La programmazione di Fuori Orario dal 20 al 26 aprile

The State of the World con Gianikian-Ricchi Lucchi, Hondo e Sembene e poi cinema/tv della Resistenza tra Straub-Huillet, Olmi, Damiani, Cottafavi, Rosati e Lajolo-Lombardi

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OPEN DAY FILMMAKING & POSTPRODUZIONE: 23 maggio

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BORSE DI STUDIO per LAUREATI DAMS e Università similari

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SPECIALIZZAZIONI: la Biennale Professionale della Scuola Sentieri selvaggi

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Domenica 20 aprile dalle 1.40 alle 6.00

Fuori Orario cose (mai) viste                                                     

di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

THE STATE OF THE WORLD

a cura di Roberto Turigliatto

Una notte di Fuori Orario per i 50 anni di Amnesty International Italia,  organizzata in collaborazione con Blob  che presenta per l’occasione il documentario Human Lights di Fabio Masi e prodotto da Blob – RAI3

RITORNO A KHODORCIUR – DIARIO ARMENO                

(Italia, 1986, col., dur., 73′)

Di: Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi

Raphael Gianikian, padre del regista Yervant e unico testimone vivente, ai tempi delle riprese, del genocidio armeno del 1915, legge un diario scritto da lui negli anni Settanta, quando aveva deciso di tornare al Paese natale dopo la drammatica fuga. Testimonianza fondamentale, importantissima dal punto di vista etnografico, storico ma anche sentimentale, che racconta una pagina buia e sconosciuta della storia, Ritorno a Khodorciur – Diario Armeno è un documentario-intervista ma anche un vero e proprio lavoro di scandaglio nell’intimità di un uomo e del suo dolore. Tra i pochi superstiti ai terribili fatti del 1915, quando l’Impero ottomano deportò e uccise oltre un milione di persone, Raphael è l’unico protagonista, mentre la cinepresa non lo lascia solo un momento, accompagnandolo nella sua drammatica narrazione.   Con tono pacato ed estrema lucidità, il sopravvissuto presenta al mondo la sua tragedia personale che rispecchia il dramma di un popolo, non lasciando alcuno spazio alla retorica.

«Poche ore dopo il riconoscimento ufficiale del genocidio armeno da parte del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ho ripensato al mondo in cui sono cresciuto, alla memoria di mio padre, sopravvissuto al genocidio del 1915. Scrivo qualche pensiero riguardando dei fotogrammi di Raphael Gianikian, è stato l’unico protagonista del mio film “Ritorno a Khodorciur – Diario armeno,” Raphael morì undici anni dopo. Restano i suoi diari, i libri inediti, scritti in armeno dopo il “metz yeghern” (il Grande Male). I suoi testi raccontano della sofferenza di un popolo, che ha subito un genocidio negato da sempre. Nel film, mio e di Angela Ricci Lucchi, Raphael continua la sua opera di testimone e scrittore. La forza delle parole si fa immagine, una potenza che evoca il genocidio che non è stato cinematograficamente documentato a sufficienza. Oggi ricordo più che mai il racconto sul popolo armeno di Raphael, quando mi diceva spesso dell’infanzia perduta.»   (Yervant Gianikian)

SOLEIL Ô

(Mauritania- Francia, 1967, col., dur., 100′, v.o. sott., it.)

Regia: Med Hondo

Con: Robert Liensol, Théo Légitimus, Gabriel Glissand, Mabousso Lô, Alfred Anou, Les Black Echos.

Uno dei film africani più importanti del periodo intorno al ’68, presentato a Cannes e Locarno nel 1970, restaurato negli ultimi anni da The Film Foundation’s World Cinema Project, nell’ambito di un progetto più generale di riscoperta di  Med Hondo, vissuto in Mauritania ed emigrato  in Francia nel 1959, autore di numerosi film.

Un immigrato africano in cerca di lavoro scopre le violenze della “Douce France”, il razzismo generalizzato ma anche l’indifferenza e i privilegi dei dignitari africani che vivono a Parigi. Un’opera di lucida rivolta  contro tutte le oppressioni, prima di tutto la colonizzazione in  tutte le sue conseguenze politiche, economiche e sociali, e nello stesso tempo la denuncia dei fantocci che la Francia ha installato al potere  in molti paesi africani. Definito dal suo autore come  “10 anni di gollismo visti dagli occhi di un africano a Parigi”.

“Ci siamo trovati ad essere artisti ‘di colore’, come si dice di solito, per puro caso insieme a Parigi sostanzialmente per le medesime ragioni, Bachir, Touré, Robert e io e ci siamo trovati nel bel mezzo di un paese, di una città, nella quale rimediare di che vivere, in parole povere, dove lavorare, : essere un attore, un musicista, un cantante. E dove, però, ci si è subito resi cono che le porte erano chiuse (…) Allora, per uscirne abbiamo deciso di fondare un gruppo teatrale e nell’attesa abbiamo realizzato un film tutti insieme, Soleil Ô  (..) Tutte le scene sono ispirate alla realtà. Perché il razzismo non si inventa, soprattutto al cinema. E’ una specie di mantello che ti mettono addosso, con cui sei obbligato a vivere. (…) Ma so bene che il cinema da voi definito cinema-verità ha sempre evitato di dire cose del genere…”.  (Med Hondo, 1970)

IL CARRETTIERE                                         

(BOROM SARRET)

(Borom sarret, Senegal/Francia, 1962, b/n durata 19’, v.o. sott.it.)

Regia: Ousmane Sembene

Con: Ly Abdoulaye (il carrettiere), Albourah (il cavallo)

Opera prima del grande cineasta senegalese Ousmane Sembene di cui a breve Fuori Orario manderà in onda anche Le Noir de, è uno dei film fondativi del cinema africano. In poco meno di venti minuti Sembene racconta la giornata di un carrettiere povero e del suo cavallo nella città di Dakar, tra corse non pagate, sotterfugi dei clienti e impedimenti della polizia schierata a difesi dei benestanti. Infatti olte ore di lavoro ancora lo attendono, ma la polizia gli sequestra il carretto, perché, per soddisfare un ricco cliente, ha osato oltrepassare il confine invisibile che separa la città dei poveri dai quartieri alti. La visione e la forza del cinema di Ousmane Sembene, i corpi e la luce dell’Africa fanno di questo breve film un’opera fondamentale.

FRAMMENTI ELETTRICI N. 4 – ASIA

(Italia, 2005, col., dur., 32’)

Regia: Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi

Con la serie “Frammenti elettrici”, co-prodotta da Fuori Orario, Gianikian e Ricci Lucchi esaminano “l’incontro con l’altro”. Nel numero 4 ripercorrono continenti e popolazioni attraverso film  di privati che viaggiano in Asia nei primi anni ‘70. Un lavoro per smontare le propagande folcloristiche dello “sviluppo” del turismo in paesi che subiscono devastazioni, guerre, massacri.

 

Venerdì 25 aprile dalle 1.40 alle 6.00

AUTOBIOGRAFIA TELEVISIVA DI UNA NAZIONE

Ora e sempre Resistenza

A partire dagli anni 60 una rinnovata attenzione storiografica prende in esame gli anni del regime fascista, della guerra, della Resistenza. Il relativo attenuarsi dei contrasti politici, ma anche la relativa vicinanza cronologica, favoriscono questa nuova leva di interessi, che coinvolge anche il cinema italiano, allora ancora strumento principale di riflessioni ed emozioni popolari. Ecco quindi la presenza di numerosi registi e sceneggiatori che si avvicinano ad avvenimenti spesso vissuti in prima persona: Comencini, Risi, Vancini, Maselli, Puccini, Loy, De Bosio, Lizzani, Salce, Sonego, Scola,  che, spesso anche con la mediazione offerta dalla commedia all’italiana, ragionano in maniera critica su quel periodo, riprendendo, senza affatto svilirle, le prove dei vari Rossellini, Amidei, De Santis, Zampa, Lattuada…

La nostra televisione deve attendere una “copertura maggiore”, non solo geografica, ma anche “politica”, per impegnarsi anch’essa in un approccio più critico, moderno. Lo farà  anche qui, in particolare, a partire da metà degli anni 60, con le trasmissioni curate da Zavoli, De Felice, l’intervento di esperti in rubriche specializzate, e poi via via e sempre di più con docudrammi, film a soggetto appositamente prodotti, trasposizioni di romanzi e racconti. A metà degli anni 70, con la riforma, si moltiplicheranno gli esempi di trasmissioni sempre più incentrate sulla raccolta di testimonianze, non solo di storici, ma di gente comune, spesso comuni testimoni dei fatti.

In questa puntata di fuori orario, costruita in occasione dell’anniversario della Liberazione, presentiamo alcuni esempi significativi di queste produzioni: dalle due puntate della serie di Raitre  del 1980 FINCHE’ DURA LA MEMORIA, con la messa a confronto di un momento storicamente e drammaticamente  indelebile come l’esposizione del corpo del duce a piazzale Loreto, insieme con le storie minime e dimenticate di una formazione partigiana del tutto particolare; il docufilm di Corrado Stajano ed Ermanno Olmi, già del 1971, sulla celebre banda “Italia Libera”, operante in Piemonte, insieme alla semplici testimonianze delle partigiane liguri raccolte dai cineasti Lajolo e Lombardi per la sede regionale Rai di Genova.

a cura di Paolo Luciani

nella notte

NASCITA DI UNA FORMAZIONE PARTIGIANA

(Italia 1973 bianco e nero) durata 62’

Regia: Ermanno Olmi

Ottava ed ultima puntata del programma “Tragico e glorioso ‘43”

“ … in questo, forse più che in altri programmi di carattere storico dei due autori, si fonde la ricostruzione della fiction con il linguaggio televisivo, il docudramma con l’inchiesta fondata sulle interviste dei testimoni e dei protagonisti… si passa a “raccontare”, con semplicità documentaristica, le storie di coloro che sono scomparsi, e di quelli che sono presenti con le loro parole e i loro ricordi. Spesso gli intervistati si confrontano, ricordano insieme questo o quell’episodio, come vecchi compagni d’arme o, meglio, come semplici compagni di scuola che si ritrovano insieme dopo un ventennio.   Ma c’è anche qualche volto noto, come Nuto Revelli che racconta, leggendo il brano di un suo libro, il clima della giornata dell’8 settembre 1943, le incertezze dei soldati di fronte all’ annuncio di Badoglio, l’iniziale allegria e l’illusione del “tutti a casa”, la paura dell’arrivo dei tedeschi, le prime riunioni dei  più consapevoli nello studio di avvocato di Duccio Galimberti, che pagherà poi con la vita il suo impegno antifascista. La costituzione di quelle che saranno definite bande partigiane avviene in maniera quasi naturale, quando ci si rende conto che non e’ possibile sottrarsi ad una scelta….ricostruzione fedele dei fatti, riflessione, interviste ai protagonisti, ritorno sui luoghi, ricerca delle radici del presente in un passato che non deve essere dimenticato, saldatura tra ieri ed oggi, incrocio tra microstoria e grande storia, rifiuto di qualsiasi intento celebrativo o di ricorso ad artifici retorici, storia come insegnamento per i giovani, ritorno al passato per guardare al futuro, storia viva, storia presente, storia, verrebbe da dire, come impegno civile. Questo il senso delle opere televisive firmate da Olmi e Stajano,  girate con scarsi mezzi, e con la partecipazione della gente del posto. Opere volutamente poco spettacolari, ma dense di memoria e di significati, etico-politici, , tra le piu’ interessanti non solo di quel periodo, nel fondere il linguaggio televisivo con la divulgazione storica. Una storia “dal basso” che privilegia il racconto dei fatti rispetto alla dimensione epica, una storia sociale piu’ che politica in senso tradizionale, in corrispondenza, consapevole o meno, con le nuove tendenze storiografiche che stavano innovando, non senza difficoltà e resistenze, la stessa storiografia contemporanea del periodo”.

(Pasquale Iaccio: La storia nei film per la Rai di Olmi. In “Ermanno Olmi a cura di Adriano Aprà, Marsilio editore)

MEMORIA POPOLARE – DONNE DELLA RESISTENZA

(Italia 1980  bianco e nero e colore) durata 32’ c.a.

Regia: Anna Lajolo, Guido Lombardi

Si tratta di uno dei lavori realizzati dai filmaker per la sede regionale ligure della Rai.

Attraverso una serie di interviste e scarni  contributi girati per l’occasione, si  racconta il contributo offerto dalle donne al movimento di resistenza in liguria, dalle prime ore dell’8 settembre 1943. Le testimonianze spaziano da chi ha seguito in montagna il marito che ha scelto di fare il partigiano, a chi si e’ prodigata come staffetta, rifornitrice di armi e vettovaglie, da chi si e’ da subito scontrata nella vita di tutti i giorni con collaboratrici fasciste a chi ha imbracciato il mitra nelle prime bande, spesso unica donna.

PIAZZALE LORETO

(Italia 1980 colore e bianco/nero) durata 62′

Finchè dura la memoria: un programma di Francesco Falcone

Regia: Damiano Damiani

“Questo programma è stato  realizzato con la partecipazione di testimoni oculari e di uomini e donne della Resistenza.” Questa avvertenza, messa in testa ai titoli di testa di questo documento, offre immediatamente il senso di alcune delle puntate di questa trasmissione, che la giovanissima Raitre decide di dedicare a momenti della nostra storia, allora relativamente recente, incentrando in particolare l’attenzione alla lotta di liberazione. Il compito viene di volta in volta  affidato ad un regista per puntata, piu’ o meno giovane, più o meno noto. In questo caso Damiano Damiani ricostruisce, anche con ricordi personali, la tragica giornata del 29 aprile 1945 a Milano,con l’esposizione a piazzale Loreto dei corpi di Mussolini, Petacci ed alcuni gerarchi del fascismo, fucilati alcuni giorni prima. L’eccezionalità del documento e’ data dalle testimonianze, tutti testimoni oculari dei fatti; da Riccardo Bauer  e Leo Valiani, allora presenti sulla piazza di Milano come dirigenti del movimento di liberazione, da partigiani coinvolti direttamente negli avvenimenti a semplici cittadini milanesi, tutti in grado di ricordare e valutare le loro emozioni del momento e le riflessioni successive. Damiani incontra anche i parenti dei 15 Martiri, gli antifascisti che circa un anno prima furono uccisi ed esposti dai fascisti nella stessa piazza, da allora luogo tragico della nostra storia.

LA VALLE DELLE FONTITracce di un sentimento.

(Italia 1980 colore e bianco/nero)  durata  50’ c.a.

Finchè dura la memoria: un programma di Francesco Falcone

una produzione Rai-Radiotelevisione Italiana Raitre

Regia: Faliero Rosati

La storia di una singolare formazione partigiana che operò dal 1944 sui monti pisani; formata per la metà da soldati e prigionieri di origine non italiana, ex paracadutisti sfuggiti ai rastrellamenti, prigionieri evasi da carceri e campi di di internamento…inglesi, russi, francesi, greci ed italiani, giovani renitenti alla leva, vecchi e nuovi antifascisti; una vera e propria brigata internazionale. L’autore è lui stesso parente di un caduto di quei giorni e ricostruisce la storia di questa esperienza partigiana con le testimonianze di chi c’era, confrontandosi con il permanere, a quaranta anni dai fatti, dell’esempio e del lascito di quegli uomini e di quelle donne.

 

Sabato 26 aprile dalle 0.50 alle 7.00

“QUANDO DI NUOVO LA TERRA RISPLENDERÀ PER VOI”: 25 aprile: letteratura, cinema, paesaggio

a cura di Roberto Turigliatto 

LA TORTA DI RICCIO (secondo episodio di GENTE DELLE LANGHE)

(Italia, 1974, col., 21’c.a.)

Regia: Vittorio Cottafavi

Da un capitolo di “Una questione privata” di Beppe Fenoglio

Con: Pierluigi Pena, Pino Colizzi, Antonio Cioci, Angelo Bertolotti

Il film televisivo di Vittorio Cottafavi Gente delle Langhe, composto di tre episodi, L’eremita (dal racconto omonimo di Cesare Pavese), La torta di Riccio (da un capitolo di Una questione privata di Beppe Fenoglio), Incontro con il padre (dal libro Come e perché di Davide Lajolo), è stato trasmesso dalla RAI una sola volta diviso in tre parti il 15, 22, e 29 ottobre del 1974 all’interno della TV dei ragazzi.

Il film è da allora irreperibile ed è stato considerato perduto.

Fuori Orario nel 2020 ha ritrovato un supporto in bianco e nero della terza parte, Incontro col padre, nelle Teche di Torino.  In seguito è stato ritrovato anche il secondo episodio, La torta di Riccio, presso il Centro Studi Fenoglio della Fondazione Ferrero di Alba (una copia a colori in vhs ricevuta da loro dalle Teche Rai di Torino, dove peraltro l’originale in seguito non è più stato ritrovato). A tutt’oggi è l’unico materiale di cui disponiamo di questo film che finalmente presentiamo in questa notte di Fuori Orario con la dovuta avvertenza che si tratta di un supporto di bassa qualità tcnica..  Si tratta di due ritrovamenti importanti e i due episodi vanno collocati tra le grandi opere del Cottafavi televisivo. Continuano le ricerche per ritrovare anche il terzo episodio. Per Cottafavi Gente delle Langhe era un’opera unica divisa in tre parti.

««I colori delle Langhe mi hanno affascinato. Sono colori tonali; verdi che tendono ai grigi, azzurri che tendono ai bianchi. Ho cercato di rispettarli, anche se per ora i tre sceneggiati andranno in onda ancora in bianco e nero. Ma il problema più grosso è stato quello di raggiungere attraverso scrittori così diversi tra loro, anche se con numerosi interessi comuni, una certa coerenza spettacolare, di linguaggio visivo. È il problema di sempre, quando si affronta il rischio di trasferire opere letterarie in immagini e suoni (…) Credo infatti di essere riuscito a tradurre i tre racconti come altrettanti atti di un’unica commedia umana. Le tre vicende, o se si vuole testimonianze, che abbracciano altrettanti momenti importanti della nostra storia, essendo ambientati in un arco di tempo che va dagli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto mondiale, alla Resistenza ed al primo dopoguerra, hanno in comune la storia di un intenso rapporto umano tra due persone (…  In L’eremita di Pavese, vi è inca-pacità di comunicare che si stabilisce tra un bimbo e suo padre. Nel racconto di Fenoglio vi è il drammatico rapporto di un ragazzo, una staffetta partigiana, con un uomo, un fascista, che ha ricevuto l’ordine terribile di fucilarlo. Nel terzo, quello di Lajolo vi è l’incontro di un figlio». Nell’intervista di Nino Ferrero al regista, pubblicata su “L’Unità” il discorso si sposta ad una precedente esperienza fatta da Cottafavi sempre nelle Langhe, quando anni prima proposto ai dirigenti della RAI di portare sui teleschermi il romanzo di Fenoglio II partigiano Johnny. Gli fecero fare vari sopralluoghi, ma dopo aver letto la sceneggiatura, il progetto venne accantonato per motivi di costo. Cottafavi allora ridimensionò le spese, addirittura dimezzandole; ma niente da fare; ai dirigenti risultava sempre troppo caro. Cosi non se ne fece più nulla.  Ma il regista non ha perso tutte le speranze, e il progetto è sempre lì, nel suo cassetto, ad immediata portata di mano. «Credo sia ancora valido, soprattutto per i giovani, ai quali -il romanzo di Fenoglio potrebbe chiarire certi aspetti meno noti della lotta partigiana ». (da un ‘intervista di Nino Ferrero a Vittorio Cottafavi, “L’Unità” , 20-26 prile 1974)

LES GENS DU LAC                                                           

(Svizzera, 2018, col., dur., 18′, v. o. sott. italiano)

Regia: Jean-Marie Straub

Il film rievoca l’attività al servizio della Resistenza di due pescatori sul lago di Ginevra durante l’Occupazione nazista come descritto dalla scrittrice svizzera Janine Mansard nel romanzo dallo stesso titolo. Straub segue in particolare l’itinerario sul lago del figlio dei due pescatori, Paulus, per prestare soccorso ai fuggitivi. Così come aveva fatto più di dieci anni prima tracciando l’itinerario di Jean Bricard  nell’ultimo film realizzato con Danièle Huillet, Itinéraire de Jean Bricard. 

I MORTI RIMANGONO CON LA BOCCA APERTA

(Italia-Spagna, 2022, b/n., dur., 85′)

Regia: Fabrizio Ferraro

Con: Emiliano Marrocchi, Domenico D’Addabbo, Fabio Fusco, Olimpia Bonato, Antonio Sinisi

Il film, è stato girato da una piccola troupe nell’Appennino Centrale, siamo nel 1944 e il paesaggio innevato è testimone della fuga di quattro partigiani braccati che cercano un rifugio. Mentre vagano nella tormenta incontrano una giovane ragazza e inizia una fuga tra le montagne innevate che apre crepe sul senso profondo delle parole amore e libertà.

Con questo film, che fa parte del polittico “Indesiderati” iniziato con Indesiderati d’Europa e proseguito con La veduta luminosa e Checkpoint Berlin, Ferraro si chiede: “Cosa ci dicono i morti e perché difficilmente ci mettiamo ad ascoltarli? Continuamente ci dicono qualcosa… anche di questo nostro presente, un Piano fisso bianco. Certo, le immagini potranno aiutarci purché si astengano dal dire. Allora, forse, finalmente riusciranno ad incontrare la vita pulsante nel momento stesso del suo farsi e a farci sentire che le nostre grandi paure non vengono mai dal futuro ma dal passato, come ci ricorda Primo Levi.”

COME UNA PERLA MIMETIZZATA TRA LE ALGHE

(Italia,  2022, col., dur.,129′ c.a.)
Regia: Erik Negro

Con: Margherita Assandri, Pietro Baccino, Simone Barisione,
Pietro Martino, Serena Panaro, Eleonora Pirrone, Mathilda Malfatto, Serena Oliveri, Vittoria Orsi, Sara Valmorbida
Grazie a: Bianca Roagna, Margherita Fenoglio e al “Centro Studi Beppe Fenoglio” di Alba.

Un film dedicato a Beppe Fenoglio, ai luoghi della sua vita e delle sue opere.

“Un racconto per immagini di un viaggio di due ragazzi, in quattro stagioni attraverso uno spazio unico alla ricerca di un anima. Trattare per immagini il “materiale” Fenoglio porta a lavorare costantemente su un limite molto sottile che dal particolare si eleva all’universale. Un esperimento visivo che ha la Langa, e il suo destino, come scenario e motore imprescindibile, da guardare con linguaggi e strumenti sempre diversi. Il suono che si muove ciclico attorno alle parole e struttura la persistenza del paesaggio; infine, gli incontri, quello dell’autore, quello con gli archivi, quello di un’ altra generazione.Lo svelamento è parte del viaggio, più difficile è restituirne ciò che è stato, la matericità di una presenza sempre più viva che ancora abita quelle creste.” (Erik Negro

DALLA NUBE ALLA RESISTENZA

(Italia/Germania/Francia 1979, col., dur., 101′)

Regia: Danièle Huillet, Jean-Marie Straub

Con: Olimpia Carlisi, Guido Lombardi, Gino Felici, Lori Pelosini, Walter Pardini, Mauro Monni, Gianni Toti.

Nel primo segmento del film troviamo sei racconti ripresi dai Dialoghi con Leucò (1947) di Cesare Pavese; nella seconda parte troviamo brani di un altro libro di Pavese, La luna e i falò (1950). Sui testi di Cesare Pavese viene tracciata la parabola dell’umanità dal mito alla storia. Nel cielo del Mito, i destini degli umani sono soggetti alla volontà degli dèi: ed è sui temi legati al potere che si articolano i dialoghi della prima parte del film. Nella seconda parte i racconti di guerra dell’artigiano-musicista Nuto trovano un attento ascoltatore nel Bastardo, rientrato dall’America nelle natie Langhe dopo il 25 aprile. Nuto e Bastardo ricordano e discutono della Resistenza, ma il Bastardo scopre che tutti quelli che conosceva sono morti e che la guerra ha profondamente cambiato i rapporti fra le persone.


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