impellente esigenza di poter vedere in città quel cinema che la censura di mercato non faceva transitare per Pordenone.
A cavallo degli anni Ottanta, mentre gli altri cinema pordenonesi chiudevano uno dopo l’altro, Cinemazero inanellava una serie di importanti successi, alcuni dei quali durano tuttora: la prima retrospettiva completa in Italia nel 1979 su Pier Paolo Pasolini; una mostra fotografica su tutto il suo cinema oltre alla pubblicazione di un prezioso volume curato da Luciano De Giusti dal titolo Pier Paolo Pasolini. Il cinema in forma di poesia, andato subito esaurito. Un lavoro che la critica e la storiografia cinematografica ha da subito indicato come momento fondamentale per la conoscenza di Pasolini. Tra i successi di Cinemazero, poi, la rivisitazione del cinema italiano nel periodo del boom con 1960 e dintorni. Miti, riti e sogni dell’Italia del boom; le maratone cinematografiche che scandivano il compleanno di Cinemazero; le Giornate del cinema muto insieme con gli amici della Cineteca del Friuli, la riscoperta di Tina Modotti e tanto altro ancora.
Dopo il trasferimento a metà degli anni in centro città, nell’Aula Magna del Centro Studi, con la sala inaugurata da Sergio Leone con il suo C‘ERA UNA VOLTA IN AMERICA, in pochi anni Cinemazero ha raggiunto in alcune stagioni le 100.000 presenze annue, un dato eclatante per una città di soli 50.000 abitanti.
Incontri con registi, anteprime cinematografiche, rassegne monografiche, film in lingua originale, proiezioni estive su grande schermo all’aperto, collaborazioni con festival e rassegne, di cinema e non, italiane e straniere, approfondimenti, pubblicazioni si sono susseguiti in maniera incalzante nel corso degli anni. La costante attenzione, ai limiti dell’ossessione, per la sala, ha fatto sì che a Cinemazero prendesse forma oggi, sempre in un rapporto fecondo tra ente pubblico ed ente privato, come recitava il nostro primo volantino, l’unico cinema multisala in città. La SalaGrande, poi la SalaPasolini alla quale si è aggiunta la SalaTotò e infine la SalaModotti: quattro schermi votati al cinema d’autore e quello d’essai, ma anche al mainstream più colto e raffinato. Accade ancora oggi che spesso escano a Pordenone film che non riescono a vedere la luce nemmeno a Roma”.
(Piero Colussi)
Nella notte
da: L’ANGELO DELLA CINETECA
Intervista di Enrico Ghezzi ad Angelo Humouda
(Italia 1980, col. dur. 30’ c.a.)
Regia: Marco Salotti
Angelo Humouda è stato una straordinaria figura di cinetecario e storico del cinema.
La riscoperta del regista Griffith, in Italia e non solo, deve moltissimo al suo incredibile lavoro di animatore culturale. Con le sue proiezioni itineranti con camioncino e proiettore 16 millimetri, sarà Angelo che, all’indomani del terremoto friulano, porterà tra le tende e le baracche degli sfollati i materiali della sua Cineteca Griffith: cartoni animati, comiche mute, cinema delle origini, accompagnando sempre le proiezioni con racconti, storie, spiegazioni. D’altronde Angelo, palestinese, aveva fatto lo stesso nei campi profughi del suo paese… Da questa esperienza e dall’incontro con Piera Patat e Livio Jacob prende vita l’idea di costruire la Cineteca del Friuli di Gemona.
da: UNA CINETECA PER LA REGIONE
(Italia 1981, col., dur. 20’ c.a.)
Regia: Sergio Germani e Marina Silvestri
Antologia delle tre puntate che la sede regionale della Terza Rete Rai Friuli-Venezia Giulia dedicò alla necessità della esistenza di una specifica cineteca regionale. Il dibattito sulle cineteche di regione si sviluppò ampio nella seconda metà degli anni ’70. La spinta principale certamente fu impressa dal lavoro che, ormai da più di dieci anni, portava avanti il vasto movimento di nuova sensibilizzazione cinematografica rappresentato dai cineclub privati italiani: attenzione alle modalità di proiezione, recupero di film autori e periodi cinematografici dimenticati, apertura ai nuovi approcci critici formatisi soprattutto fuori dal nostro paese, un modo nuovo di rapportarsi con un pubblico non più considerato solo di specializzati, contare spesso sulla propria forza associazionistica cercando semmai dei rapporti paritari con le istituzioni locali, costituendo così di fatto una alternativa credibile alle mancanze strutturali delle nostre istituzioni culturali cinematografiche.
da: LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO 1983
(Italia 1983, col., dur. 20’ c.a.)
Regia: Marina Silvestri
Una selezione del servizio che la sede regionale della Terza Rete Rai Friuli Venezia Giulia dedica alla edizione 1983 la seconda, delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, incentrate su una grande retrospettiva di Mack Sennett. Tra le altre, dichiarazioni di Davide Turconi, Antonio Costa, Piero Colussi, Angelo Humouda, Aldo Bernardini, Livio Jacob.
GOOD MORNING BABILONIA
(Italia 1987, col., dur. 113′)
Regia: Paolo e Vittorio Taviani; soggetto P. e V. Taviani sceneggiatura P.e V. Taviani; fotografia Giuseppe Lanci; montaggio Roberto Perpignani; musica Nicola Piovani; scenografia Gianni Sbarra, Lorenzo D’Ambrosio una produzione Giuliano G. De Negri
Con: Vincent Spano, Joaquim de Almeida, Greta Scacchi, Desirée Nosbush,, David Brandon
1911, due giovani fratelli toscani, restauratori di chiese, come molti altri italiani in quegli anni, sono costretti ad emigrare negli Stati Uniti. Dopo molti lavori precari, trovano riconosciuta la loro abilità nel padiglione italiano della Esposizione Universale di San Francisco; qui vengono notati David W. Griffith, che decide di avvalersi della loro competenza per la lavorazione del suo film INTOLERANCE… Ci penserà la storia, quella con la S maiuscola, a stravolgere le loro vite.
“Autobiografia? Saggio filmato sull’amore per il cinema? Sociologia della creatività artigianale? Elegia dell’emigrazione? Telenovela? Ode patriottica sul privilegio di essere italiani? Benché l’azione sia concentrata in cinque anni o poco più, assumendo come punto d’arrivo la guerra sul Carso, GOOD MORNING BABILONIA accumula senza sforzo l’intero repertorio tematico e stilistico dei fratelli Taviani, che narrando la storia dei fratelli Bonanno, carpentieri al servizio di Griffith, ripercorrono quasi psicoanaliticamente i sentieri della propria vocazione alle immagini. Ne esce un film scandito nel modo estroso e vitalistico del cinema tavianeo. Totalmente immerso in un contesto di sapienti citazioni, che vanno da Chaplin a Giuseppe Verdi, da Hitchcock a Pasolini, disponibile a coniugare poesia e commozione, intellettualismo ed afflato popolare”.
(Tullio Kezich, Panorama 1987)
Venerdì 7 Febbraio dalle 1.40 alle 6.00
OZU, GARREL: GLI ULTIMI FUOCHI
a cura di Lorenzo Esposito
CREPUSCOLO DI TOKYO VERSIONE RESTAURATA
(Tōkyō boshoku, Giappone, 1957, b/n, dur., 135’, v.o. sott., it.)
Regia: Yasujirō Ozu
Con: Setsuko Hara, Arima Ineko, Chishū Ryū, Yamada Isuzu, Takahashi Teiji, Taura Masami, Sugimura Haruko, Yamamura Sō, Shin Kinzō, Fujiwara Kamatari, Nakamura Nobuo, Miyaguchi Seiji, Suga Fujio, Urabe Kumeko
Ultimo film in bianco e nero di Ozu, Crepuscolo di Tokyo porta alle estreme conseguenze il racconto del disfacimento dell’idea di famiglia tradizionale.
Il film racconta la tragica storia di una famiglia che vede arrivare la propria dissoluzione senza riuscire a impedire separazioni e irresponsabilità. Tra abbandoni e gravidanze indesiderate, la famiglia Sugiyama vede lentamente sperperato il senso del legame di sangue e l’amore reciproco.
“Hanno detto che questo film dipinge l’esistenza sbandata di una giovane donna, ma in realtà io volevo ritrarre la vita di […] un uomo lasciato dalla moglie che cerca di tirare avanti nella vita, insomma un film incentrato su una persona della vecchia generazione” (Y. Ozu, Scritti sul cinema, a c. di F. Picollo e H Yagi, Donzelli 2016).
(Le grand chariot, Francia, Svizzera, 2023, col., dur., 93’, v.o. sott.it.)
Regia: Philippe Garrel
Con: Louis Garrel, Esther Garrel, Aurélien Recoing, Francine Bergé, Léna Garrel, Mathilde Weil, Damien Mongin
Orso d’Argento per la Miglior Regia alla 73ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino
Sarebbe fuorviante ridurre a una questione di famiglia Le grand chariot, l’ultimo film di Philippe Garrel presentato in concorso alla Berlinale 2023. È molto di più e anche altro. Certo, la storia è quella di una famiglia, un nucleo di burattinai guidato dal padre (Aurélien Recoing) e composto dai figli (che sono in gran parte figli dello stesso Garrel, ovvero Louis, Léna, Esther). Con loro c’è la magnifica figura della nonna, incarnata in Francine Bergé. Il teatro delle marionette, però, si avvia al tramonto: i bambini vengono ancora intrattenuti dal talento dei burattinai, eppure sono gli ultimi fuochi.
Il grande carro è un film intimo e molto personale, con un evidente tono autobiografico (Maurice Garrel, padre di Philippe, prima di diventare attore era burattinaio nella compagnia di Gaston Baty), ma è anche una vera e propria dichiarazione al mondo dell’arte. Garrel usa il cinema per parlare (come sempre) di arte, vita, morte. Storie della sua famiglia di sangue che s’accompagnano a quelle della famiglia di cinema (dietro il copione ci sono i padri/madri nobili Jean-Claude Carrière, per sempre legato a Buñuel e morto due anni fa, e la pialatiana Arlette Langmann), pezzi di vita reale che combaciano perfettamente con l’irrealtà di storie però sempre possibili, universali. Il grande carro ruota attorno alla famiglia e agli affetti messi costantemente in primo piano da Garrel. Il bisogno di sentirsi amati e supportati, ma anche le inevitabili separazioni, o addirittura il lutto, mettono a dura prova i protagonisti. Ognuno prenderà la propria strada nella consapevolezza che anche la morte è un accadimento del tutto inscritto nella natura delle cose e dell’universo, e dunque la morte può essere sconfitta come nella finzione fa Pulcinella. La fotografia del grande dop Renato Berta conferisce a questo romanzo familiare una luce calda e soffusa e, per una volta, Garrel rinuncia al bianco e nero che spesso l’ha contraddistinto in un film che ha il sapore di un lascito artistico per le generazioni future.
«… un film che, sebbene nato dalla mia immaginazione, somigliasse anche a un documentario su questo mestiere. Jean-Luc Godard ha detto che un buon film di finzione deve anche essere un documentario su qualcosa. Nella disgregazione di una compagnia di artisti-burattinai, vedo la metafora di un mondo dove le tradizioni stanno morendo». (Philippe Garrel)
Sabato 8 Febbraio dalle 1.10 alle 7.00
IL SILENZIO E’ D’ORO
L’avventurosa storia delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (2)
a cura di Paolo Luciani
LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO
PORDENONE SILENT FILM FESTIVAL
Si può entrare nel gotha dei maggiori festival internazionali anche senza tappeto rosso e una copiosa presenza di star. Lo dimostrano le Giornate del Cinema Muto di Pordenone (conosciute all’estero come Pordenone Silent Film Festival), che Variety ha inserito nella lista dei 50 festival imperdibili al mondo Nate nel 1982 dalla collaborazione tra la Cineteca del Friuli di Gemona e Cinemazero di Pordenone, organizzate con un budget minimo e alla presenza di pochi esperti, oggi un migliaio fra studiosi, archivisti, collezionisti, giornalisti, studenti, appassionati e semplici curiosi confluiscono in Friuli ogni anno, a ottobre, per una maratona cinematografica e culturale di una settimana .
Accanto alle proiezioni con accompagnamento musicale dal vivo – eseguito da un pianista, da un ensemble o da un’orchestra – e agli ospiti di prestigio, sono motivo di interesse e curiosità per il pubblico eventi collaterali come i seminari quotidiani del Collegium, le Masterclass per musicisti aspiranti accompagnatori di cinema muto, le presentazioni di novità editoriali e gli stand di FilmFair, con libri, video, rarità e cimeli da collezione.
Nella notte:
da: LA PASSIONE COMICA
(Italia 1984, b/n, dur. 30′ circa)
Regia: Sergio Grmek Germani,
voce narrante: Piero Tortolina
Assemblaggio delle quattro puntate che Sergio Germani realizza su Mack Sennett, protagonista, con la riscoperta dei suoi film, della edizione 1983 delle Giornate. Grazie alla grande disponibilità di materiali messi a disposizione dalla Cineteca del Friuli ed alla generosità del “principe dei collezionisti” Piero Tortolina, viene realizzato uno studio esemplare sul linguaggio della comicità cinematografica, muta e non solo.
da: EFFETTO GRIFFITH
(Italia 1990, b/n e col., dir. 20′ circa)
Regia: Sebastiano Giuffrida
Attraverso le testimonianze di Livio Jacob, David Robinson, Michel Ciment, Paolo Cherchi Usai, Davide Turconi ed altri viene raccontata l’edizione 1990 delle Giornate, ormai saldamente affermatesi come una delle più importanti manifestazioni cinematografiche.
da: A SPASSO NEL TEMPO
(Italia 1996, b/n e col., dur. 20′ circa)
Regia: Nereo Reper;
A cura di: Lorenzo Codelli
L’edizione 1996 delle Giornate ripercorsa con la testimonianza del regista Istvan Szabo, ospite della manifestazione, sull’importanza del cinema ungherese muto, ed in particolare del suo regista più importante, Michael Kertész/Curtiz, poi protagonista el cinema classico hollywoodiano; inoltre storici e ricercatori, tra gli altri Kevin Brownlow e Cherchi Usai e la prima edizione dell’asta di memorabilia all’interno del tradizionale spazio del Film Fair dedicato a libri e pubblicazioni.
da: JEANNE D’ARC IN DUOMO
(Italia 2012, b/n e col., dur. 30′ circa)
Regia: Pasqualino Suppa
“Mercoledì 10 ottobre 2012 è accaduto un evento che si conserverà nella memoria di coloro che lo hanno vissuto. È stato proiettato nel Duomo di Pordenone il film LA PASSION DE JEANNE D’ARC (Francia 1928) di Carl Theodor Dreyer, accompagnato dalle note dell’organo del ‘700 e con la partitura originale composta per l’occasione dal maestro franco-malgascio Touver R. Ratovondrahety eseguita dall’orchestra e coro San Marco di Pordenone” (dalle note di accompagnamento del dvd omonimo)
da: INCONTRO CON GIGETTA MORANO 20’
(Italia 1985, col., dur. 20′ circa)
Regia: Alberto Farassino
Luigia Maria Morano è stata una delle grandi interpreti del cinema muto italiano, in particolare del genere comico, poco o nulla praticato da figure femminili, eccellendo con lo pseudonimo di GIGETTA.
Attiva con la Ambrosio Film di Torino, la Morano riesce comunque ad alternare il comico (spesso in coppia con l’altro divo comico della casa, Eleuterio Rodolfi) con commedie, drammi, film in costume, con una grande ed ulteriore distribuzione e notorietà anche all’estero. La crisi che colpisce la produzione cinematografica italiana con la prima guerra mondiale, travolge anche l’Ambrosio film e brucia la carriera della Morano. A parte piccole apparizioni per registi e hanno memorai del suo carisma (Fellini), diventerà una testimone attenta ed arguta del cinema a cui ha partecipato per storici e studiosi.
In questa intervista di Alberto Farassino, realizzata anche on il contributo del Museo del Cinema di Torino, nella casa di riposo dove soggiornava, la Morano ripercorre momenti della sua carriera, raccontando anche particolari sulla lavorazione delle sue comiche – tempi di realizzazione, la bravura degli operatori, come Vitrotti ed Omegna – gli attori con cui si alternava, il fidanzato morto in guerra. Un documento eccezionale.
LE GIORNATE 1999
(Italia 1999, b/n e col, dur. 20′ circa)
E’ l’edizione in cui le Giornate si trasferiscono a Sacile, per ovviare ai lavori di ristrutturazione che interesseranno per alcuni anni la tradizionale sede rappresentata dal Teatro Verdi di Pordenone. Si tratta di una edizione ricchissima, con una grande retrospettiva sul cinema nordico (Finlandia, Svezia, Norvegia, Danimarca) con registi come Sjostrom, Christensen, Stiller. Aki Kaurismaki presenterà il suo JUHA (1999), l’ultimo grande film muto del secolo. Inoltre, da segnalare la presenza di Fay Wray, che introduce il restauro di THE WEDDING MARH di Stroheim in un incontro con il pubblico.
da: UNO SPARO NEL BUIO – 50’
Intorno al west, intorno ad Inceville
(1988, b/n e col., dur. 50′ circa)
Regia: Sergio Grmek Germani
Prima puntata di un approfondito lavoro dedicato a Thomas H. Ince, pioniere del cinema, denominato come “il padre del western. Ince fu regista e produttore forse il primo che pianificò e diede forma a tutti i momenti produttivi della realizzazione di un film.
(Regno Unito, 1992, b/n e col., dur. 138′)
Regia: Richard Attenborough
Con: Robert Downey Jr., Dan Aykroyd, Geraldine Chaplin, Kevin Dunn, Anthony Hopkins Milla Javovich, Kevin Kline, Diane Lane, Marisa Tomei
Attraverso l’artificio di un anziano Chaplin che discute la sua autobiografia con il proprio editore (e proprio l’autobiografia dell’attore insieme con il più completo studio della sua arte realizzato, da David Robinson, per tanti anni direttore delle Giornate del Cinema Muto sono alla base del soggetto del film) il regista ricostruisce in maniera puntuale la vicenda umana ed artistica di Charlot/Chaplin con un cast di attori unico per qualità ed una ricchezza produttiva fin troppo esibita.