La programmazione di Fuori Orario dal 4 al 10 luglio

Da Kaurismaki a Bangla, da Straub a Rossellini fino a Kafka fino a Fortini. Tutto quello che c’è su Fuori Orario da stanotte a sabato 10

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CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

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Domenica 4 luglio dalle 1.00 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta

PUISSANCE DE LA PAROLE

visioni, corpi, voci di scrittori e poeti alla deriva tra cinema e TV (4)

a cura Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

ENCICLOPEDIA AUDIOVISIVA – KAFKA                                    

(Italia-Francia-UK, 1992, col., durata 53’)

Regia: Zbigniew Rybczynski

Con: Birgit Bofarull, Peter Lucas

Girato per il progetto internazionale Enciclopedia Audiovisiva, con vari segmenti dedicati ad artisti di diverse discipline per altrettanti registi tra cui spicca anche il Gershwin di Resnais, Kafka è il film in cui Rybczynski sperimenta la tecnologia HDTV. Il cineasta polacco trova nel digitale la possibilità di movimenti di macchina impossibili con il 35mm, lavora sul colore e gli attori per raggiungere un’altra dimensione e una surrealtà straniata che incontra le opere di Kafka.

«Quando ho realizzato il mio ultimo film, Kafka, dieci anni fa, ho capito che era tempo per me di mettermi a studiare. E ho cominciato a lavorare alla programmazione dei computer. è il linguaggio del futuro, dalle implicazioni anche superiori a quelle della scrittura perché comprende un elemento affascinante, la capacità di costruire un’immagine e catturarla con un metodo scientifico. Non è difficile che in un futuro prossimo potremo sostituire alla lente ottica una «lente intellettuale», capace di una visione che attraversi il tempo e sia capace di vedere il passato e prevedere il futuro. Scopriremo che l’immagine contiene una sorta di mistero divino, che sarà testimoniato dall’ immagine multitemporale capace di penetrare in altre regioni dello spettro visivo, esattamente come oggi siamo capaci di vedere dentro ai corpi o attraverso i corpi grazie alle tecnologie specifiche». [Zbigniew Rybczynski da un incontro alla Milanesiana con enrico ghezzi e Umberto Eco nel 2003]

 

UNA SERA, UN LIBRO – FEDERICO FELLINI E AMERICA DI FRANZ KAFKA

(Italia, 1988, col., dur., 18’)

Per la serie Una sera, un libro Federico Fellini sceglie America di Franz Kafka e racconta le diverse fantasie e progetti suggeriti dall’opera dello scrittore ceco.

 

UNA CONVERSAZIONE SOSPESA: cinema, cinèma, cinéma: è sempre la stessa cosa (?)       

(Id., Italia, 2004, colore)

Di: enrico ghezzi

Una conversazione di enrico ghezzi con Umberto Eco, filmata nel giugno del 2004. Enrico dialoga con il noto scrittore e semiologo sul cinema, l’arte, la traduzione (im)possibile e intersemiotica di cui parla Eco nel libro Dire quasi la stessa cosa (Bompiani, 2003) in cui vengono citati diversi artisti tra cui Zbig Rybczynski.

AGOSTINO D’IPPONA

(Italia, 1972, col., dur., 115’22”)

Regia: Roberto Rossellini;

Interpreti: Dary Berkani, Virginio Gazzolo, Cesare Barbetti, Bruno Cattaneo

Agostino, divenuto vescovo d’Ippona, combatte contro le eresie e fa i conti con lo sfacelo dell’impero romano. «Ho la sensazione che anche noi attualmente ci troviamo alla fine di una civiltà. Proprio come Sant’Agostino. Anche Agostino d’Ippona si trovava alla fine di una civiltà, alla morte della civiltà romana, della quale tuttavia seppe conservare i valori più autentici e genuini» (Rossellini).

 

Venerdì 9 luglio dalle 00.50 alle 6.00

PUISSANCE DE LA PAROLE

visioni, corpi, voci di scrittori e poeti alla deriva tra cinema e TV (5)

a cura Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

L’AQUARIUM ET LA NATION                      PRIMA VISIONE TV

(Svizzera, 2015, col., dur., 21’, v.o sott. it.)

Di: Jean-Marie Straub

Con: Aimé Agnel

Presentato in anteprima al festival di Locarno e in Italia al Filmmaker Fest nel 2015 e poi all’interno dell’omaggio a Fuori Orario del Festival di Pesaro, L’Aquarium et la nation è uno dei grandi film degli ultimi anni, in cui Straub ribadisce la sua visione etica e estetica.

Per i primi sei minuti non c’è suono, il film è muto come un pesce, come a segnare la ricerca di un’empatia, di un rapporto orizzontale con quegli esseri costretti e silenti nella loro dimensione artificiale. La luce di Straub (e Huillet), che ci ha fatto sentire gli alberi e le pietre, dona una lingua finanche ai pesci, l’essere muto per eccellenza. Ma non sentiamo niente, c’è una quiete innaturale, come prima di una tempesta, di un’eclisse o di un terremoto. Il silenzio assorda, manca l’aria, Straub ci mette davanti allo specchio, ci mostra i vetri che ci separano l’un l’altro, l’estraneità e la solitudine. Nella seconda parte c’è un uomo in una stanza, non parla, legge, fermo nella sua posizione, riflette alla luce delle credenze, dei miti e soprattutto sotto le molteplicità delle strutture mentali se “ha ancora senso la nozione di uomo”. Colui che si/ci interroga è Aimé Agnel, psicologo junghiano e scrittore di cinema, soprattutto per i Cahiers jungiens de Psychanalyse, dove ha pubblicato saggi sulle immagini “dall’inconscio” in Fellini, esterno/interno in Ford, sulla separazione tra suono e immagine in Sur quelques films vraiment sonores in cui affronta film di Bergman, Godard, Oliveira e Straub appunto.

 

FORTINI/CANI                                             

(Italia, 1976, colore, 82’50”)

Regia: Jean-Marie Straub e Danièle Huillet

Con: Franco Lattes, Luciana Nissim, Adriano Aprà

Le riflessioni letterarie (da I cani del Sinai) di Franco Fortini sulla Guerra dei sei giorni, Marzabotto e il capitalismo formano l’ossatura del discorso politico-poetico di Straub-Huillet sulla guerra, i massacri, la rimozione, quindi anche la così detta “questione palestinese”. Un film che ha per protagonista lo spazio, che contiene la storia, i vivi e i morti. Uno spazio in cui risuonano forte la parola e il pensiero lucido e spietato di Franco Fortini.

 

UNA SERA, UN LIBRO –

FRANCO FORTINI E ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO DI MARCEL PROUST

(Italia, 1988, col., dur., 15’)

Per la serie Una sera, un libro Fortini parla dell’opera di Proust.

 

SETTIMO GIORNO – VITTORINI E IL POLITECNICO

(Italia, 1975, b/n)

Con: Franco Fortini

Per l’approfondimento culturale della Prima rete Franco Fortini in studio con Enzo Siciliano ripercorre l’avventura della rivista Il politecnico e del suo fondatore Elio Vittorini. Il Politecnico, fondato nel 1945, fu fondamentale nella diffusione in Italia della letteratura statunitense del ‘900 e nel superamento dell’ideologia fascista. Fortini fu tra i collaboratori più assidui della rivista che termina già nel 1947 ma lascia in soli due anni un segno indelebile nella cultura italiana del dopoguerra.

 

BENE! QUATTRO DIVERSI MODI DI MORIRE IN VERSI (prima serata)

(Italia, 1974-1977, colore, 49’ circa)

Uno dei primi lavori televisivi di Carmelo Bene, realizzato nel 1974, lo stesso anno del primo Amleto (da Shakespeare a Laforgue), subito dopo aver chiuso con Un Amleto di Meno la parentesi cinematografica aperta nel 1968 con Hemitage e Nostra Signora dei Turchi, ma andato in onda soltanto nel 1977, in due serate su Rai 2 il 27 e 28 ottobre. I diversi modi di morire sono nelle parole di quattro grandi scrittori russi, Majakovskij-Esenin-Blok-Pasternak, riadattate e recitate dalla voce di Bene che cura anche la regia. Girato in video, con musiche di Vittorio Gelmetti, è un’opera esplorativa e di rottura che disintegra la teatralità insita nella televisione frantumando lo spazio/studio mentre ne esalta la fin(i)tezza. I versi dei quattro poeti russi formano un florilegio che

ruota intorno alla rivoluzione vista come apocalisse antropologica e culturale con i suoi fuochi fatui e le sue macerie.

 

Sabato 10 luglio dalle 1.00 alle 6.30

SECONDA GENERAZIONE ovvero L’AMORE MIGRANTE

a cura di Lorenzo Esposito

BANGLA                      

(Italia, 2019, col, dur. 85’)

Regia: Phaim Bhuiyan

Con: Phaim Bhuiyan, Carlotta Antonelli, Simone Liberati, Pietro Sermonti, Nasima Akhter, Rishad Noorani, Shaila Mohiuddi

Presentato in prima mondiale al Festival di Rotterdam

Convincente e libero esordio del giovanissimo Phaim Bhuiyan, Bangla ha ottenuto molti riconoscimenti tra cui il Nastro d’Argento per la migliore commedia e il David di Donatello per il miglior regista esordiente.

Phaim un giovane ragazzo bengalese di 22 anni nato in Italia. Vive nel quartiere romano di Torpignattara e passa le sue giornate tra la famiglia (composta da un padre sognatore, una madre molto tradizionalista e una figlia prossima al matrimonio con un altro ragazzo bengalese), il lavoro da maschera in un museo, le prove con la sua band composta da tre suoi amici. Suonano in giro per locali ed è proprio durante una di queste serate che Phaim conosce Asia, una giovane ragazza romana della quale si innamora. Tra amore giovinezza e tradizioni religiose, Phaim cerca un equilibrio. Inoltre la sua famiglia decide di trasferirsi a Londra e Phaim deve scegliere se seguirla oppure restare a Roma per rimanere con i suoi amici di sempre e con la ragazza che ama.

“Inconsciamente mi hanno attribuito un’etichetta su Nanni Moretti che mi crea molta ansia. Per Bangla ho guardato a diversi film, da Ovosodo di Paolo Virzì a Harry ti presento Sally, Clerks e la serie Master of None.

L’ALTRO VOLTO DELLA SPERANZA                 

(Toivon tuolla puolen, Finlandia, 2017, col., 96’, v.o. sott. it.)

Regia e sceneggiatura: Aki Kaurismäki

Con: Shrwan Haji, Sakari Kuosmanen,

Due storie che si incrociano in una cittadina finlandese. Quella di Khaled, un rifugiato siriano che arriva di nascosto in una nave che porta carbone e chiede asilo senza successo. E quella di Wikström, un venditore all’ingrosso di camicie che, dopo una giocata a poker, decide di cambiare vita, lasciare la moglie, e aprire un ristorante. Wikström incontra Khaled, ora clandestino, che dorme dietro il locale. Gli offre cibo, alloggio e un lavoro. E decide di sfruttare il suo aspetto di straniero per convertire il locale in ristorante etnico.

Dedicato alla memoria del grande critico e programmatore Peter van Bagh, con un cameo della sua attrice di culto Kati Outinen, il film ha vinto l’Orso d’Argento per la migliore regia al Festival di Berlino.

“I personaggi di Kaurismäki non hanno mai davvero una casa. (…)  Kaurismäki sta sempre su questi margini di esclusione, storie di rifiuti, di residui, racconti di diaspore e esili. Che sono sempre, innanzitutto, individuali e poi, solo poi, per il tramite di un destino comune, collettivi. Ma se l’esilio è una costante, il fatto che in L’altro volto della speranza, come già in Miracolo a Le Havre, si parli di immigrati clandestini, di fughe dalla guerra, di confini blindati, è una naturale conseguenza. Tra Khaled, Wikström e gli improbabili dipendenti della Pinta d’Oro, il miserabile ristorante rilevato dal vecchio rappresentante di camicie, non c’è reale differenza. In fondo, Kaurismäki immagina la comunione o solidarietà come un’evoluzione naturale della solitudine. E col cinema costruisce ipotesi di resistenza e di altre famiglie, a cominciare dai volti che lo attraversano nel corso degli anni” (Aldo Spiniello).

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