La programmazione di Fuori Orario dal 28 agosto al 3 settembre

Su Fuori orario la versione restaurata di Il colore del melograno. Gli altri film: Occhi senza volto, Profezia di un delitto, Passion, Le più belle truffe del mondo e City Hall

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Domenica 28 agosto dalle 0.50 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

TRAME DI MESSA IN SCENA

a  cura di Roberto Turigliatto

LE PIÙ BELLE TRUFFE DEL MONDO                                

(Les plus belles escrocqueries du monde, Francia-Olanda- Giappone-Italia, 1963, b/n, dur., 106’)

Regia: Roman Polanski, Claude Chabrol, Hiromichi Horikawa, Ugo Gregoretti

Film a episodi diretto da diversi registi in diverse città (Parigi, Amsterdam, Tokyo, Napoli).  Dall’edizione definitiva è stato eliminato dai produttori il geniale episodio di Godard intitolato Le grand escroc e girato a Marrakesh. Nel film ne restano quattro. La collana di diamanti di Roman Polanski:  una ladra d’alta classe, bella ed elegante, inganna un famoso psichiatra presentandosi come moglie di un famoso gioielliere e si impadronisce di una favolosa collana. L’uomo che vendette la Torre Eiffel di Claude Chabrol: un truffatore inganna un ingenuo turista vendendogli la Torre Eiffel a peso di ferro. La dentiera di Hiromichi Horikawa: un giapponese si vanta con un’entraîneuse di aver pagato una fortuna per la propria dentiera in platino. Foglio di via: Una prostituta ritorna clandestinamente a Napoli e cerca di sposare un vecchio dell’ospizio per poter restare.

PROFEZIA DI UN DELITTO                                                  

(Les Magiciens, Francia, 1976, col., dur., 89′)

Regia: Claude Chabrol

Con: Stefania Sandrelli, Franco Nero, Jean Rochefort, Gert Fröbe, Gila von Weitershausen

In viaggio per l’isola di Djerba, il ricco sfaccendato Edouard incontra un vecchio prestigiatore, Vestar, che gli predice il delitto di una donna nel deserto. Per realizzare tale predizione, Edouard tenta di aggravare la crisi di coppia che due giovani, Sadry e Sylvia, stanno attraversando. Quando Sylvia scopre il marito con un’altra donna, Sadry è sul punto di ucciderla, poi rivolge il suo odio contro il «mago» autore della predizione.  Dal romanzo Initiation au meurtre di Frédéric Dard, sceneggiato da Paul Gégauff. .

«Ci sono solo due scene che amo molto. La prima è giocata sull’autosuggestione, quando il personaggio dice che la caduta della statuetta porterà cose terribili. La seconda è il finale». (Claude Chabrol)

OCCHI SENZA VOLTO                                    

(Les yeux sans visage, Francia 1959, b/n., dur., 80’)
Regia: Georges Franju
Con: Edith Scob, Alida Valli, Pierre Brasseur, Fançois Guérin, Claude Brasseur, Juliette Mayniel, Yvette Etiévant

Un noto chirurgo è ossessionato per aver sfigurato la figlia in un incidente automobilistico. Per farsi perdonare esegue continui trapianti sul volto della ragazza, utilizzando la pelle del viso di altre giovani che gli vengono portate dalla sua assistente e torturate. In questo, che doveva essere un film per la famosa Hammer, Franju fa un perverso bilancio fra Simenon e Bataille. Numerosi i remake e gli epigoni, da Jesus Franco a John Woo.

 

Venerdì 2 settembre dalle 0.40 alle 6.00

RAGGIUNSERO IL TRAGHETTO – FUORI ORARIO VENEZIA 79  (1)

CITY HALL  PRIMA VISIONE TV

(USA, 2019, col., dur., 265’, v. o. sott., it.)

Regia: Frederick Wiseman

L’amministrazione di Boston e i suoi rapporti con la comunità nel capolavoro del regista americano presentato alla Mostra di Venezia nel 2019.

“Il governo di una città riguarda quasi ogni aspetto della vita. La maggior parte di noi non ne è consapevole, o dà per scontati servizi fondamentali come la polizia, i vigili del fuoco, la sanità, il dipartimento degli affari dei veterani, l’aiuto agli anziani, la manutenzione dei parchi, le autorizzazioni per varie attività professionali, la registrazione di nascite, matrimoni e morti insieme a centinaia di altre attività che tutelano i residenti e i visitatori di Boston. Il film spiega anche i vari modi in cui l’amministrazione dialoga con i cittadini su temi che comprendono giustizia razziale, edilizia accessibile, azioni sul clima, e i problemi collegati a chi non ha una casa. City Hall mostra un governo cittadino che riesce a offrire un’ampia varietà di servizi a una popolazione eterogenea”.

(dal catalogo della Mostra di Venezia, 2019)

“Ho girato City Hall per dimostrare che è necessario avere un governo se si vuole vivere bene insieme. City Hall ritrae un’amministrazione che offre un’ampia varietà di servizi importanti e necessari in una delle maggiori città americane, la cui popolazione ben rappresenta la storia della diversità̀ degli Stati Uniti” (…) Il montaggio è un modo di trovare una forma, di spiegare la realtà a me stesso. Le migliaia di ore che ho girato nel corso degli anni comportano centinaia di migliaia di scelte – di soggetti, di luoghi, di momenti – durante le riprese e il montaggio. Si tratta quindi chiaramente di fiction, o di ciò che una volta ho definito scherzando reality fiction. Visiono il girato a mano a mano, tutte le sere, con il mio operatore, ma non monto progressivamente. Le giornate sono troppo stancanti e il montaggio è un’operazione molto precisa, non è un’attività mentale”. (Frederick Wiseman)

 

Sabato 3 settembre dalle 1.00 alle 6.30

RAGGIUNSERO IL TRAGHETTO – FUORI ORARIO VENEZIA 79 (2)

IL COLORE DEL MELOGRANO         PRIMA VISIONE TV DELLA VERSIONE RESTAURATA

(Sayat Nova, URSS-Armenia, 1966, col., dur., 77’, v. o. sott., .it.)

Regia: Sergej Paradžanov

Con: Sofiko Čiaureli (il Poeta da giovane/l’amata del Poeta/la monaca in pizzo bianco, l’Angelo della Resurrezione/il mimo), Melkon Alekjan (il Poeta da bambino), Vilen Galustjan (il Poeta monaco), Georgij Gegečkori (il Poeta anziano)

Il capolavoro di Sergej Paradžanov, è stato restaurato dalla Cineteca di Bologna e dal Film Foundation, a partire dalla copia di distribuzione armena proiettata nell’ottobre del 1969 a Erevan con  integrazioni dalla copia sovietica.

Una fantasia poetica su Sayat Nova (ca. 1712-1795), trovatore armeno (ashugh) che componeva i suoi versi in lingua armena, azera e georgiana. A un tempo solenne e sensuale, il film celebra lo spirito creativo transcaucasico attraverso una successione di dipinti, pantomime, oggetti di folklore e quadri allegorici in un’atmosfera autenticamente armena. L’estetica radicale del film ha ispirato registi quali Jean-Luc Godard e Mohsen Makhmalbaf.  Paradžanov aveva strutturato la sceneggiatura originale in una serie di “miniature” che dovevano evocare i principi pittorici e narrativi dell’arte armena e persiana.

“Guardare Sayat Nova, è come aprire una porta ed entrare in un’altra dimensione dove il tempo si è fermato e la bellezza si manifesta senza costrizioni. (…) I tableaux cinematografici di Paradžanov sembrano intagliati nel legno o nella pietra e i colori paiono essersi materializzati naturalmente dalle immagini nel corso dei secoli”. (Martin Scorsese, dal catalogo di Cinema Ritrovato, 2014)

DUE ORE IN UNA STANZA CON GIANNI E PARADJANOV

(Italia, 1988, col, dur., 50’, v. o. sott. it.)

Conversazione  tra  Sergej  I. Paradžanov e Gianni Buttafava all’Hotel Des Bains durante la Mostra del Cinema del 1988

“L’ultimo lavoro fatto con Gianni. C’eravamo persi (invece la voce, la sua voce, era lì, celata alla nostra distrazione da “un’altra pista”) la sua traduzione in voce di buona parte della lunga impossibile (definirla così) “intervista” con Paradjanov registrata in video durante la Mostra del Cinema del 1988 a Venezia, e pochi mesi fa era tornato a prepararci i sottotitoli. Settembre 1988 al Des Bains, la stanza d’albergo di Paradjanov (che non aveva tempo e poi ne aveva troppo) sembrava di volta in volta enorme e piccolissima, come in un film dei Marx. Conteneva due intervistatori di “Libération”, un fotografo belga con un’altra fotografa e assistente, due o tre amici di Paradjanov (un altro andava e veniva dal bagno), tre persone della nostra troupe RAI, Gianni e io, un telefono sempre in linea. E Paradjanov continuava a attraversarla in qua e in l`, a scarti più che a scatti, svelando cimeli portati lì per scambio o vendita impossibile, per omaggio affettuoso a “amici” italiani (“Dov’è Fellini?” gridava “Dov’è ‘tanina’ Guerra, dov’è la Masina, dov’è Mastroianni”, e chiedeva ogni cinque minuti se poteva avere una cassetta di Amarcord o de La nave va, prima di partire)”.  (enrico ghezzi, dal catalogo della 37° edizione del Torino Film Festival, novembre 2019)

SCENEGGIATURA DEL FILM PASSIONE (SCÉNARIO DU FILM PASSION)       

(Francia, Svizzera, 1982, col., dur.,54’, v. o. sott., it.)

Regia, montaggio: Jean-Luc Godard

Con: Jean-Luc Godard, Jerzy Radziwilowicz, Hanna Schygulla, Michel Piccoli, Isabelel Huppert

Scénario du film Passion è, con Lettre à Freddy BuachePuissance de la parole e Histoire(s) du Cinéma uno dei momenti più affascinanti dell’opera godardiana degli anni ’80 e ’90,  un’opera in diversi capitoli che si è via via costruita nel tempo. E’ un film più emozionante dello stesso Passion, testimonianza dell’impegno del regista in queste opere che sono apparentemente dei “corollari” e invece si sviluppano liberamente come opere autonome: come nella Lettre à Freddy Buache la voce di Godard esita, balbetta, sembra mimare i momenti di incertezza nel corso della lavorazione del film. Per concludere con un incantesimo che è qualcosa di nuovo nel cinema godardiano”. (Suzanne-Liandrat-Guigues, Jean-Louis Leutrat)

“L’incredibile stratificazione concettuale dello “scénario de Passion”, la sua passione illuministica di mettere bene in luce tutte le oscurità analitiche della “creazione cinematografica” finiscono per rappresentare la costruzione fantastica del corpo dell’autore con sovrimpresso in testa (dentro l’immaginazione) il film in tutte le sue fasi, temporaneamente già concluse – ma viste così tutte insieme – sfatte, slabbrate, intrecciate l’una con l’altra”. (enrico ghezzi)

PASSION                                                 

(Francia, Svizzera, 1982, col., dur., 88’, v. o. sott., it.,)

Regia, sceneggiatura, montaggio: Jean-Luc Godard

Con: Isabelle Huppert, Hanna Schygulla, Jerzy Radziwilowicz, Michel Piccoli, Laszlo Szabo, Jean-François Stévenin

Un regista polacco gira in studio, in Svizzera, un film incentrato su “tableaux vivant” che riproducono opere famose della pittura occidentale.

“Se questo film è una “passione”-  e in effetti  lo è – è la passione del  cinema stesso, dilaniato tra il puro e l’impuro, la geometria e il caos, la comunicazione e il rumore. Tutti i cineasti cominciano col ridurre questo scarto ancor prima di iniziare il film, proteggendosi dal rumore e dal caos.  Godard, che ama al tempo stesso il rumore e la musica, mette in evidenza proprio lo scarto, ne fa il punto di partenza (…)  Il cinema viene effettivamente salvato da Passion (…) E Godard sceglie la via più difficile, ricordarci da dove viene realmente il cinema (il rumore cacofonico del mondo, la singolarità irriducibile delle cose, le variazioni della luce) e tendere malgrado tutto verso ciò cui il cinema non potrà mai pretendere se non per illuminazioni, la bellezza assoluta. La grande forza estetica di Godard consiste nel sapere che non c’è vera bellezza se non nella scintilla che si crea tra questi due poli”. (Alain Bergala, Cahiers du Cinéma, luglio-agosto, 1982).

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