La programmazione di Fuori Orario dal 2 all’8 maggio

Su Fuori Orario due imperdibili prime tv di Jia Zhang-ke, Al di là delle montagne e I figli del fiume giallo. Poi omaggio a Beppe Fenoglio e si prosegue con l’autobiografia cinema/tv di una nazione

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CORSO SCENEGGIATURA CINEMA E TV, in presenza o online, NUOVA DATA DAL 27 MARZO
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Domenica 2  maggio dalle 2.30 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi  Di Pace Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta

AUTOBIOGRAFIA TELEVISIVA DI UNA NAZIONE (6)

I materiali di cinema sul fondo 2 

a cura di Paolo Luciani

La proposta CINEMA SUL FONDO 2, incentrata sul cinema italiano degli anni ’30 e ’40,  che da alcuni mesi trova collocazione nelle notti di Fuori Orario ed è la diretta continuazione del progetto originale curato negli anni scorsi da Ciro Giorgini ed enrico ghezzi, viene ora accompagnato da una nuova serie di appuntamenti in cui l’attenzione sarà concentrata sui materiali (i più diversi per le  modalità produttive, siano essi di taglio storico-giornalistico- educativo)  che la Rai, nel corso degli anni, ha dedicato a quella parte della nostra riflessione storica che ha dovuto fare i conti con il fenomeno del Fascismo.

A partire dai primi anni ’60, soprattutto grazie anche alla   cesura temporale di appena 15 anni dalla fine della guerra, come se non di più ad una realtà economica e culturale nuova, in grado di modificare in profondità anche il costume nazionale, proprio in quegli anni si moltiplicano le inchieste, i documentari, il film a soggetto che ritornano a studiare, raccontare, analizzare il ventennio,  i suoi protagonisti come la condizione del paese tutto; di più,  l’intenso e variegato lavoro storiografico trova anche  nel cinema, nella stampa specializzata  come in  quella popolare,  nella televisione in particolare, le  tribune e le  occasioni  per manifestarsi,  fino ad incidere  nella cultura di massa in forme del tutto originali, coinvolgendo un  pubblico vasto fatto “di chi c’era, come di quelli che sono venuti dopo”, capace anche di appassionarsi, confrontarsi, dividersi, sulle diverse tesi storiche a confronto.

Nelle notti che seguiranno cercheremo di dare conto di questa realtà , intrecciando materiali documentaristici televisivi con esperienze cinematografiche significative, bizzarre, meno scontate.

NASCITA DI UNA DITTATURA – 3° puntata

(Italia, 1972,  b/n, dur., 77’58”)

Di: Sergio Zavoli, con la collaborazione di Edek Osser e Luciano Onder; coordinatore della fotografia: Paolo Arisi Rota; riprese elettroniche: Gianni Eleuteri; montaggio: Giuseppa Baghdikian; musiche originali: Gianni Marchetti.

messa in onda Raiuno 24 novembre 1972 alle ore 21

Premio Saint Vincent 1973 per la televisione

Grande inchiesta storica che il giornalista realizzò in occasione del cinquantenario della Marcia su Roma. Siamo di fronte ad un lavoro esemplare dal punto di vista giornalistico e televisivo; Zavoli viene coadiuvato da una serie di storici come Alberto Aquarone, Gaetano Arfè, Gabriele De Rosa, Renzo De Felice, Gastone Manacorda, Salvatore Valitutti. Saranno 55 invece gli intervistati, testimoni diretti di quegli anni; per alcuni di questi, poi, si tratterà di dichiarazioni in esclusiva ed uniche (tra questi ricordiamo Rachele Mussolini ed Amadeo Bordiga). Ma ricordiamo ancora qualche altro nome: Franco Antonicelli, Sandro Pertini, Umberto Terracini, Riccardo Bacchelli, Oronzo Reale, Augusto De Marsanich, Leone Cattani, Giuseppe Spataro, Ugo Spirito, Pietro Nenni, Lelio Basso, Ferruccio Parri, Giuseppe Prezzolini…

In questa terza puntata   l’attenzione si concentra sugli anni 1920/1921. Il progressivo esaurimento delle agitazioni sociali e politiche che vanno  sotto la denominazione  del “biennio rosso”, dalle occupazioni delle fabbriche alle lotte dei braccianti agricoli; la saldatura sempre più marcata tra il movimento fascista e i settori della proprietà agraria e industriale, con l’appoggio della stampa benpensante e degli apparati dello stato; il dispiegarsi della violenza squadrista contro tutte le forme di organizzazione sindacale (socialista e popolare), dalle case del popolo alle leghe, dai comuni amministrati dai socialisti alle sedi dei partiti, dai giornali alle singole personalità. Il tema della violenza, diventa centrale, con l’organizzarsi anche di opposti gruppi paramilitari, come le Camicie Azzurre e gli Arditi del Popolo e con il verificarsi di due episodi emblematici che la puntata racconta con le  testimonianze di protagonisti: i fatti di Palazzo d’Accursio a Bologna e i moti antifascisti di Sarzana. Anche il quadro politico è in evoluzione: la scissione nel partito socialista  dà vita al Partito Comunista d’Italia; le elezioni politiche della primavera 1921 vedono i liberali ed i fascisti uniti nel Blocco Nazionale; il Patto di Pacificazione che Mussolini propone ai socialisti a luglio 1921, dopo i fatti di Sarzana; il congresso del partito fascista nel novembre 1921, dove Mussolini impone la sua linea alla schiera di ras ed esponenti locali capeggiati da Dino Grandi.

Tutti questi fatti vengono raccontati anche attraverso le testimonianze di Pietro Nenni, Augusto De Marsanich, Amadeo Bordiga, Leone Cattani, Giovanni Gronchi, Agostino Iraci, Umberto Terracini, Giorgio Pini, Arturo Colombi…

LA RAGAZZA DI BUBE                                

(Italia, 1963,  b/n, dur., 108’46”)

Regia: Luigi Comencini; soggetto: dal romanzo omonimo di Carlo Cassola; sceneggiatura: L. Comencini, Marcello Fondato; fotografia: Gianni Di Venanzo; montaggio: Nino Baragli; musica: Carlo Rustichelli; scenografia: Piero Gherardi; produzione: Franco Cristaldi per Vides Cinematografica, Lux Film, Ultra Film, Compagnie Cinématografique de France

Con: Claudia Cardinale, George Chakiris, Marc Michel,Dany Paris, Ugo Chiti, Emilio Esposito, Mario Lupi, Monique Vita

Premio Nastro d’Argento 1965 a Claudia Cardinale come migliore attrice

Caso letterario alla sua uscita (1960) il romanzo di Cassola, anche nella sua trasposizione cinematografica operata da Comencini, continua ad essere motivo di polemica storica, letteraria ed anche cinematografica. La descrizione e la lettura del contesto storico (fascismo, resistenza e dopoguerra) in cui il romanzo ed il film inseriscono la vicenda di Mara e di Bube, partecipa alla più vasta discussione che, in particolare dagli anni ’60, si incentra sull’analisi del fascismo, sugli esiti della guerra di Liberazione, sui destini individuali di fronte alle svolte della storia.

Mara, semplice e giovane contadina toscana, nell’immediato dopoguerra conosce l’ugualmente Bube, un  ex partigiano amico e compagno di lotta di Sante, fratello di Mara. Bube si avvicina a Mara, ma ben presto è costretto ad allontanarsi a riparare in Francia, colpevole di un omicidio a sfondo politico, maturato nel clima infuocato che investe l’Italia negli anni dopo la fine della guerra. La lontananza imposta dalle circostanze sembra raffreddare il sentimento tra i due giovani; ma il ritorno in Italia di Bube, l’arresto e la condanna a 14 anni di prigione rafforzeranno invece l’amore di Mara per lui, che deciderà di aspettarlo fino alla fine della sua pena.

Venerdì 7 maggio dalle 1.10 alle 6.00

POLVERE NEL VENTO: CINQUE MAESTRI D’ORIENTE (5)

a cura di Lorenzo Esposito e Roberto Turigliatto

AL DI LÀ DELLE MONTAGNE PRIMA VISIONE TV   

(Shan He Gu Ren, Cina, 2015, col., dur., 121’ 06’’,  v.o. sott. italiano)

Regia: Jia Zhangke

Con.: Zhao Tao, Zhang Yi, Liang Jingdong, Dong Zijang, Sylvia Chang, Rong Zishang 

Presentato in Concorso alla 68a edizione del Festival di Cannes e in seguito nella sezione “Special Presentations” del Toronto Film Festival. 

Il film prosegue il viaggio politico con cui Jia Zhangke racconta le grandi trasformazioni sociali della Cina contemporanea. Parlando di Al di là delle montagne il regista ha dichiarato: “Volevo raccontare la storia collettiva di un’intera generazione”.

Il film è diviso in tre parti. La prima parte è ambientata nella città di Fenyang (nella provincia settentrionale dello Shanxi) nel 1999. La 25enne negoziante Tao (Zhao Tao) è combattuta tra due pretendenti, gli amici di infanzia Liangzi (Liang Jingdong) e Jinsheng (Zhang Yi). Jinsheng è un benestante proprietario di una stazione di servizio che potrebbe migliorare drasticamente le sue condizioni di vita materiali. Lei si sente più vicina a Liangzi, un operaio nella miniera di carbone locale. Quando si confronta con entrambi gli uomini, Tao decide di sposare Jinsheng nella speranza di lasciare Fenyang. Con lui avrà un figlio di nome Dollar.

Nel 2014 Tao, ormai divorziata da Jinsheng, vive ancora a Fenyang dove gestisce la prosperosa stazione di servizio.. Jinsheng si è risposato e vive a Shanghai, ed è diventato ricco grazie agli investimenti. Liangzi lavora come minatore vicino a Handan, nella vicina provincia di Hebei, e si è ammalato. Daole (pronunciato Dollar in inglese), il figlio di 7 anni di Tao e Jinsheng, va a trovare la madre per il funerale di suo padre. Tao è turbata dalla distanza di Daole, che lei riconosce essere dovuta alle loro differenze culturali. Tao, sapendo che sono destinati a stare lontani, decide di prendere il treno lento con Daole, invece di rimandarlo in aereo a Shanghai. Come regalo d’addio, Tao dona a Daole un mazzo di chiavi di casa sua, in modo che possa tornare a casa di sua madre quando vuole.

Nel 2025 Daole (ora chiamato Dollar) frequenta il college in Australia. Litiga costantemente con suo padre per il suo desiderio di abbandonare il college e avere la libertà che non gli è mai stata concessa nella sua infanzia. Incontra Mia, la sua insegnante di lingua cinese, una donna più grande con la quale inizia una relazione. Dollar condivide con Mia il fatto che porta ancora con sé le chiavi che sua madre gli ha dato quando era un ragazzino e teme di non poter più rivedere la madre. Mia lo convince a tornare con lei in Cina per poter vedere Tao. 

I FIGLI DEL FIUME GIALLO PRIMA VISIONE TV

(Jiānghú érnǚ, Cina, 2018 col., dur., 130’ 28’’, v.o. sott. it.)

Regia: Jia Zhangke

Con: Zhao Tao, Liao Fan, Feng Xiaogang, Xu Zheng, Zhang Yibai 

Presentato in Concorso alla 71a edizione del Festival di Cannes.

Con questo film Jia Zhangke cerca di lavorare sulla situazione della Cina contemporanea indagando memorie così velocemente soppresse dal cambiamento da sembrare eventi mai accaduti. I figli del fiume giallo nasce anche da ricordi di gioventù del regista e utilizza come documentari sequenze girate durante le riprese di Still Life (il capolavoro del 2011 recentemente trasmesso in questo ciclo da “Fuori Orario”) ottenendo uno straniante rapporto tra passato e presente.

Il film, come tutti i film di Jia Zhangke da Unknown Pleasure (2002) in poi, è girato in video digitale. Jia Zhangke spiega così la sua scelta: “[…] Spesso scherzo sul fatto che solo il ritmo dell’evoluzione dell’attrezzatura digitale può tenere il passo con il ritmo dello sviluppo della Cina. Per me, questo film tratta molto di come, in questo arco di tempo di 17 anni, le connessioni umane e le emozioni umane – le relazioni interpersonali tra le persone – si evolvono e cambiano come risultato di tutto ciò. In superficie, si possono vedere molto chiaramente i cambiamenti prima e dopo l’era di Internet, cose come in passato c’erano treni lenti e ora ci sono treni ad alta velocità. Ma questo è a livello superficiale. Quello che mi interessa esplorare è cosa è successo in termini di mondo interiore a queste persone in questo particolare contesto storico, come le loro relazioni si sono evolute o dissolte e le ragioni delle dissoluzioni e delle evoluzioni” (“Slant Magazine”, marzo 2019).

2001. Qiao è la ragazza di un boss della mafia di nome Bin. Insieme hanno molto potere a Datong, una vecchia città mineraria che ora è diventata povera da quando il prezzo del carbone è sceso. Dopo che il capo di Bin viene assassinato, Qiao propone a Bin di scappare da tutto e di sposarsi ma Bin non è interessato. Una notte un gruppo di uomini li attacca con l’obiettivo di detronizzare Bin e quando le cose si stanno mettendo male, Qiao fa scappare gli aggressori sparando deu colpi di pistola. La polizia dice a Qiao che la pistola è detenuta illegalmente e le chiede di chi sia, ma lei afferma ripetutamente che è sua. Passa cinque anni in prigione per possesso illegale di un’arma da fuoco, e Bin non le fa visita durante questo periodo, nonostante lei lo abbia salvato e si sia presa la colpa per lui. Dopo il rilascio di Qiao, lei cerca di chiamarlo, ma non riesce mai a mettersi in contatto. Qiao allora si reca in barca nella città della provincia di Hubei dove vive Bin, e qui viene invece accolta dalla nuova ragazza di Bin. Qiao inizia una battaglia per riuscire a vedere Bin. Quando finalmente ci riesce, Bin le dice che è un uomo cambiato, non più un gangster e si rifiuta di ammettere di aver tradito Qiao. Qiao torna a Datong.

2017. Qiao riceve una chiamata da Bin e quando va a prenderlo lo trova su una sedia a rotelle, incapace di camminare. Lo riporta alla loro vecchia sala da gioco, dove lei ora lavora e molti dei suoi vecchi amici sono felici di vederlo. Lui è chiuso e irascibile, inizia subito a litigare e Qiao per poco non lo butta fuori. Lui le dice che ha avuto un ictus per aver bevuto troppo e lei trova un medico che lo aiuti a riabilitarsi. Quando riesce a camminare di nuovo, Bin scompare lasciando Qiao con solo un breve messaggio vocale per dire che è andato via. Qiao cerca di raggiungerlo ma inutilmente.

Sabato 8 maggio dalle 2.00 alle 6.30

UNA QUESTIONE PRIVATA: TRA AMORE E RESISTENZA

BEPPE FENOGLIO TRA TELEVISIONE E CINEMA

a cura di Simona Fina

TRACCE, COSA RESTA                PRIMA VISIONE TV
(Italia, 2021, b/n & col., dur., 40′)
Regia e montaggio: Barbara Elese, Erik Negro
Riprese: Barbara Elese, Erik Negro, Ivano Antonazzo, Giovanni Grillo, Edoardo Ciarmoli, Paolo Gambaudo
Protagonisti: Pietro Reverdito, Mario Ghiglione, Giovanni Moretti, Federico Piretto, Giuseppe Ricci

Nel 2015, nel 70 anniversario della Liberazione, cogliemmo l’occasione di raccontare quel che per noi significa la Resistenza, con il film “Guardiamoli negli occhi”, raccogliendo paesaggi e sguardi partigiani del nostro territorio. A sei anni di distanza la domanda “cosa resta?” pare essere l’unica frontiera dialettica possibile. Siamo tornati, dunque, sulle tracce di un questi anni passati, a guardare ciò che è rimasto e la prospettiva di un futuro. Queste sono le storie di ieri che abbiamo attraversato.  

UNA QUESTIONE PRIVATA – VITA DI BEPPE FENOGLIO

(Italia, 1998, b/n e col., dur., 60’)

Scritto da: Guido Chiesa con la consulenza di Luca Bufano

Regia: Guido Chiesa

Voci off: Stefano Viali e Andrea Bruschi

Ricerche: Piero Negri; Massimo Bergadano; Gianpiero Vico

Prodotto da: Palomar in collaborazione con Il Circolo Fenoglio 96 per Rai Tre

Sullo sfondo di un’Alba provinciale e conservatrice, i racconti di chi ha conosciuto Beppe Fenoglio (10 mesi di lavoro e quasi 200 interviste) permettono di ricostruirne la personalità, il rapporto con la città, Alba, le donne (in particolare con Fulvia, il suo primo amore, e con Luciana Bombardi, la donna che sposò in matrimonio civile e da cui ebbe una figlia, Margherita), l’esperienza partigiana, l’impegno civile dopo la guerra, le opere letterarie, i legami con gli altri intellettuali, le passioni, la malattia, il ricovero all’ospedale torinese Molinette e la morte.

“Credo che se mi sono occupato così tanto di Fenoglio, non è stato per la Resistenza o per le comuni radici piemontesi, ma perché mi ha permesso di fare i conti con una parte di me. Il migliore scrittore italiano del ‘900, comunque, a mio modesto avviso”. (Guido Chiesa)

«Che cos’è il Piemonte? Un luogo geografico, un istinto, un indicatore sociale? Direi prima di tutto che ci sono tanti Piemonte e che solo a certi patetici pala­dini della demenza padana può venire in mente di trovare delle matrici etniche. Per me, ad esempio, ci sono almeno quattro Piemonte, quattro che conosco e ho frequentato, quattro di cui posso parlare.

La provincia. Sono nato e cresciuto fino ai ventitré anni a Cambiano, piccolo paese contadino e cattolico della cintura torinese. Un paese in cui gli immigrati si sono “integrati” quando a Torino li chiamavano ancora “mau mau”, ma anche un posto dove ancora adesso comanda la DC quasi senza aver cambiato facce. Un luogo in cui dopo le otto di sera cè il coprifuoco, ma con la campa­gna a un passo da casa e l’odore dell’erba marcia ogni volta che fa grandine. Un posto da cui non vedevo l’ora di andarmene e che non mi lascerà mai.

Le Langhe. Fenoglio, la Resistenza, alcune radici famigliari (la nonna mater­na), il mondo contadino. Un coacervo di conservatorismo culturale e grandi figure umane, meravigliosi paesaggi e povertà ataviche. Ora, grazie a vino, noc­ciole e tartufi sono diventate ricchema per me rimangono un territorio ideale in cui far galoppare limmaginazione. (Guido Chiesa)

UNA QUESTIONE PRIVATA

(Italia, 2017, col., dur., 78’20”)

Soggetto: Beppe Fenoglio

Sceneggiatura: Paolo e Vittorio Taviani

Regia: Paolo e Vittorio Taviani

Montaggio: Roberto Perpignani

Con: Luca Marinelli, Valentina Bellè, Lorenzo Richelmy; anna Ferruzzo; Francesco turbanti; Alessandro sperduti, Gugliemo Favilla

Liberamente tratto dal capolavoro di Beppe Fenoglio – considerato da Calvino uno dei più bei romanzi italiani del Novecento – Milton ha il volto di Luca Marinelli mentre Lorenzo Richelmy è Giorgio. I due amici – l’uno introverso e riservato, l’altro allegro e solare – sono entrambi innamorati di Fulvia (Valentina Bellè). Lei si lascia corteggiare, giocando con i loro sentimenti. I tre ragazzi nell’estate del ‘43 si incontrano nella villa estiva di Fulvia per ascoltare e riascoltare il loro disco preferito: Over the Rainbow. E nonostante la guerra, sono felici. Un anno dopo tutto è cambiato. Milton e Giorgio sono ora partigiani. È inverno e la nebbia è calata su tutto.

“L’impazzimento d’amore, e di gelosia, di Milton, il protagonista, che sa solo a metà e vuole sapere tutto. Da qui siamo partiti per evocare, in una lunga corsa ossessiva, un dramma tutto personale, privato appunto: un dramma d’amore innocente e pur colpevole, perché nei giorni atroci della guerra civile il destino di ciascuno deve confondersi con il destino di tutti. Abbiamo amato sempre Fenoglio, che consideriamo il più grande scrittore italiano del dopoguerra, ma non siamo mai riusciti a fare un film dai suoi libri, siamo sempre arrivati tardi sui diritti, ad esempio per Il partigiano Johnny che poi fece Guido Chiesa. Ci eravamo un po’ rassegnati. Poi, mentre ero in vacanza a Salina, ho sentito alla radio Omero Antonutti che leggeva Una questione privata. Sono stato rapito, emozionato, e gli telefonato. Omero mi ha detto: “Pensa che tre minuti fa mi ha chiamato Vittorio per dirmi le stesse cose”. Allora sono tornato a Roma e ci siamo gettati a capofitto in questo libro straordinario per tradirlo e farne un film.”. (Paolo Taviani) 

“Ma noi non siamo affatto partiti dalla Resistenza, appunto perché ne avevamo già parlato. A noi interessava portare al cinema Beppe Fenoglio, un autore che abbiamo sempre amato. […]. Il dramma interiore che dilania il protagonista, Milton, diviso tra i suoi sentimenti e il momento storico che sta vivendo. Quando scopre che la donna che ama potrebbe avere avuto una relazione con il suo migliore amico, partigiano come lui che è stato catturato dai fascisti, impazzisce di gelosia e questo gli fa dimenticare gli ideali che lo hanno spinto a salire in montagna. Non a caso Italo Calvino paragonò questo libro all’ Orlando furioso perché anche lì abbiamo un guerriero che viene travolto dalla passione amorosa. Il film è tutto una corsa di Milton tra i monti per scoprire la verità su cosa c’ è stato tra Giorgio e Fulvia. […] Avevamo bisogno di un paesaggio più aspro delle langhe. Allora ci siamo spostati sempre in Piemonte, ma in Val Maira. Abbiamo girato a 2.300 metri con un freddo incredibile. I monti erano un vero anfiteatro naturale, ma al direttore della fotografia ho detto: “Taglia tutte le cime”. Non volevo che gli spettatori fossero distratti dalla loro bellezza. Volevo una vallata immersa nella nebbia e nella sofferenza». (Paolo Taviani)

IL MESTIERE DI RACCONTARE. BEPPE FENOGLIO: I 23 GIORNI DELLA CITTA’ DI ALBA – 1°, 2° e 3° PUNTATA

(Italia, 1973, b/n, durata totale 58’05”ca)

Regia: Peter Del Monte

Il mestiere di raccontare, programma televisivo di Anna Amendola e Giorgio Belardelli del 1973/74, analizza attraverso le sue puntate il romanzo contemporaneo (da Levi a Pratolini) grazie alle testimonianze di critici e personaggi vicini agli autori, ma anche attraverso lo studio dei luoghi e del contesto storico che vengono narrati. In queste tre puntate viene esaminato il romanzo I ventitré giorni della città di Alba, di Beppe Fenoglio, dedicato alla vita partigiana nei luoghi piemontesi. Attraverso il materiale di repertorio storico in bianco e nero (ripreso successivamente da tutti i programmi televisivi dedicati a Fenoglio), Del Monte compone un ritratto dello scrittore albese. Preziosi i commenti sul romanzo – e sullo stesso Fenoglio – di Livio Garzanti, Davide Lajolo e Maria Corti; i racconti sulla Resistenza in Italia, sulla guerra e sul ruolo di Fenoglio partigiano del fratello Walter e di alcuni amici; infine, l’amore per la città di Alba e la passione infinita  per la letteratura.

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